I 100 di Stalingrao Emanuele Pecheux ripercorre le tappe politiche di Pietro Ingrao
Il prossimo 30 marzo Pietro Ingrao, icona vivente del conservatorismo comunista italiano, compirà 100 anni. Auguri ad una personalità il cui profilo personale profuma di bucato ma che nella sua vita politica non ne ha indovinata una che sia una: universitario fascista vincitore di un Littoriale della cultura e dell’arte, poi aderente e dirigente del Pci, discepolo e interprete di Togliatti, fu per 10 anni, dal 1947 al 1957, decennio in cui morì Stalin, il Pcus celebrò il XX congresso e nel 1956 l’Urss soffocò nel sangue la rivoluzione ungherese, direttore de L’Unità che, come si può vedere dalla prima del 6 marzo 1953 in cui si annuncia la morte del dittatore georgiano, orientò sui binari della più rigorosa ortodossia stalinista.
Ideologicamente agli antipodi dei valori della socialdemocrazia e fieramente ostile al socialismo riformista italiano, dopo il crollo del Muro di Berlino, fu strenuo oppositore della svolta occhettiana della Bolognina, condizionandone pesantemente le dinamiche possibili, costituendo la corrente dei “comunisti democratici” (!).
Checchè se ne possa pensare Ingrao non è l’ultimo dei Mohicani: alcuni dei suoi seguaci, sotto mentite spoglie, ricoprono ancora ruoli apicali nel panorama della sinistra italiana e proseguono, applicandone le prassi, l’opera del loro carismatico leader. Purtroppo.
Emanuele Pecheux