I dipendenti dell’imprenditore De Masi iniziano lo sciopero della fame Sono in cassa integrazione e rischiano di restare a fine anno senza lavoro
Non finiscono i problemi per la De Masi costruzioni di Antonino De Masi, l’imrpenditore che ha denunciato le banche per usura ottenendo una sentenza definitiva nel merito, dopo aver subito diversi attentati, ora si vede costretto a chiudere una delle aziende del suo gruppo. Nel frattempo, da oggi i 43 dipendenti della De Masi Costruzioni sono in sciopero della fame in quanto alla fine del mese con il termine della cassa integrazione si ritroveranno senza lavoro.
Il problema principale delle aziende, che fino a qualche anno fa contavano 280 dipendenti e a breve si troveranno a occuparne circa cento, è, secondo quanto denunciato più volte dallo stesso imprenditore, la chiusura dell’accesso al credito. Una situazione che ha avuto inizio tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila quando l’imprenditore Antonino De Masi si accorse «che le banche avevano applicato interessi per sei milioni di euro sulle anticipazioni per erogazioni pubbliche».
Subito dopo la lettera di chiarimenti, inoltrata anche alla Procura della Repubblica, gli istituti di credito chiusero i conti correnti. Da qui l’inizio di un’odissea ancora non terminata. Nel 2011 la Corte di Cassazione ha dato ragione a De Masi «riconoscendo che le banche sono responsabili dell’operato dei propri dipendenti», spiega l’imprenditore in una dichirazione rilasciata all’agenzia di stampa Adnkronos, ma ancora il risarcimento non è stato perfezionato.
Lo scorso anno il ministero dello Sviluppo economico ha aperto un tavolo di crisi sulla vicenda De Masi ma l’imprenditore non è soddisfatto perché spiega «il Governo fa finta di non capire sostenendo pure che si tratta di una lite tra privati. E invece non è così perché il mercato creditizio è un bene pubblico. A questo punto chiedo che la Banca d’Italia chiuda le banche che commettono crimini o commissari la governance».
Davanti ai cancelli dell’azienda De Masi c’è un punto fisso dell’Esercito per tutelarne la sicurezza dopo gli attentati subiti.