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I pensionati non ci stanno ad essere criminalizzati

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Il sistema pensionistico in Italia genera confusione e amarezza

di BRUNO MORGANTE

I pensionati non ci stanno ad essere criminalizzati

Il sistema pensionistico in Italia genera confusione e amarezza

 

Chi sta per andare in pensione o è già pensionato che si trova a vedere trasmissioni televisive di approfondimento, quali porta a porta, ballarò, omnibus, agorà, etc.., rimane confuso e sente montare una rabbia perché si sente criminalizzato e additato quale responsabile del deficit di bilancio dello Stato.

Soprattutto i giornalisti fanno a gara nel chiedere ai loro interlocutori perché non si fa la riforma delle pensioni, unico rimedio serio per sanare i conti pubblici, come ci chiede la BCE, il Fondo Monetario Internazionale e come dicono tutti gli economisti.

<<Sicuramente bisogna intervenire anche tassando i patrimoni, così come fare una seria lotta all’evasione fiscale, che in Italia è la più alta d’Europa, così come liberalizzare i sevizi professionali o i servizi locali, ma la madre di tutte le riforme che il mondo ci chiede è la riforma delle pensioni.

Come possiamo pretendere che i tedeschi ci aiutino comprando i nostri titoli del tesoro se pretendiamo di andare in pensione prima dei sessanta anni, mentre loro vanno in pensione a sessantanove anni?

Giustamente ci dicono aggiustate i vostri conti facendo la riforma delle pensioni, prima di chiedere aiuto a noi.

L’Italia rischia il fallimento e la Lega e la sinistra si oppongono alla riforma delle pensioni perché difendono il loro bacino elettorale, fregandosene delle sorti generali del Paese.>>

E’ un crescendo continuo che alimenta confusione e preoccupazione nei pensionati e soprattutto in chi è vicino alla pensione, ma non sa quando potrà andarci perché nell’ultimo anno stanno intervenendo provvedimenti a raffica, oltre a un mare di annunci.

Forse è necessario fare il punto sulla situazione.

Sulla base della riforma delle pensioni varata da Maroni nel 2004, L.n. 243/2004, viene alzata considerevolmente e progressivamente la somma di età anagrafica e degli anni di lavoro per andare in pensione di anzianità, fino ad annullare tale istituto, escluso quelli che hanno maturato quaranta anni di contributi.

Nel Luglio del 2010, nella legge n. 122/2010, manovra di stabilizzazione finanziaria, all’art. 12, è stato stabilito che tutti i lavoratori, escluso i lavoratori della scuola, avrebbero percepito la pensione un anno dopo averla maturata, senza pagamento di arretrati.

La stessa legge, sempre all’art.12, prevede che i lavoratori autonomi del commercio, dell’agricoltura e dell’artigianato percepiscano l’assegno di pensione diciotto mesi dopo averne maturato il diritto e che nel pubblico impiego, gradualmente entro il 2020, le donne matureranno la pensione di vecchiaia a sessantacinque anni, come gli uomini.

Con gli ultimi decreti anticrisi si è ulteriormente intervenuti sulle pensioni   e si stabilito che anche i lavoratori della scuola percepiranno l’assegno di pensione un anno dopo averne maturato il diritto, in parole povere che anche loro andranno in pensione a sessantasei anni.

Si è stabilito altresì che le pensioni superiori a 2300 euro (circa 1400 euro netti) saranno bloccate e non saranno adeguate al costo della vita, che anche le donne lavoratrici del settore privato andranno, entro il 2023 con aumento progressivo dell’età, in pensione a sessantacinque anni, che i dipendenti pubblici che vogliono usufruire della pensione di anzianità, prima che sia maturata quella di vecchiaia, percepiranno la buona uscita dopo due anni, che l’adeguamento dell’età della pensione alle aspettative di vita, previsto dalla riforma Maroni, viene anticipato al 2013, per cui da quell’anno si dovranno sommare ulteriori tre mesi.

L’effetto della legge dell’anno scorso ( pagamento dopo un anno dell’assegno di pensione) è stato che questo anno già a Settembre sono state liquidate circa 75.000 pensioni in meno, anche se hanno maturato il diritto, con grossi risparmi finanziari per l’INPS, che ha dichiarato che ci saranno buoni avanzi di esercizio, avanzi destinati ad aumentare negli anni a venire per effetto dell’allargamento ai lavoratori della scuola del ritardo di un anno del pagamento della pensione e dell’allungamento progressivo dell’età a 65 anni per le donne.

Da ciò si deduce che non c’è un problema finanziario per l’INPS, per cui si renderebbe necessario un intervento del tesoro per garantire il pagamento delle pensioni.

Si evince altresì che le pensioni “baby” sono un ricordo del passato, che oggi in Italia si và in pensione di vecchiaia a 66 anni, per i lavoratori dipendenti e a 66anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi del commercio, dell’artigianato, dell’agricoltura, che le pensioni di anzianità entro breve tempo saranno solo quelle con 41 anni di contributi versati e che anche le donne andranno in pensione a 66 anni.

Dal 2013 questa età aumenterà di tre mesi e poi di un mese all’anno per l’adeguamento dell’età per la pensione di vecchiaia alle aspettative di vita.

Per dovere di chiarezza bisogna dire che oggi in Germania si va in pensione mediamente a 62,6 anni, in Francia a 60,2 anni e in Italia a 61,4 anni, che la spesa per le pensioni e per la previdenza per i lavoratori in Italia è inferiore a quella di Germania e di Francia, che le proiezioni a medio termine, sulla base dei provvedimenti in atto, pongono l’Italia come la nazione europea dove si andrà in pensione con l’età media più alta.

Spesso vengono forniti dati taroccati, dai quali si desume che la spesa per le pensioni e la previdenza in Italia è superiore di circa il 30% a quella di Germania e Francia, in quanto in Italia l’INPS eroga anche prestazioni che fanno capo allo stato sociale, quale le pensioni sociali, gli assegni di invalidità, ed altre prestazioni verso soggetti che non versano un euro di contributi, ma che vanno aiutati e tutelati nella loro dignità.

Negli altri stati europei le prestazioni dello stato sociale, come è giusto, hanno una contabilità separata finanziata con la fiscalità generale, perché è giusto che tutti debbano concorrere a garantire dignità a chi ha bisogno.

Lo si faccia anche in Italia per dovere di trasparenza e di giustizia contributiva.

Questa la situazione reale dello stato del sistema pensionistico in Italia.

Sicuramente si può ancora intervenire e rendere più equo il sistema, per esempio accelerando i tempi perché siano cancellate le pensioni di anzianità e stabilendo che c’è solo la pensione di vecchiaia, ma non rimane molto altro.

Tutto si può fare però con un dato di chiarezza per non minare alla base la credibilità dello Stato e cioè che eventuali avanzi di esercizio dell’INPS non saranno mai utilizzati per il finanziamento del bilancio dello stato o per l’abbattimento del debito pubblico, in quanto i soldi dell’INPS sono versati da lavoratori dipendenti che hanno già fatto per intero il loro dovere pagando le tasse.

Eventuali avanzi di gestione siano utilizzati per migliorare le prestazioni previdenziali nei confronti dei lavoratori e per garantire meglio la previdenza alle nuove generazioni.

Dopo questo quadro ancora di più inquieta il fatto che, specialmente i giornalisti, sembrano ossessionati dalla necessità di una riforma delle pensioni, che dovrebbe avere non si sa quali effetti salvifici.

Perché si enfatizza questo obiettivo, quasi a voler distrarre l’attenzione della gente perché non prenda coscienza dei veri privilegi che stanno affossando il paese?

Bruno Morgante

redazione@approdonews.it