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TAURIANOVA (RC), SABATO 25 GENNAIO 2025

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I rifiuti contaminano i fondali marini. L’immondizia raggiunge il fondo del mare

I rifiuti contaminano i fondali marini. L’immondizia raggiunge il fondo del mare

| Il 06, Mag 2014

Un team di scienziati ha individuato i residui lungo tutto il Mediterraneo, l’Artico e l’Atlantico

I rifiuti contaminano i fondali marini. L’immondizia raggiunge il fondo del mare

Un team di scienziati ha individuato i residui lungo tutto il Mediterraneo, l’Artico e l’Atlantico

 

 

Ora è confermato scientificamente: i fondali marini sono una discarica totale che
ha accumulato tonnellate di bottiglie, sacchetti di plastica, reti da pesca e ogni
sorta di rifiuti umani.

Un team internazionale di scienziati ha studiato il “profondo blu” e ha individuato
residui lungo tutto il Mediterraneo, l’Artico e l’Atlantico della piattaforma continentale
europea sino alla catena montuosa sottomarina Mid-Atlantic Ridge che divide l’oceano
da nord a sud e si trova a circa 2.000 km dalla costa. Lo studio, condotto dall’Università
delle Azzorre, e pubblicato oggi su PLoS One, è il risultato della collaborazione
di due equipe di ricerca: la mappatura del progetto DEEP, guidato dalla Plymouth
University, e il progetto europeo Hermione, coordinato dal National Oceanography
Centre nel Regno Unito. Questo tipo d’inquinamento é davvero un problema serio nell’ecosistema
marino, anche per le conseguenze nella catena alimentare. La fauna marina é messa
a dura prova anche a causa della malnutrizione provocata dall’intasamento del loro
stomaco da parte della microplastica. Inoltre, coralli e pesci possono essere catturati
negli attrezzi da pesca e nelle reti abbandonate, un fenomeno denominato come “pesca
fantasma” . Per lo studio, gli scienziati hanno prelevato campioni in Atlantico,
l’Artico e il Mediterraneo a profondità che vanno da 35 a 4.500 metri. Per il campionamento,
i ricercatori hanno lanciato una rete di maglia fine e hanno provveduto alla classificazione
di ogni cattura, prima della biomassa, e di altri rifiuti, svolta suddividendo i
vari tipi di materiali: plastica, metallo, vetro, attrezzi da pesca, o altri rifiuti.

Secondo il ricercatore Joan Company, CSIC presso l’Istituto di Scienze Marine,, la
situazione del Mediterraneo è “preoccupante” perché “in alcuni punti abbiamo estratto
più rifiuti che biomassa”.

“Abbiamo trovato da interi lavandini in ceramica alla zattera di salvataggio di un
F-15 (aereo militare)”. Secondo questo ricercatore, gran parte della spazzatura raggiunge
il mare attraverso i fiumi, e dopo aver attraversato la piattaforma continentale,
la scarpata continentale cade e si accumula nelle zone dove la pendenza è minore”.

Eva Ramirez, anche lei dell’Istituto di Scienze Marine spiega anche che un’altra
“scoperta interessante sono i depositi di scorie sul fondo del mare”, il residuo
di carbone bruciato dal battelli a vapore del XVIII secolo. “Sapevamo che esistevano
tali scorie in mare, ma ora abbiamo visto che c’è un grande accumulo sotto le moderne
rotte, indicando che le principali vie del mare non sono cambiate in due secoli”.
Lo studio traccia il percorso che può prendere la plastica, dalla sua origine sulla
terra o in mare, ed il trasportato attraverso la piattaforma continentale sino alle
acque profonde. I ricercatori spiegano che i canyon sottomarini costituiscono il
principale collegamento tra le acque costiere e il mare profondo. Questi sono i canali
che si trovano adiacenti alle grandi città costiere, come Lisbona (Portogallo) o
Blanes (al largo della costa di Barcellona), che può incanalare direttamente i rifiuti
sino alle acque profonde 4.500 metri. Gli scienziati hanno trovato immondizia in
tutte le zone studiate, con i più comuni materiali plastici (40%), seguiti dagli
attrezzi da pesca (34%), vetro, metallo, legno, carta, vestiti, ceramiche e altri
materiali non identificati.

Dopo la denuncia che da anni viene evidenziata da autorevoli studi circa la presenza
di enormi masse di rifiuti galleggianti negli oceani ora la prova che anche le profondità
dei mari sono immense distese di rifiuti che si accumulano da secoli dovrebbe allarmarci
ancor di più per le gravi conseguenze per l’ecosistema marino fonte primaria di
cibo per la popolazione mondiale.

A sottolinearlo é Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]”,
che rivolge un appello al governo italiano ed alle istituzioni UE al fine d’intervenire
anche presso le istituzioni internazionali per adottare programmi e misure urgenti
al fine di fermare o quantomeno arginare quello che appare come un lento stillicidio
dei nostri mari.