Identità aziendale, ecco perché marchio e logo sono indispensabili Marchio registrato e marchio di fatto
Identità aziendale, ecco perché marchio e logo sono indispensabili
È recente la notizia del cambiamento del logo deciso da BMW, che dopo oltre venti anni ha scelto di rinnovare la sua immagine, optando per una bidimensionalità che possa adattarsi meglio all’era digitale. L’azienda ha deciso di ridisegnare il suo logo in ottica moderna, senza comunque rinunciare alla storia della società e restando fedele alla bandiera bavarese invertita.
Il rinnovo conservativo attuato da BMW pone ancora una volta l’accento sull’importanza per tutte le aziende – sia per le grandi imprese, sia per le piccole società che operano localmente –di avere un logo riconoscibile, che possa trasmettere fin dal primo sguardo i valori e l’identità dell’azienda.
Marchio registrato e marchio di fatto
Per qualsiasi azienda, tuttavia, a livello legale la riconoscibilità non è sufficiente, né che i clienti identifichino il logo con l’azienda. Le società devono infatti imparare a proteggersi, maturando la consapevolezza della necessità di registrare il proprio marchio. Che i clienti identifichino il logo con una determinata azienda o uno specifico prodotto non è sufficiente per dare alla società la certezza che nessun altro registri il marchio.
Esiste, infatti, una differenza sostanziale tra marchio registrato e marchio di fatto: nel primo caso, il logo diventa di proprietà esclusiva dell’azienda, impedendo che altri ne possano approfittare e registrarlo, nel secondo caso, invece, esso potrebbe essere registrato da chiunque, nonostante l’associazione a una data azienda da parte del pubblico.
Emblematico, ancora adesso, in tal senso, risulta essere il caso Supreme. La famosa azienda americana, infatti, non aveva registrato il logo in Italia e in Spagna: la società IBF ne ha approfittato e ha deciso di registrare i due marchi Supreme Italia e Supreme Spain, che attualmente gestisce legalmente e con i quali ha già commercializzato numerosi capi d’abbigliamento, definiti da molti dei veri e propri legal fake.
La vicenda Supreme dimostra che non importa quanto l’azienda sia forte e riconosciuta nel settore in cui opera: la proprietà legale del marchio si ottiene solo nel momento in cui si decide di registrarlo. Che i clienti già riconoscano un nome o un logo come appartenente a un’azienda – e quindi come vero e proprio visual hammer – non è rilevante, il marchio di fatto non ha alcun valore dal punto di vista legale.
Visual hammer: cos’è e perché è importante
L’espressione visual hammer è stata coniata e utilizzata per la prima volta da Laura Ries, nota anche per essere la figlia di Al Ries, uno degli uomini più influenti nel settore del marketing, nonché, uno dei pionieri del concetto di posizionamento del brand. L’espressione può essere tradotta in italiano con “martello visivo” e fa riferimento a un’immagine che identifica un brand.
Comunicare con le immagini può risultare più efficace rispetto alla comunicazione con le parole. Attraverso la visualità, infatti, si possono rievocare nel pubblico tanto la filosofia quanto l’identità del brand a cui l’immagine si riferisce.
È bene sottolineare che il visual hammer non deve essere per forza il logo, ma che sono numerose le aziende che puntano su questa strategia associativa: oltre alla già citata BMW, un altro esempio emblematico è costituito da McDonald’s e la sua famosissima “M”.
La protezione del logo diventa ancora più importante per quelle società che hanno deciso di puntarci come martello visivo, allora. Lasciare la possibilità ad altre aziende di registrare legalmente il logo renderebbe il suo utilizzo impossibile per la società ideatrice, che avrebbe come unica possibilità quella di provare ad acquistarlo per somme economiche piuttosto ingenti.