Il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani che riconoscono l’antifascismo come un valore universale della libertà “costituzionale” “Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce” (Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)
“Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce” (Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)
Il 25 aprile di ogni anno si celebra in Italia la Festa della Liberazione, un anniversario molto significativo nella storia italiana perché commemora la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, con la fine dell’occupazione nazista e la caduta del fascismo ed è una festa nazionale simbolo della Resistenza partigiana che ha posto le fondamenta per la democrazia e libertà in questo Paese. Il resto è “fuffa” ideologica o “idee da teologismo medievale”, utilizzando una frase del costituzionalista Sabino Cassese.
Ogni anno si apre un dibattito sui valori di questa giornata, simbolo della libertà di un paese non libero, ma liberato da una terribile dittatura, di quell’ideale feroce e brutale qual è stato il Fascismo in Italia.
Eppure oggi ci governa una Destra figlia di quella tradizione di un partito post fascista qual è stato il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, ancora venerato dai nostalgici di Salò nonostante la nostra Carta vieta qualsiasi forma di fascismo come idea e come costituzione di partiti o movimenti.
Ancora oggi ci ritroviamo a dibattere su un valore imprescindibile e sull’attesa di questo giorno simbolo per la Repubblica Italiana dove si ricorda il tanto sangue versato per ottenere quella libertà la quale oggi, nostalgici e non, ne godono i benefici.
Come scrisse Pavese, “Tu non sai le colline dove si è sparso il sangue. Tutti quanti fuggimmo, tutti quanti gettammo l’arma e il nome”. Molti non sanno o non vogliono sapere(?).
Senza entrare nei meriti storici di questa giornata, tale compito lo lasciamo agli storici, questa festa nazionale fu istituita su proposta dell’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 22 aprile 1946, il Re Umberto II emanò un decreto: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
Ma l’antifascismo che sta alla base della Costituzione Italiana e che grazie ad esso è stata redatta la più bella Carta democratica del mondo, non è solo un valore simbolico come ricorrenza di una delle più brutte pagine della storia italiana come il ventennio fascista, dove ancora qualche “imbecille” d’antan lo considera un “giorno di lutto”, il “giorno della sconfitta”, invece di ringraziare che grazie a quel sangue, quella polvere mangiata oggi si possono esprimere liberamente molte idee (baggianate comprese), ma ha anche un valore morale.
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione”, questo scriveva Piero Calamandrei e questo deve farci riflettere sui valori di questo giorno, di quel 25 aprile di Liberazione.
Ma la Liberazione, il concetto di Liberazione dovrebbe essere anche un testamento etico, un insegnamento sui modi di comportamento e di condizione da attuare come forma morale contro ogni prevaricazione, sopruso, ladrocinio o atro crimine. Ma soprattutto ogni comportamento dovrebbe essere in linea con un “cielo stellato”, non si può festeggiare il 25 aprile, a partire dalle più alte cariche dello Stato fino al più piccolo degli amministratori locali di questo paese e poi chiedere la raccomandazione ad esempio ad assumere, fratelli o sorelle nei Co.co.co calabresi per dirne una. Non si può predicare la cultura della liberazione se non si hanno i benché minimi rudimenti del comportamento morale anche nelle azioni politiche figlie di una politica che ha perso grandi uomini con tante idee lasciando in eredità menti piccole con poche idee e anche furbe.
Prima di una giornata simbolo dovrebbe essere festeggiata come redenzione morale a far sì che quel valore sia riconosciuto per il bene di un Paese sempre più in preda a un disfattismo etico e vittima di una morale di facciata. Un sepolcro imbiancato rimane solo un sepolcro imbiancato.
Come ci insegnò un grande partigiano come Sandro Pertini, “La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua”.
(GiLar)