Il “branco” che stuprò la ragazzina di Melito alla sbarra Il pm chiede quasi 80 anni di carcere
Prefazione “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni”
“Scioglie la neve al sole ritorna l’acqua al mare. Il vento e la stagione ritornano a giocare. Ma non per te bambina che nel tempio resti china…E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio”, cantava Faber nella sua Infanzia di Maria. E così si scioglie quella neve, ma rimane nell’anima il terribile ricordo dell’ingenua tredicenne, “Sally” come la canzone di Vasco Rossi, nome di fantasia. Lei pensava fosse un amore, quel sogno che alla sua età ogni adolescente immagina con un surreale principe che la prende per mano e la porti via. Ma è stato un maledetto incubo. Quel “principe” era una bestia, un aguzzino, in una “miserabile ferocia”, come aveva scritto il Gip all’epoca quando convalidò gli arresti dei presunti aguzzini. Una ragazzina messa alla gogna e alla mercé di altre bestie maledette che a turno la violentavano in un dannato gioco feroce e inumano. Un “branco” senza onore né gloria. Una storia simile alla “montagna di merda” che come in ogni arroganza, c’è sempre quella mentalità mafiosa che fa schifo, ignobile, maledetta e che incute paura, e quindi omertà.
Succedeva a Melito Porto Salvo circa due anni fa, dove una ragazza di tredici anni per due anni veniva violentata da un branco di balordi, tra questi il suo ex fidanzato che poi si rivelerà un presunto aguzzino che consentirà agli altri a turno di abusare dell’ingenua innocenza di quella ragazzina. Era “roba sua” quella ragazzina, del maledetto branco.
Ieri il pubblico ministero Francesco Ponzetta nella sua requisitoria al processo contro gli autori di questo crimine, perpetrato ai danni di una “parte offesa” qual è la ragazzina, ha chiesto al Tribunale presieduto da Silvia Capone, pene per quasi 80 anni di carcere nei riguardi del “branco”. Il pm, nello specifico, ha invocato per Davide Schimizzi 16 anni e sei mesi, per Giovanni Iamonte 15 anni, per Antonio Verduci 10 anni e 10 mesi, per Michele Nucera 12 anni (assoluzione per un capo d’accusa ), e poi per Daniele Benedetto 7 anni, per Lorenzo Tripodi 8 anni (assoluzione per alcuni capi di imputazione ), per Pasquale Principato 8 anni, e per Domenico Mario Pitasi 3 anni e 2 mesi di detenzione. Richieste pesanti in proporzione alle accuse che vengono contestate.
L’inchiesta dei Carabinieri portava il nome di “Ricatto” ed era proprio in quel ricatto che veniva tenuta sotto scacco la ragazzina che di disagi ne attraversava, sia famigliari che personali. Una fonte confidenziale aveva avvisato i Carabinieri perché nessun altro aveva mai denunciato, visto il clima di paura che aleggiava, “giustificato” dal fatto che tra gli imputati che hanno abusato della ragazzina, c’era il figlio di un boss della ‘ndrangheta come Remingo Iamonte e nipote del mammasantissima Giovanni Iamonte.
Quella storia d’amore tra ragazzi, affetti che si manifestano, protezioni e abbracci, quelli che una ragazzina di tredici anni vorrebbe dal suo fidanzato dell’epoca, quel Davide Schimizzi che poi si trasforma nel suo presunto aguzzino. Tutto il mondo le crolla addosso. Si lasciano e lei cerca un affetto altrove, facendosi corteggiare da Antonino Spanò, ma viene pestato a sangue dal “branco”, lei era “roba sua” e tutti dovevano stare al loro posto. Mentre quel maledetto ricatto, dal nome dell’inchiesta, consisteva nel minacciare la giovane di divulgare ogni cosa e non solo, anche di far male ai propri cari. C’era un clima di paura e sottomissione sia fisico che psicologico.
Ora, in attesa della sentenza che arriverà presumibilmente entro la fine dell’anno, cosa resterà di questa terribile esperienza che ancora viene ricordata come una delle più efferate storie mai sentite prima d’ora? Cosa resterà di quella ragazzina violentata nell’anima e nel cuore della sua giovinezza dove alcuni presunti aguzzini, si sono arrogati quel diritto di profanare non solo il corpo ma anche l’anima? Proviamo insieme a riflettere in silenzio perché questi episodi potevano accadere a una sorella, una figlia o un’amica. La vita è un bene prezioso, ma essa va accompagnata con il giusto valore del tempo che attraversiamo, ma se quel tempo ci viene ferocemente tolto, restiamo delle scatole vuote in cerca di amore, quello che merita “Sally”, lontana da quel luogo.