Il critico letterario dell’Espresso parla di situazione catastrofica
Il calabrese Mario Fortunato riflette sulla situazione culturale italiana
Il critico letterario dell’Espresso parla di situazione catastrofica
“In Italia, sia i media che le istituzioni culturali hanno abdicato al ruolo di guida. Da noi non è che non esista più una buona letteratura, esiste, ma non lo sappiamo perché tutti coloro i quali dovrebbero preservarla non lo fanno più, per cui la buona letteratura sopravvive come può. Oggi n Italia lo scrittore è una delle categorie più ininfluenti e peggio retribuite del pianeta”. E’ quanto afferma Mario Fortunato (nato a Cirò 56 anni fa), critico letterario dell'”Espresso”, scrittore e intellettuale cosmopolita di cui è appena giunto nelle librerie “Le voci di Berlino”(Bompiani), in un’intervista (“la più lunga della mia vita”) pubblicata da “Calabria on web” (www.calabriaonweb.it). Fortunato parla di “catastrofe culturale in cui l’Italia sprofonda”, e spiega: “A Los Angeles faccio parte di una fondazione che dà soldi a giovani scrittori: un autore giovane che non ha mai pubblicato non deve arrabattarsi e scrivere una porcheria solo perché l’editore gliela pubblica più facilmente e vende un po’ di copie; ma può scrivere proprio quello che gli va di scrivere, perché ci sono delle istituzioni che lo aiutano economicamente, quindi non è ricattato dal bisogno. Istituzioni così in Italia non ci sono, né ci sono mezzi di comunicazione di massa, giornali o riviste che aiutino in questo senso. Negli Stati Uniti c’è un giornale come il New Yorker che pubblica, oltre a reportage e recensioni, dei racconti. In Italia c’è un giornale che pubblica racconti di scrittori giovani o meno giovani? Quando sentiamo che gli scrittori vengono da qui e da lì e mai dall’Italia, non ci possiamo sorprendere”. Fortunato ha collaborato con la Bbc e scrive sui più autorevoli giornali europei. Consulente per Einaudi (ha avuto un’amicizia intensa con Giulio Einaudi) ha diretto l’Istituto italiano di cultura a Londra. Degli autori stranieri dice: “Ci sono tantissimi scrittori straordinari nel mondo. In un piccolo paese come Israele ci sono due straordinari scrittori, Amos Oz e Abraham Yehoshua. Così anche in Inghilterra e in Francia. Quando in Italia sento parlare della crisi del romanzo, m’infastidisco. Ogni settimana scelgo un autore da recensire per l’Espresso, ma ne potrei recensire otto a settimana. Questo non significa che siano tutti capolavori, però ci sono tanti bravissimi scrittori. Insomma, c’è moltissima vitalità. Poi leggo che questa vivacità è più fievole rispetto a qualche anno fa, perché in Italia i lettori sono diminuiti. Si dice sia per la crisi economica, ma non credo sia così. Il problema è la crisi di civiltà in atto. Questo è il vero motivo per cui si vendono meno libri. Ad esempio, in Italia il mercato dell’e-book (che costa pochissimo) è irrilevante, mentre si è visto, negli Usa, che mentre il mercato dei libri diminuiva, salivava quello dell’e-book. Stessa cosa in Inghilterra. In Italia è andato giù il mercato editoriale e quello dell’e-book è rimasto dov’era. La gente non legge perché non sa più che bisogna leggere, nessuno glielo dice!” Gianni Amelio, in un’intervista a “Repubblica” ha fatto coming out dichiarando la sua omosessualità. Lei che ne pensa? “Meglio tardi che mai! Nessuno ha l’obbligo di dire niente se non gli va. Negli anni ’80, nel mondo anglosassone, c’erano giornali che scrivevano ‘Tizio è gay’ per costringerlo a venir fuori: era il famoso outing, cioè ‘Ti tiro fuori dall’armadio’. Io credo che questa sia una pratica immorale, perché se uno non vuole dire agli altri questa cosa della sua vita, che non la dicesse. Io non posso arrogarmi il diritto di stabilire ciò che è bene e male per un altro. Io non ho mai nascosto niente a nessuno fin dalla prima adolescenza anche grazie a una famiglia molto liberale, però non ho mai giudicato gli altri. Gianni Amelio alla sua età ha sentito per qualche motivo il dovere o la voglia di farlo sapere: mi viene da dire, un po’ così, per prenderlo in giro, meglio tardi che mai. Il giudizio sui suoi film non è dettato da questa dichiarazione: è bravo o non bravo per i film che fa. Tutto sommato, penso che sia più rilassante e piacevole vivere la propria vita alla luce del sole. Io non sono mai stato uno che si presenta e dice ‘Piacere sono gay’, non ne sento la necessità. Però mi è capitato nella vita di trovarmi in situazioni in cui capivo che i miei interlocutori erano un po’ razzisti e gli ho sempre simpaticamente fatto notare che era meglio non dire niente. Una mia amica psicanalista ebrea mi disse: “Io non sono un’ebrea praticante, per cui non tendo a dire ai miei amici di essere ebrea, non ci faccio neanche caso. Però devo confessare che capita, nella vita, di trovare sempre un imbecille che fa una battuta sugli ebrei, allora, in quei casi, per prevenire, faccio capire che sono ebrea, così quello evita di fare una gaffe”.