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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 27 NOVEMBRE 2024

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Il disordine perfetto Analisi del giurista blogger Giovanni Cardona su rapporti asimmetrici e sfaccettati

Il disordine perfetto Analisi del giurista blogger Giovanni Cardona su rapporti asimmetrici e sfaccettati
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Comincerò, simbolicamente, invertendo i ruoli, rivoltando il canovaccio: esaminando le ragioni degli altri.

Oggi voglio mettermi nelle vesti dei pubblici ministeri.

Essi – oltre alla immensa responsabilità della loro funzione – hanno diversi argomenti a loro favore.

Innanzitutto il rapporto involontariamente perverso con la polizia giudiziaria.

E‘ la polizia giudiziaria, a soffrire in prima linea di una situazione ambientale in cui la malavita prolifera e diventa sempre più arrogante e pericolosa.

Non è certo facile fare il pubblico ministero. Come non è facile fare il difensore. E il giudice.

Tuttavia, anche un superficiale esame, ci aiuta a capire perché la sacrosanta funzione della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, non possa esuberare da quella posizione di parte in cui giustamente è stata collocata sia dalla legge che da pragmatiche esigenze collettive.

Il fatto è che il poliziotto ed il pubblico ministero non si limitano a raccogliere e prospettare gli elementi di accusa ad un giudice, ma divengono giudici essi stessi, controllandosi da sé le loro stesse attività investigative, pur caratterizzate da tanto coinvolgimento emozionale.

La giustizia, così, rimane monca tanto del pubblico ministero, che fa impropriamente il giudice frenando la sua “verve” naturalmente partigiana, quanto del giudice, che subisce l’influenza inevitabile di chi si espone in prima linea.

Le leggi non sono elucubrazioni astratte di pensosi luminari.

Nascono in un contesto e da un contesto sociale ben determinato, anche ad opera di politici.

Un giorno chiesero a Salone se le sue leggi fossero veramente le migliori che si potessero dare agli ateniesi.

La risposta fu una staffilata: “Niente affatto. Ma sono le migliori che essi potessero avere.”

Magistrati e Avvocati, se finalmente consapevoli delle rispettive colpe, se finalmente disposti a discuterne lealmente, potrebbero riuscire a meritarsi leggi migliori.

E ad applicarle puntualmente.

A patto che non ci si impantani a replicare ottusamente gli uni ai rilievi degli altri.

Rinunciare a replicare, disporsi piuttosto a riflettere, a individuare quel che di vero c’è nelle parole del contraddittore.

Spesso ci si accorgerebbe che i Magistrati meritano la assoluzione, magari talvolta per mancanza di dolo; e che gli Avvocati avrebbero potuto svolgere meglio il loro ruolo.

Pretendere, gli uni e gli altri, il rispetto delle regole deontologiche, che sono il primo presidio della professionalità; e di quelle procedurali, che sono il primo presidio dello Stato di diritto.

Opporsi, insieme, ai soprusi, emarginando chi vada fuori pista, a qualunque categoria appartenga; non permettendo che l’immagine esterna del magistrato e dell’avvocato sia assorbita da quei personaggi che appartengono a quella patologia premiata esclusivamente dall’eclatanza delle loro gesta.

Chi è nemico del sistema legale è nemico della libertà.

E’ forse utopistico prevedere oggi grandi iniziative congiunte.

Ma la Giustizia tornerà nelle aule quando Magistrati e Avvocati si renderemo conto che, per onorare quei principi astratti e in qualche modo divini è necessario scrollarsi di dosso il peso anacronistico di orgogliosi pregiudizi.