Il fallimento degli amministratori giudiziari nelle aziende sequestrate La Calabria rischia il punto di non ritorno. I casi All Services, Hotel Uliveto Principessa e Nifral Sviluppo
di Luigi Longo
Solo il 3% delle aziende sequestrate dallo Stato sopravvive alla gestione degli amministratori giudiziari nominati dai vari tribunali. Una situazione che impone una riflessione seria sull’adeguatezza e capacità amministrativa dei professionisti nominati. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti ecc..
Nulla contro la loro professionalità, anzi magari bravissimi nella loro specifica professione. Ma un’impresa va diretta da imprenditori e manager con spiccata professionalità nei settori specifici delle varie aziende commissariate. E’ necessario invertire la mentalità dei Tribunali. Salvare un’azienda significa salvare posti di lavoro oltre a contribuire al sostegno dei consumi di una comunità.
Oggi la logica per la stragrande maggioranza dei curatori e amministratori giudiziari, è quella di un approccio con le aziende basato sul distacco e in tantissimi casi, tendono a delegare i dipendenti alla gestione di tali aziende. E occuparsi attivamente solo quando l’azienda è fallita per venderla a pezzi.
D’altronde cercare la loro presenza quotidiana in azienda, è un miraggio. Chi governa una società sa benissimo che le 24 ore di lavoro non bastano mai. Per fare degli esempi come si può governare un’azienda nel settore del turismo, se gli amministratori giudiziari non hanno mai avuto competenze in tale materia? E cosi vale per il settore dell’informatica, della logistica e quant’altro.
Oggi in piena crisi economica s’impone una riflessione seria sul ruolo e le funzioni di questi professionisti. La nostra regione sta attraversando uno dei momenti drammatici dal dopo guerra a oggi; il fallimento dell’agricoltura, la crisi irreversibile della sanità, il non decollo del porto di Gioia Tauro e la non programmazione sul turismo, ha portato ad un corto circuito molto pericoloso per la Calabria. Le aziende sequestrate o confiscate alla ‘ndrangheta possono e devono diventare una risorsa per l’economia legale. Ecco perché s’impone una scelta radicale da parte dello Stato nella scelta di inviare a guidare queste aziende, manager o imprenditori capaci di dare una governance.
Ma la realtà, ad oggi, cammina diversamente, e non bisogna sottacerla. I liquidatori, curatori o amministratori, in taluni casi, addirittura si trovano a gestire più aziende commissariate con settori di lavoro completamente differenti. Ecco questa situazione comporta l’assenza e la non competenza che porta diritto alla chiusura delle aziende. Lo Stato si deve preoccupare di affrontare l’argomento prima che sia troppo tardi.
Ci sono esempi clamorosi del fallimento dello Stato.
- All Services, impresa portuale di Gioia Tauro, fondata dal sottoscritto insieme con altri soci. Un’ azienda che nei primi anni 2000 dava lavoro ad oltre 100 dipendenti. In quel caso la ‘ndrangheta decise di fare un Opa di controllo contro la proprietà (Luigi Longo, Bruno Morgante e Aldo Alessio). Un’escalation criminale contro di noi documentata dalla procura antimafia di Reggio Calabria nel processo “Cent’anni di Storia”. Un procedimento terminatosi in via definitiva con le condanne in Cassazione per quasi tutte le ‘ndrine e colletti bianchi che ne hanno preso parte. La “All Services” oggi è ridotta in condizioni pessime. Ma gli amministratori nominati dal Tribunale non si sono accorti che i mezzi meccanici, anziché lasciarli all’aria aperta, li potevano ricoverare all’interno del capannone? Un parco macchine ridotto ad uno stato di abbandono da far paura. La struttura dell’immobile con annessi magazzini frigo che cadono a pezzi. Dulcis in fundo la gru portuale lasciata con il braccio alzato. Qualcuno non si poteva accorgere? Un danno economico enorme. Per rimettere in sesto la gru serviranno tantissimi soldi. Tentare di ripartire con il lavoro non era un obbligo per lo Stato? Il silenzio più assoluto, il fallimento di una grande realtà imprenditoriale portuale nel mediterraneo. In ogni caso non rinnego nulla delle denunce all’autorità competenti nel ristabilire la legalità in quella azienda. Un dovere per qualsiasi cittadino. Chiedere che lo Stato invii propri rappresentati che sanno fare quel mestiere, è un dovere anche per lo Stato!
- “Hotel Uliveto Principessa”, una realtà economica imponente nella piana di Gioia Tauro, un gioiellino immerso nel verde degli ulivi. Questa struttura chiusa per un periodo della stagione un pugno al buon senso della governance. L’uliveto Principessa rischia di compromettere per sempre la propria esistenza economica. Anche in questo caso avere notizie della presenza giornaliera dei curatori diventa un’impresa ardua. La programmazione in un’azienda, non ci stanchiamo mai di dirlo, va fatta quotidianamente, impossibile gestire a distanza. E’ difficile capire questo semplice concetto? Lasciamo stare tutte le cause di lavoro tra dipendenti aziende.
- “Nifral Sviluppo”, vale lo stesso ragionamento dell’Hotel Uliveto Principessa. La latitanza degli amministratori giudiziari (ricordiamolo in azienda si entra alle 7 del mattino e si esce alle 20 di sera). Nella vicenda “Nifral Sviluppo” va rilevata la presenza di dipendenti ex soci (con la speranza di riprendersi l’azienda), che stanno lavorando anche per gli amministratori giudiziari. Questa azienda rimane in piedi finché nella testa degli ex proprietari ancora vige la speranza di ritornare proprietari. Quando la speranza non esiste più, il crollo della “Nifral Sviluppo” diventa cosa concreta. A chi giova andare a smantellare a pezzi le aziende? Ricordiamolo ogni azienda che chiude provoca drammi umani ed economici per chi ci collabora. Difendere il lavoro in Calabria deve diventare una priorità assoluta per chi ha responsabilità. Nulla di personale contro chi oggi governa (!) le aziende sequestrate o confiscate, ma lo Stato deve dare maggiore professionalità specifica.
Nessuno si dimentica la vicenda di un supermercato dei Molè a Gioia Tauro dove l’alleanza tra amministratore giudiziario e proprietà era diretta dalla famiglia di ‘ndrangheta, invertire la tendenza altrimenti si rischia il default. Una riflessione amara ma reale, oggi la Calabria sta attraversando una delle crisi più drammatiche degli ultimi 50 anni.