Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 18 OTTOBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Il mito dell’uomo onesto Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul rapporto tra onestà e politica

Il mito dell’uomo onesto Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul rapporto tra onestà e politica
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Il mito dell’uomo onesto, al di là del suo riduttivo modo di porsi in concreto, va valutato anche, e principalmente, come categoria del giusto.
La giustizia è un valore implicito in ogni ricerca o analisi filosofico-politica; il problema del governo giusto, o buongoverno come diceva Machiavelli, è sempre stato il punto focale delle dispute politiche dei grandi pedagoghi greci fino al pensiero politico illuminista.
In un’ottica essenzialmente individuale sono stati prospettati vari modelli di società giuste.
Fu Rousseau che capovolse questa forma mentis: l’uomo nasce buono e la società lo rende cattivo.
Questo giudizio eminentemente rivoluzionario, sarà il germe dal quale nasceranno tutte le agitazioni sovvertitrici dei secoli XVIII, XIX e XX perché basantesi sulla premessa che cambiando le istituzioni sociali, l’umanità potrà riacquistare la sua primitiva bontà, annientando l’egoismo e le selvagge passioni che costituiscono l’humus malevolo delle perverse società.
Per quanto il singolo possa essere onesto, non determina costruttivamente l’organizzazione sociale, essendo la società stessa o meglio gli elementi paradigmatici che la strutturano tipo la cultura, la struttura economica o l’habitat a conferire gli input plasmatici che modellano l’individuo nel contesto sociale.
Con lo sviluppo della grande industria e l’avvento della società di massa, la categoria del giusto non costituisce più un valore assoluto, non coincidendo più con la giustizia del singolo la quale può e deve essere realizzata al di fuori del gruppo sociale: la giustizia così determinata è configurabile come giustizia di classe.
Nelle società meridionali, caratterizzate da un pervicace sottosviluppo economico aggravato da una storica disgregazione sociale e da una corrotta macchina politica, dove regna e prevale un deleterio rapporto personale sul rapporto di classe, la giustizia è intesa come un valore assoluto, da intendersi come absolutus, vale a dire sciolto, non condizionato, e quindi perseguibile e gestibile al di fuori dei rapporti autoritativi e potestativi imposti e regolamentati dalle leggi dello Stato.
In una simile esasperata valutazione dell’onestà e della giustizia come valore absolutus, si sono introdotti, come bacilli virali, i genus dei politici locali i quali incarnanti la non-onestà e la non-giustizia hanno convertito la passione in odio e rancore.
Ma il mito dell’uomo onesto acquista un senso particolarmente concreto e doloroso nella catena di sopraffazione e di mistificazione che, negli ultimi cinquanta anni, ha subito la classe meridionale emblematicamente espressa nell’adagio di Benedetto Croce “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.”