Il mondo ha bisogno di “artigiani di pace” Nuovo appuntamento con le riflessioni di don Leonardo Manuli
«La carità … non cerca il proprio interesse» (Cfr. 1Cor 13, 4-7), così l’apostolo Paolo celebra l’inno alla carità, descrivendo ciò che essa non è. Il cuore di questa espressione, così chiara nelle Scritture, è di attribuire importanza a quello che è vero amore, il resto non conta nulla, distinguendolo dalle forme che vi si oppongono. Papa Francesco ha posto la preminenza dell’aspetto della carità nel messaggio per la giornata mondiale della pace 2019, da qui il tema: “la buona politica al servizio della pace”, del quale la carità è una delle chiavi di lettura. «La politica può divenire la forma eminente della carità», dice il papa, e prosegue: «è un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, … che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà». La parola carità è stata sfigurata, – come anche la parola amore -, ormai troppo generica e scontata, tuttavia non ha perso la sua valenza. La carità va vissuta in tutte le professioni, nel medico, nel politico, nell’avvocato, nel religioso, nell’insegnante, il cui fine ultimo è di mostrare la generosità dell’amore, disinteressato e non diretto all’utile proprio.
In un tempo di inquietudine e di fragilità, noi parliamo e discutiamo di come “l’economia dovrebbe ricominciare a crescere, dell’accoglienza del migrante, di quello che le nuove generazioni dovranno sopportare con più difficoltà in termini di rinunce e di prove, del forte grido di ingiustizia e di oppressione dei poveri, e la violenza che essi subiscono”. Sono alcuni punti di crisi, che papa Francesco ha voluto menzionare nel messaggio. Il messaggio nella sua sostanza ha tre cerchi concentrici, il papa si rivolge alla chiesa, alla società e al mondo, dove ancora c’è un frammento di valori cristiani. Non c’è l’invasione di un cerchio sull’altro, il papa ribadisce il concetto di “casa comune”, riprendendo un’espressione già formulata nell’ultima enciclica (Cfr. Laudato si’), che è «ogni famiglia ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine”».
Al mondo la chiesa ha ancora da dire qualcosa, c’è però da interrogarsi come nell’immediata pastorale, ci si confronta, portando a conoscenza il pensiero e la parola del papa. Analizzando ancora più a fondo il messaggio, esso presenta tre livelli. Nel primo livello, abbiamo parlato della realtà storica e sociale e dei punti di crisi. Nel secondo livello, si può cogliere la politica, del servizio che essa è chiamata ad offrire. Il terzo livello, è quello della profezia, la fraternità, oggi messa a rischio e in discussione, da intimidazioni e strategie della paura. La fraternità è possibile laddove si accoglie la “responsabilità reciproca”, riconoscendo le tre dimensioni: la pace con sé stessi; la pace con l’altro; la pace con il creato. La sfida di “osare la pace” è nella “buona politica”, in coloro che hanno la responsabilità di servire il paese e le comunità, di «porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone», la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.
Dopo aver parlato delle virtù e dei vizi della politica, si elencano le beatitudini del politico, e ci si interroga: come è possibile lavorare per la pace? Pensiamo a quei luoghi, situazioni e contesti dove non si fa esperienza della pace. Pensando al caso specifico calabrese, la corruzione, fa sempre perdere credibilità alla politica e alle istituzioni, allontanandosi dai problemi della gente; gli immigrati, si sta creando una strategia della paura e di pregiudizi, alzando muri per proteggersi dall’altro, ma così facendo non si promuove il rispetto e la dignità umana; la presenza della ‘ndrangheta, problema sottaciuto ed evitato ; l’emigrazione dei giovani, mette in crisi la solidarietà e lo sviluppo sociale e culturale della regione. Oggi forse si avverte la fatica di questi interrogativi, manca il senso del coinvolgimento ai grand temi comuni, e non si realizzeranno per lo sforzo eroico di qualcuno o in marce, ma in un impegno graduale, semplice e quotidiano, ciascuno nella propria realtà, nel proprio ambiente, dove ci si può impegnare alla costruzione della “casa comune”, come “artigiani della pace”.