Il posto tra gli ulivi Narrazione su Taurianova del giurista blogger Giovanni Cardona ricompresa nella sua opera Stat Rosa Pristina Nomine
Taurianova è il mio posto tra gli ulivi millenari, la contrada pre aspromontana medievale da dove scrivo a me stesso lettere che mai spedirò, il mio osservatorio privilegiato di quell’immenso teatro che è il mondo e della strana avventura che vi si svolge, la vita, l‘Italica che mai ho lasciato, la cassapanca ove custodisco, riposti, i ricordi di generazioni.
Taurianova, tassello d’un vasto e ricomposto mosaico, una sola piccola parte di esso, eppure l’essenza del tutto.
Scrigno che racchiude preziosi tesori, lontani ricordi.
Terra intrisa di contrasti, di ossimori, perché essa stessa ne è sede e teatro, genesi e nascituro, vita e morte.
C’è una Taurianova stupida ”buona”, e un’altra intelligente “aperta”: una sofferente ed una vendicativa, la parte buona e quell’altra cattiva, la luce e il lutto, la speranza e la dannazione.
Taurianova come metafora e come trappola, giardino e clausura, riso e pianto, allegoria e realtà.
Quella stessa contrada che si scinde in Jatrinoli e Radicena, per poi ricomporsi, in due parti uguali e contrarie.
Al pari dell’uomo che sente il conflitto permanente delle due componenti che in lui convivono, volte costantemente alla scissione e alla ricomposizione, in un equilibrio precario e ribelle, perciò anarchico, per divenire lotta e passione, ma poi armonia e quiete: quindi riprendere il dolce-amaro gioco della vita.
Taurianova è la scoperta della sopravvivenza di mestieri creduti scomparsi.
E’ il ricordo della civiltà delle botteghe le “putiche” del falegname, del sarto, del barbiere, del fabbro, dell’oste, del calzolaio.
Taurianova è il ricordo dei giorni dell’infanzia, di quei giorni che furono (e anche di quegli altri allora segnati, che mai saranno), trascorsi fra persone care (che via via vediamo scomparire precedendoci nel viaggio del mistero), fra cose piacevoli, in parte irrimediabilmente perdute, che solo i ricordi della memoria riescono a far rivivere, proprio come in un inesauribile “museo d’ombre”.
Taurianova è la terra dei paradossi, che meglio rendono l’idea del concreto, dove finzione e realtà hanno un confine cosi labile da confondersi e, dunque, fondersi.
Nessuno sa né può capire, se qui non ha radici, quanta ”essenza” stia dentro l’uomo di Calabria, nel suo essere e sentirsi tale, nella sua rassegnata rassegnazione al dolore, nella sua atavica sofferenza, nel suo occulto (ma non troppo) desiderio di trasgressione della regola, legale o morale che sia.
Il detenuto apprezza più d’ogni altro il gusto della libertà, poiché ne è privato, così come il vegliardo ama quella gioventù, un tempo sottovalutata, dopo averla vista irrimediabilmente svanire.
Il calabrese apprezza il gusto della trasgressione, per godere, oltre i margini della legalità, il piacere del proibito.
E‘ questa una componente primaria di quella cultura araba, qui radicata, che si avverte, ma non si vede, perché vedere non si deve.
Provate a trovarvi nei vicoli stretti e sinuosi, posti nel cuore antico d’ogni città o paese: uomini e donne appaiono, scompaiono, riappaiono come in una sequenza scenica, quasi come in un gioco d’ombre cinesi, e ciascun ”intruso“, senza che se ne accorga, in ogni suo passo è vigilato, controllato, pedinato.
Essere calabresi significa prima di tutto, in ogni caso, essere un po’ diversi dagli altri, qualunque sia il senso che a questa diversità si voglia attribuire.
Ma essere calabresi o taurianovesi vuol dire anche non perdersi le albe e soprattutto i tramonti, tutto vi sembrerà il frutto di una terra incantata e magica.
Ai crampi allo stomaco rispondete con un pane appena tirato fuori dal forno a legna, che gusterete ancor di più dopo averlo tagliato a metà e farcito con olio d’oliva, origano, pepe rosso, e una fetta di formaggio pecorino.
Fermatevi, come mia moglie, presso una delle tante bancarelle all’aperto per gustare, secondo la stagione, e comunque sempre accarezzati dal sole tutto l’anno una fetta d’anguria, o una succosa arancia, oppure per addentare una mela, che vi somiglierà a quella di Adamo…
Dissetatevi ad una fontanella o cercate un chiosco per farvi servire “na spremuta” di limone in uno spruzzo di acqua seltz, con l’aggiunta di una punta di sale che ha anche un effetto apotropaico.
Se vi trovate in difficoltà, rivolgetevi a un anziano: porrà al vostro servizio la proverbiale ospitalità, senza chiedervi nulla, nemmeno il vostro nome, ed avrà già dimenticato il vostro volto prima che cerchiate di ringraziarlo invano: sarà già sparito.
Ma soprattutto inforcate bene gli occhiali della mente per ammirare quel che la Calabria è più propensa a lasciar vedere agli intenditori: i suoi tesori nascosti.
Non stranizzatevi dunque se, in cerca, magari in qualche bottega museo, d’antichi oggetti, finirete, senza volerlo, con l’essere ammaliati dalla voce e fulminati dalla forza degli occhi di qualche leggiadra fanciulla del posto, o col ritrovare, strada facendo, la sirena Ligea, oppure con l’imbattervi nella innocente ninfa Scilla o nel disperato Glauco.
Capita, più spesso di quanto non osiate immaginare.