Il sogno di un uomo ridicolo Riflessione ad alta voce del giurista blogger Giovanni Cardona
Lettera aperta all’uomo delle caverne: ma perché l’hai fatto?…..
Lo so che stai ancora annidato, celato, camuffato in mezzo a noi e ti presenti travestito ora da clochard, ora da straccione, ora da barbone, ora da miserabile…
Avresti fatto bene a rimanere nelle grotte della preistoria, ex “paleoantropo” che, dopo aver lasciato la clava, ti sei arrovellato il cervello con ogni mezzo per spiccare il volo verso l’avanzata della civiltà.
E così, da “australopithecus” preominide, vissuto durante il pliocene medio, sei giunto sino al pleistocene inferiore; ti sei arrampicato scoprendoti poi “plesianthropus” e poi “paranthropus robustus” e “crassidens”, fino a diventare “australopithecus prometheus” (scoprendo il fuoco); ti sei data una sistemata e sei apparso “telanthropuscarpensis” e “zinjanthropus boisei” e sei arrivato ad esser “pithecantropus” ed enigmatico “gigantopiteco , atlantropo” e “sinantropo” e classificato “ominide” e “preominide”, fino a darti arie di “uomo di Neanderthal”, di “homo Erectus” e, infine, di “homo Sapiens”: facendo impazzire i caparbi studiosi della storia della paleoantropologia che, quasi quasi (e c’è mancato poco) ti stava per attribuire origini….nobiliari proprio perché eri apparso come “homo Sapiens”!
Se te ne fossi stato buono nelle spelonche, dove nella notte della inciviltà umana tu afferravi la donna e la conquistavi gettandola per terra senza troppi complimenti, oggi non avremmo avuto a che fare con filosofi, poeti e scienziati, con le guerre e le ideologie, con le religioni e le magie, con le rivolte e le rivoluzioni, con il progresso e con la tecnica; non avremmo dovuto crogiolarci con la cultura, la pittura, la scultura, l’architettura; non ci saremmo imbattuti in aguzzini, in pervertiti, in assassini.
Non saremmo incappati con i grandi Capitani della storia come Alessandro Magno, Annibale, Scipione l’Africano, Cesare, Napoleone e con i loro derivati o epigoni minori: i Generalissimi Pancho Villa, Zapata, Madero, Franco, Gengis Khan; non avremmo dovuto sopportare l’inquinamento atmosferico, idrico, lacustre, fluviale, marino e oceanico; non avremmo dovuto fare i conti con il denaro e con gli usurai, con i pazzi e gli squinternati, con le ingiustizie e le violenze; non avremmo dovuto sopportare le follie e le confusioni della torre di Babele.
L’ha già detto Dostoevskij: “La civiltà ha reso l’uomo, se non più sanguinario, in ogni caso più ignobilmente sanguinario di quanto fosse un tempo”.
Come ne il “Il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij, il protagonista Fedor rinasce in una nuova Terra molto simile alle condizioni primordiali descritte nelle sacre scritture, come una sorta di età dell’Eden.
In questo Eden gli uomini vivono senza scienza razionale, parlano e dialogano tra di essi come con gli alberi, le piante e gli animali. Non esistono relazioni burocratiche, sfide, invidia, malizia o gelosia, e i figli considerati figli di tutti avevano più madri e più padri contemporaneamente: tutta la comunità umana era un’unica grande famiglia.
Gli abitanti della nuova terra sono sprovvisti di luoghi di culto ma sono coscienti della vita eterna così come hanno “una continua coscienza dell’universo intero” e credono che la morte non sia altro che una porta che apre ad una comunicazione ancora più vasta e completa con tutto il Creato. Fedor aveva capito che il Male, la corruzione e la degenerazione non possano essere la condizione normale dell’umanità, ma anche quello era un sogno.