“I conti qualche volta non tornano, ma io sono duca”, diceva Totò, ma in Calabria è una regione dove la parte del “duca” non le è consentita perché i conti non tornano mai.
Nelle oltre cinquecento pagine della “Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti Locali”, la Corte dei Conti ci mostra un resoconto molto preoccupante e a tratti drammatico, specie in Calabria. La quale è la regione che detiene il numero più alto dei Comuni che hanno dichiarato il dissesto finanziario o che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Questi sono i dati fino all’ottobre scorso della Corte.
“Nella regione, in base a dati di un anno fa, si registravano 41 dissesti e 54 riequilibri, per un totale quindi di 95 municipi. Tra i Comuni che rischiano il fallimento per i conti disastrati c’é Vibo Valentia. Ci sono poi Comuni che sono entrati nel capitolo allarmante del dissesto, che prevede una via di uscita di cinque anni. E tra questi a fine settembre del 2018 figurava Gioia Tauro. Reggio Calabria e Cosenza sono, invece, tra i poco meno di 200 Comuni che hanno avviato le procedure per il pre-dissesto, secondo le norme introdotte nel 2012 dal Governo Monti per fermare un’emorragia di risorse, soprattutto nel Mezzogiorno, che prevede un piano di risanamento di 10 anni, prolungati a 20 con la manovra 2018”. Taurianova a quel tempo, era già stata “dissestata” in quanto rientra tra le bocciature del “riequilibrio” e del dissesto dichiarato ai sensi dell’art. 246 del Tuel.
L’indagine della Corte “Sezione Autonomie”, riguarda circa 5mila Amministrazioni. “Sul fronte degli investimenti, la dinamica della spesa si presenta ancora debole, anche a causa dell’elevato peso dello stock di debito delle amministrazioni locali che grava sulla spesa corrente in termini di restituzione del capitale e pagamento degli interessi, mentre sulla gestione dei residui, “evidenzia un’accelerazione delle procedure di riscossione e di pagamento mentre l’indagine condotta sulle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale mostra che il ricorso a tale procedura è prevalentemente concentrato negli enti del Centro-Sud”. La Calabria ad esempio, su un totale di 409 comuni, si registravano 41 dissesti e 54 riequilibri, per un totale quindi di 95 municipi. A ruota la Sicilia con 86 comuni su 390, con 29 dissesti e 57 riequilibri, e la Campania con 44 realtà in dissesto e 32 in procedura di riequilibrio, su un totale di 551.
Secondo questi dati tra le regioni esenti da municipi con difficoltà finanziarie figurano il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta, il Veneto e la Sardegna. Nei fatti, siamo in buona compagnia.
D’altronde in questo mondo tutto è calcolo, però un po’ di prevenzione non dovrebbe guastare se si pensa che poi all’irrimediabile non c’è più speranza. La questione dissesto e pre-dissesto, è stata sempre una conseguenza di scelte politiche scellerate e “ballerine” che quando si perpetrano non ci si rende conto di quello che potrà essere il futuro e di quel conto che prima o poi, arriverà. E sarà salato e amaro specie per le future generazioni, oltre al fatto che si mettono in ginocchio intere comunità.
Alcuni sindaci, per fortuna non tutti, irresponsabilmente (perché non hanno a cuore la comunità che amministrano né la sanno amministrare in quanto ignorano le conseguenze, specie quando si potrebbe evitare), scelgono quella via “facile” del “dissesto” per mettere al sicuro da insidie il loro futuro amministrativo, partendo da zero, indossando così uno scudo che poi non è altro che una posizione ponziopilatesca (“la colpa è degli altri”). Situazione (grave) che verrà poi tramandata ai commissari ad acta che dovranno essere nominati per gestire la questione finanziaria dell’Ente, e porre rimedio. Perché nella loro “missione” dovranno far quadrare quei conti che una politica incapace e abbietta ha disintegrato trasformandoli in debiti. Facendo sudare sangue e lacrime amare a chi graveranno le incapacità acclarate che poi la Corte dei Conti certifica. Quindi, i conti non tornano, ma arriva sempre qualcuno al posto loro.