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TAURIANOVA (RC), SABATO 23 NOVEMBRE 2024

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In difesa dei giudici Le riflessioni dell'avvocato Cardona sulla difficile arte del giudicare

In difesa dei giudici Le riflessioni dell'avvocato Cardona sulla difficile arte del giudicare
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Nel periodo che stiamo vivendo, le strutture dello Stato sono scosse da sussulti dispotici da cui non resta immune neppure l’ordine giudiziario.

I magistrati sono legati ad un’interpretazione tradizionale della norma ma, già negli anni ’60, la giurisprudenza tende ad avere una funzione sempre più incisiva nei conflitti sociali che sfocieranno nella triste pagina storica del terrorismo, che si è riusciti a debellare anche con un tributo di vite pagate dalla magistratura italiana.

Mentre il terrorismo implodeva per cause endogene tipiche delle ragioni fatte valere con la violenza, deflagrava in tutta la sua scellerata estensione raggiungendo l’acme della violenza e della malvagità, il fenomeno della criminalità organizzata.

Anche in questo periodo il tributo di vittime proveniente dagli scranni della magistratura è poderoso, intaccando in misura esponenziale e fuori da dogmatiche politiche altre importanti figure di operosi servitori dello stato.

Giungiamo agli anni post “miracolo italiano” e precipuamente agli anni ’90, con il dispiegarsi all’opinione pubblica delle nefandezze di quel fenomeno che passerà alla storia come “tangentopoli”, ossia svariate manovre finanziarie risulteranno, grazie al lavoro investigativo di giudici, dissipati da ignobili reggitori della cosa pubblica resisi autori di scempi al vero senso dello Stato e alla civiltà delle Istituzioni, comprovando ineluttabilmente come la corruttela fosse quasi connaturata nei meandri della Pubblica Amministrazione, dell’imprenditoria e della politica.

In quegli anni una legislazione politicamente pilotata e con una incipiente patologia schizofrenica che alterna azzardi di crudeltà o di imprudenza, fa riprendere vigore l’eterno e sterile dibattito sull’abuso di potere e la “politically incorrect” o cultura del sospetto nei confronti dell’ordine giudiziario che ha osato contrastare il potere politico.

La riservatezza e l’oscurità, tipica del giudice nella estensione di sentenze, nascenti da interpretazioni di fatti e sorretti da una giurisprudenza avallata spesso da un ragionato pensiero dottrinario, va a scontrarsi con neghittosi, incapaci, esibizionisti e spesso nevrotici magistrati in certa di vana popolarità che tende a delegittimare quanto di buono e colto viga nella loro vita, nei loro pensieri e nelle loro preziose abitudini.

Sospettare dei giudici indiscriminatamente è divenuta oggigiorno un “leitmotiv” utilizzato per amplificare episodi e comportamenti di singoli che non possono determinare una delegittimazione di massa sospinta dal politico corrotto di turno e da facinorosi giudizi denigratori avvolti da menzogne condite da una prosa colta.

Certo, lo sconcerto e la perplessità dell’opinione pubblica dinanzi ad errori imperdonabili o vistose negligenze colorate a volte da strumentalizzazioni ideologiche ed ornate da cadute di stile o da interventi televisivi clamorosamente inopportuni, dovrebbero condurre la casta dei magistrati ad una serena autocritica, che esalti l’eloquenza del silenzio ed allontani la ricerca spasmodica della notorietà.

Una magistratura che cerca il consenso dei cittadini e si legittima sulla base del consenso e non sulla base della legge è pericolosa per i cittadini stessi. (Luciano Violante, a In 1/2 h, RaiTre, 2007)