In esclusiva l’intervista all’ex direttore de LaC News24 Pasquale Motta, “Il modello giornalistico di LaC al momento è finito, è tempo di futuro” Quale autonomia, quale indipendenza può avere un giornalista verso il potere, se è anche un procacciatore di affari aziendali o personali? E i risultati si vedono. In un modello del genere non c’è più spazio per i giornalisti di razza come Agostino Pantano. L’intervista a Minniti l’altra sera un esempio di deserto cosmico giornalistico
INTERVISTA DEL DIRETTORE LUIGI LONGO
Ma cosa sta succedendo a LaC, per chi come noi fa parte del mondo dell’informazione, rimangono inspiegabili alcune scelte editoriali, com’è possibile che un editore si lascia scappare giornalisti come te o come Agostino Pantano che in qualche modo avete fatto la storia di quella testata?
Beh, su questo più che io o Pantano dovrebbero rispondere l’editore e i suoi direttori che in qualche modo hanno lasciato che tutto ciò avvenisse. Anche chi declamando “passi di lato” in realtà con la ignavia si è reso complice di tutto ciò. Tuttavia, non eludo la domanda e al tuo interrogativo posso solo rispondere solo con una mia opinione. Opinione nota la mia, considerato che, l’ho scritta in tutte le salse. Tutto inizia con la vicenda giudiziaria che mi ha riguardato. Anzi per meglio dire: con la bufala giudiziaria confezionata ai miei danni dalla Procura guidata da Gratteri. Una bufala che si è sgonfiata dopo pochi mesi, visto la sua inconsistenza, tuttavia, quanto basta per spazzare via la mia direzione. Chiarita la mia posizione (per fortuna dopo solo nove mesi) non solo non sono stato rimesso alla guida della testata ma la redazione, nel frattempo, si era riempita di personaggi, giornalisti, influencer e direttori strategici tutti fanatici sostenitori (interessati) dell’attuale procuratore di Napoli. Fino al punto di ritrovarmi vicedirettore colui che fino a qualche tempo fa definiva il sottoscritto e l’editore in odor di mafia. Tutto ciò sarà un caso? E’ frutto della libera iniziativa del mio ex editore? Il resto lo lascio alla tua immaginazione
Tu hai attaccato certi legami con l’ex Procuratore di Catanzaro da parte dei nuovi vertici di LaC e se fosse solo millantato credito?
Può darsi. Il problema però non quanto millanta la Bottero, tanto per fare un nome, o quanto abbia potuto condizionare l’editore della mia ex testata questo suo millantare, questo ormai è storia nota, quanto sia reale o meno questa ipotesi lo si comprenderà vivendo, quello che potrebbe rivelarsi grave, invece, è quanto di tutto ciò, abbia consapevolezza l’ex procuratore di Catanzaro, attualmente procuratore di Napoli. Se il procuratore dovesse essere pienamente consapevole di una tale circostanza, infatti, la vicenda sarebbe estremamente imbarazzante, oserei dire, sconveniente, almeno sotto il profilo deontologico e etico per la sua funzione. Anche perché la signora Paola Bottero, è il direttore strategico di un gruppo economico. Una mansione che seppur nella struttura gerarchica delle imprese inesistente, tuttavia non ci vuole la una zingara per comprendere che dietro questa originale aggettivazione, si nasconde un’antica professione, quella del lobbista. La Bottero fa lobbying per conto dell’azienda, ora una che al momento fa questo lavoro, in una regione come la Calabria e che contemporaneamente ostenta un rapporto speciale con un dei più influenti procuratori della Repubblica, qualche sospetto lo accende. Per carità può darsi che siano solo sensazioni. In un altro paese, tuttavia, il procuratore della repubblica in questione, qualche chiarimento su di un rapporto del genere avrebbe dovuto darlo.
Insisti su questo rapporto speciale …
Certo che insisto, anche perché questa mia affermazione è suffragata da fatti, mica è un’ipotesi o, peggio, un pettegolezzo di paese. In diverse occasioni nella presentazione dei suoi libri, infatti, alcuni degli organizzatori degli eventi mi hanno confidato che l’ex procuratore di Catanzaro ha condizionato la sua presenza all’indicazione di avere come intervistatrice Paola Bottero. Parlo con cognizione di causa quindi. E d’altronde, lei non fa mistero di tutto ciò, anzi lo ostenta.
Sì però lei è anche giornalista
E qui casca l’asino è normale che nel maggiore network editoriale della regione chi ricopre una funzione esecutiva di tipo economico continui a esercitare il ruolo di giornalista? Ti risulta che in Mediaset, in Rai, i direttori generali, i membri del CdA conducano format di tipo giornalistico? Figuriamoci se poi questa funzione la esercita una lobbista. Quale autonomia, quale indipendenza può avere un giornalista verso il potere, se è anche un procacciatore di affari aziendali o personali? E i risultati si vedono.
Cosa non ti convince nel giornalismo della Bottero?
Per la verità oggi è il caso di dire nel giornalismo di LaC, visto che il marito del direttore strategico è anche il direttore responsabile. Ho avuto modo di vedere l’altra sera un’intervista (si fa per dire) all’ex ministro degli interni Marco Minniti da parte del direttore strategico Paola Bottero, un’intervista strombazzata e promossa in tutte le salse prima e dopo. Il merito e i termini di quell’intervista hanno veramente qualcosa di scandaloso sotto il profilo giornalistico. Abbiamo assistito ad una sequenza di domande formulate dal direttore strategico tutta dondolante su di una poltrona, che definire penose è un eufemismo. Un pugno allo stomaco per coloro che cercano di esercitare questo mestiere mettendo in pratica i rudimenti del giornalismo. Mi chiedo: quale giornalista che per una trentina minuti si ritrova davanti colui che negli ultimi anni è stato il responsabile della sicurezza e che ha attuato un accordo controverso con la Libia contestato anche dal Santo Padre, che attualmente è responsabile di una fondazione di “Leonardo” che si occupa di Medio Oriente nel mentre siamo nel pieno di una guerra disastrosa e non gli rivolgi domande su questioni come queste? E, ancora, qualcosa sulle macerie politiche della sinistra in Calabria non sarebbe stato opportuno chiedere? Niente di niente. In compenso, la Bottero però, ci ha deliziato sui riccioli biondi di Minniti di un tempo che fu e su altre amenità del genere. Domande assolutamente inconcludenti e sguaiate, degne del peggior giornalismo gossipparo. Una testata seria, di fronte ad un’intervista del genere avrebbe accompagnato la giornalista alla porta. Ma nel nostro caso, il direttore responsabile è anche il marito dell’intervistatrice, che a sua volta è un superiore del direttore responsabile, perché è la direttrice strategica del network, l’editore in cima al vertice non parla, forse perché è convinto che la Bottero possa essere come Natuzza di Mileto e che possa fare miracoli nelle cittadelle giudiziarie delle città di San Vitaliano e San Gennaro. E così tutto va bene madama la marchesa. Non solo, dulcis in fundo, scomodano Massimo Clausi, una volta acuto notista politica del “Il quotidiano del Sud” che viene costretto tirare fuori un’analisi sul nulla cosmico di quella intervista. Ragazzi su, facciamo i cronisti, oppure vi siete ridotti alla copia tragicomica del miglior ragionier Fantozzi?
Ora anche il giornalista Agostino Pantano ha gettato la spugna…
Era nell’aria da tempo. La scelta di Agostino Pantano conferma quanto ho anticipato. Il progetto di LaC sul quale ci eravamo entusiasmati, appassionati e impegnati, purtroppo, allo stato, possiamo considerarlo abortito. Questo ormai è un dato di fatto. Alcuni motivi sono noti. Altri no. Oggi LaC potremmo definirla un innovativo spazio comunicativo. Una sorta di show room della comunicazione. Niente di più. Un spazio comunicativo privo di sostanza giornalistica. Non esiste un punto di vista editoriale. Non si caratterizza più neanche nell’affermazione di un punto di vista critico. La contestazione al potere è altalenante. Il leccaculismo giudiziario costante. E tuttavia, anche sul fronte giustizialista, la linea è priva di equilibrio e, dunque di coerenza: fanatismo nell’adesione al modello Gratteri e indifferenza a profili di magistrati molto più scrupolosi e consistenti. Con una tale premessa non c’è più spazio, dunque, per i giornalisti di razza come Agostino Pantano, i quali, invece, anche di fronte al più marginale dei servizi, non rinunciano all’osservazione analitica della realtà. E non bisogna scomodare Gramsci per far comprendere, soprattutto ai più giovani che approcciano questo mestiere, che il cronismo autentico, è soprattutto curiosità, osservazione dei fatti e analisi del contesto. Sempre e comunque. Altrimenti tutto diventa copia e incolla. Quando ero direttore di LaC, Pantano è stato utilizzato come inviato di punta dei grandi eventi politici e istituzionali passati per questa terra. Un inviato, nel contesto redazionale, rappresenta l’approfondimento editoriale di un determinato evento. In questi ultimi tempi, Agostino è stato vergognosamente e colpevolmente emarginato e mortificato. Grande responsabilità dei direttori che si sono succeduti ma anche superficialità da parte dell’azienda editoriale. Negli ultimi giorni abbiamo visto sul territorio improbabili e imbarazzanti sostituti di Agostino, gente sussurrata all’azienda editoriale da qualche nascente aspirante politico del territorio. Il politico che teme i cavalli di razza del giornalismo e si sente più tranquillo con i ronzini, significa che proviene dalla stessa razza di quest’ultimi. Un direttore che si piega a queste logiche sacrificando un giornalista del calibro di Pantano porterà la testata molto rapidamente al naufragio. Il disagio nella redazione cresce giorno dopo giorno. È l’inadeguatezza di un direttore di pezza è sempre più evidente. E tuttavia, questi sono ormai problemi che mi interessano poco, se non dal punto di vista generale, sopra tutto sul fronte della lotta ad alcuni sciacalli di questo mestiere. Ora guardiamo al futuro.
Cosa immagini per il futuro?
Sicuramente ancora non è tempo dell’orto. Cincinnato non è il mio modello. Sono un combattente. Questa nostra sfortunata terra ha bisogno di ulteriori avamposti per cercare in qualche modo di invertire un destino che appare disastroso, sia sul piano politico, sociale e culturale. Sono estremamente convinto che ci sia bisogno di un nuovo modello di informazione e, perché no, di comunicazione. In Calabria ma, non solo, c’è spazio per un giornale che abbia la mission di informare ma allo stesso tempo non rinunci ad un punto di vista inedito. Un punto di vista critico, sia sul piano politico che sociale. E sia chiaro, non mi riferisco ai classici modelli politici destra/sinistra, ma a modelli che sappiano mettere al centro i problemi senza censure o auto censure non richieste. Faccio un esempio: l’abrogazione del reato di abuso di ufficio nella realtà trova il consenso bi-partisan. La legge che alcuni definisco sul bavaglio trova punti di convergenze in un modo o nell’altro nei diversi fronti. Ecco noi pensiamo che un giornale debba avere l’ambizione di informare secondo i canoni classici del giornalismo ma allo stesso tempo deve avere il coraggio di rappresentare un punto di vista, capace di offrire sintesi politiche finalizzate e riformare e rivoluzionare i sistemi, soprattutto nella nostra Regione. E anche quando questo punto di vista dovesse cozzare con i poteri di questo paese sia esso la Magistratura, la Politica o l’Economia noi dovremmo avere l’ambizione di spingerci oltre. Basta con il giornalismo che sposa i punti vista del potere a prescindere, e ciò vale per tutti, che siano influenti Procuratori della Repubblica piuttosto che, fosforescenti e scintillanti Presidenti di Regione, Sindaci o deputati e senatori. Basta con il giornalismo che fa finta di non vedere le ingiustizie e se lo fai rilevare ti risponde con un’alzata di spalle. Ecco sarebbe bello, per esempio, aprire un grande sondaggio (vero e non farlocco) su che tipo di informazione vorrebbe l’opinione pubblica. E non si esclude che la nostra nuova avventura possa partire da tutto questo. Dalla domanda crescente di una nuova informazione. Sarebbe bello che un giornale contribuisse ad espugnare alcuni fortini di potere di questa regione nella sanità, nelle università, nelle istituzioni, nella magistratura, nella politica e perché no, nello stesso giornalismo, che spesso è complice del peggior conservatorismo. Ci riusciremo? Non lo so caro Luigi, ma noi ci proveremo.