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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 07 GENNAIO 2025

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In morte di un ragazzo italiano all’estero

In morte di un ragazzo italiano all’estero

| Il 31, Ott 2013

Editoriale di Bartolo Ciccardini

In morte di un ragazzo italiano all’estero

Editoriale di Bartolo Ciccardini

 

 

Sabato abbiamo appreso che Gioele Leotta, proveniente da Nibionno in provincia di
Lecco, di soli 19 anni, trasferitosi da dieci giorni in Inghilterra, nel Kent (a
sud di Londra), che lavorava come cameriere in un ristorante italiano è stato ucciso,
massacrato di botte da una banda di teppisti.
Un anno fa, in occasione dell’annuale Charity Gala di Ciao Italia a Manchester, avevo
scritto alcune mie impressioni sull’ondata dei giovani italiani che ha ripreso la
via dell’espatrio per trovare lavoro e dignità.

Allora così scrivevo: “Qui ci sono a lavorare 18 giovani italiani. È interessante
parlare con loro. Una ragazza di Palermo ci dice che si trova bene in questo lavoro,
che considera questo un passo definitivo: non ritornerà mai più a Palermo. E ce ne
dà una ragione dolorosa e forte. Un’altra ragazza viene da Ragusa, dallo stesso paese
di Carlo. Ci dice che c’è una linea aerea diretta che va da Ragusa al San Carlo dove
molti giovani che scappano da Ragusa si stanno indirizzando. Le diciamo che è molto
brava, ma non se ne inorgoglisce: “Voglio fare bene perché credo nella meritocrazia.
Sono venuta qui con le mie forze e ci riuscirò”. Un altro giovane ci spiega che ha
finito la scuola, ha studiato in Istituto Alberghiero ed è venuto qui per perfezionare
la lingua ed imparare il lavoro. A suo tempo aprirà un ristorante.

Ci accorgiamo di un fatto impressionante. È ricominciata la fuga degli anni ’70.
Una nuova generazione scappa dall’Italia ed affronta il mondo e questi saranno gli
italiani del futuro. Che i “bamboccioni” restino a consumare le pensioni dei loro
nonni. Gli italiani prendono il mare come sanno fare da sempre. Non so se è una notizia
buona o una notizia cattiva, ma è così. Un giovane abruzzese ce lo conferma. Gli
diciamo: “Ti trovi bene? Ti piace questa vita?”. Risponde: “Sì!”. “Ti sei ambientato?”.
Risponde: “Sì”. “Da quanto tempo lavori in questo ristorate?”. Risponde: “Da cinque
giorni”. “E da quanto sei arrivato?”. “Sei giorni!”. Ci sembra un giovane molto deciso.
Giovani italiani crescono!”.

A queste parole scritte un anno fa devo fare soltanto due notazioni.

La prima è questa: andarsene dal proprio Paese a 19 anni per trovare lavoro non è
una favoletta buona: è un dramma sempre e talvolta una tragedia, come è successo
al giovane Gioele che, come i ragazzi che ho conosciuto un anno fa, scriveva ai suoi
amici: “Qui si va alla grande. Dopo sette giorni ho trovato lavoro!”.

La storia degli italiani all’estero è piena di dolori, umiliazioni, discriminazioni
e vittime.

Onore al coraggio di questi italiani che non hanno mai dimenticato l’Italia.

Seconda osservazione. Più di trent’anni fa i ristoratori italiani in tutto il mondo
per difendere la qualità del loro lavoro e la dignità di imprenditori e di italiani
fecero un’Associazione chiamata Ciao Italia, che rappresentò un salto in avanti nell’immagine
degli italiani all’estero.

A Londra era presieduta da Lord Charles Forte. Allora se fosse successo un evento
come quello che è successo a Gioele, mezzo governo inglese sarebbe andato a condolersi
con Lord Forte e tutti i Ristoranti italiani, non solo di Londra, avrebbero messo
in vetrina il ricordo ed il compianto di un giovane italiano ucciso. Ma questa solidarietà,
questo sentirsi parte di un’impresa comune, questa capacità di vincere l’individualismo
per essere una rete non esiste più, distrutta dal pessimismo, dall’egoismo e dalla
cattiva politica.

Nessuno ha mosso ciglio alla terribile perdita. Matteo Renzi ha detto domenica nel
discorso della sua candidatura: “I nostri prodotti alimentari sono nel mondo per
50 miliardi. Il mercato che consuma prodotti che hanno una rassomiglianza di nome
ai prodotti italiani è di 100 miliardi. E noi non siamo capaci di fare una rete per
utilizzare quello che è nostro”. Caro Matteo, lo diciamo da un lontano Congresso
del 1999! E ricordati che il prezzo della incapacità a fare una politica dei prodotti
italiani all’estero è costata sangue, e costerà ancora troppo, se non si provvede
a difendere il lavoro italiano in Italia ed all’estero!