Incendio auto del marito a Galatro. Marziale, “Quanti si stupiscono guardino Cetto Laqualunque” Con le dovute cautele ed in attesa che l'iter giudiziario faccia il suo corso, non mi stupisce che un minore possa essere stato "utilizzato" per un'azione di ritorsione
“Con le dovute cautele ed in attesa che l’iter giudiziario faccia il suo corso, non mi stupisce che un minore possa essere stato “utilizzato” per un’azione di ritorsione. Mi stupisce chi si stupisce, quando ogni giorno stuoli di minorenni vengono impiegati per trafficare droga o compiere azioni delinquenziali su commissione. Questa vicenda pone sotto la lente mediatica un fenomeno antico, destinato a perpetuarsi nel tempo se il legislatore non interviene con leggi che aggravino la posizione degli adulti mandanti”: è il commento del sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, in merito all’episodio accaduto a Galatro (RC), dove una donna avrebbe incendiato la vettura del marito con la complicità di un minore d’età.
“Ogni giorno capita a chiunque di imbattersi in minorenni che chiedono l’elemosina – spiega il sociologo – ma ad ognuno sfugge che quello sia un reato di accattonaggio, scambiato per esercizio della carità e dunque normalizzato. Ci sono adulti dietro, privi di scrupoli, che si fanno scudo dei minori per non incorrere loro nelle maglie di una giustizia tanto effimera al punto che Antonio Albanese, nell’interpretazione di Cetto Laqualunque, non ha esitato a parafrasare in chiave comica ma drammaticamente realistica cedendo la pizzeria al figlio Melo, spalancandogli le porte della galera per evasione fiscale”.
Per Marziale: “Quanto accaduto a Galatro, qualora i fatti dovessero corrispondere alle ipotesi investigative, altro non è che la riprova dell’esistenza di una subcultura dura a morire a certe latitudini. I minori rappresentano un potenziale serbatoio, un vero e proprio vivaio dal quale soprattutto la criminalità organizzata può attingere. Basti pensare che i dati più recenti di cui dispongo, risalenti al 2020, rilevano che in Italia sono circa 700mila i minori che vivono in uno dei Comuni sciolti per mafia negli ultimi 20 anni, dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune diramazioni nel Lazio e in alcune regioni del Nord, come Liguria e Piemonte. Dall’inizio di gennaio 2010 al 31 marzo 2011, 128 minori sono stati denunciati per reati associativi, 51 per associazione a delinquere, 12 per associazione di tipo mafioso, 72 per traffico di stupefacenti. Dati in costante crescita, che lo Stato pensa di risolvere mandando i minori alla “messa in prova” e sostanzialmente graziando quanti invece dovrebbero essere perseguiti con assoluta determinazione, gli adulti che li impiegano”.