Inchiesta “Alchemia”, Francesco D’Agostino rompe il silenzio Il politico replica alle accuse arrivate dai Comunisti Italiani
Avrei preferito rimanere in silenzio. Sia per correttezza istituzionale, che per non entrare in polemiche che non ritengo utili ad alcuno. Del resto, ho affidato ai miei legali, Guido Contestabile e Giovanni Marafioti, il compito di salvaguardarmi.
Ma i continui attacchi a mezzo stampa rivoltimi dai direttivi regionale e provinciale del ricostituendo Partito Comunista Italiano, mi spingono a rispondere così. Per diversi anni, fino al 2014, anno delle elezioni in cui sono stato eletto consigliere regionale della Calabria, il mio contributo alla Festa “Rossa” di Polistena (prima ancora Festa della Rinascita) non è mai mancato. Davo il contributo per la festa al Sindaco di Polistena Michele Tripodi, tra i massimi dirigenti del Partito, nonché cugino di primo grado di Michelangelo e Ivan Tripodi.
Fino al 2014, dunque, per i Comunisti Italiani ero una persona pulita e per bene. E, allo stesso tempo, un imprenditore onesto. Ne erano tanto certi da non crearsi alcun problema a venire nella mia azienda per chiedermi direttamente un contributo per la loro festa. Contributo che io ho dato sempre volentieri. Cos’è cambiato oggi?
È vero, sono oggetto di un’indagine su un’ipotesi di reato che, tuttavia, un Giudice per le Indagini Preliminari ha rigettato. Certo, continuo ad essere indagato, ma un Giudice ha sostenuto che, allo stato degli atti, quei reati non sussistono. E allora, perché questa aggressione? I Comunisti Italiani sono sempre stati garanti del dettato costituzionale, dei diritti e delle garanzie per ogni cittadino. Perché per loro tutto questo è diventato carta straccia?