Intimidazioni, Berna (Ance): “La mafia si batte col lavoro” "Istituire task force con poteri eccezionali"
“Le parole non bastano più. Di fronte ai continui attentati, alle intimidazioni, alle bombe e agli incendi dolosi, non è possibile accontentarsi di poche frasi di circostanza, perché i problemi non si risolvono così. Viviamo in una polveriera sociale ed economica, che minaccia di esplodere con i continui episodi di violenza che segnano il territorio calabrese”. Lo afferma il presidente di Ance Calabria, Francesco Berna, alla luce degli ultimi gravi episodi di cronaca avvenuti nella nostra regione, l’ultimo dei quali è stato l’incendio del deposito di proprietà dell’imprenditore Tiberio Bentivoglio.
“La criminalità si sconfigge con il lavoro. Solo ed esclusivamente con il lavoro. Tutto il resto appartiene alla sfera delle parole in libertà della politica, che non si rende conto del livello di sfiducia e prostrazione dei cittadini e degli imprenditori. Per questo – prosegue Berna – la proposta che lanciamo al governo nazionale è di istituire una task force dotata di poteri eccezionali e che lavori in Calabria per ottenere due obiettivi: sbloccare le opere incompiute, facendo ripartire i cantieri, e sbloccare le risorse rimaste incagliate nei meandri di una burocrazia dai metodi paramafiosi. In più – aggiunge il presidente di Ance Calabria – devono essere messe a disposizione del nostro territorio risorse vere, reali, non come è stato fatto finora in una legge di Stabilità che ha drammaticamente penalizzato il Sud o in fantomatici piani che non hanno copertura finanziaria né sostanza politica”.
“Oggi la Calabria non è solo la regione più povera d’Italia. È anche la più pericolosa per tutti i cittadini, nessuno escluso, a causa della vera e propria “guerra tra poveri” che è in atto. Uno strisciante conflitto sociale – prosegue Berna – alimentato dalla povertà e che rappresenta il terreno ideale per far proliferare la criminalità, comune e organizzata. È arrivato il momento di strappare il velo di ipocrisia che caratterizza il dibattito pubblico e che spesso impedisce ai cittadini di vedere la verità. La mancanza di lavoro, la crisi, la disperazione di chi non riesce a mantenere i propri figli sono i principali motivi di rafforzamento della ‘ndrangheta, che noi ripudiamo e che consideriamo il peggiore nemico della Calabria e dell’Italia”.
Ad avviso del rappresentante dei costruttori, “la ‘ndrangheta e ogni altra organizzazione mafiosa reclutano i loro uomini attingendo al grande bacino dei disoccupati e delle famiglie che versano in condizioni di indigenza. Per chi non ha mezzi di sostentamento, purtroppo, è molto facile cedere alle lusinghe di quanti promettono un facile guadagno. Noi tutti abbiamo il dovere di opporci a tale situazione e di spezzare questo circolo vizioso, ma non possiamo farlo senza l’aiuto e il sostegno dello Stato”.
E l’apparato pubblico, incalza Berna, “deve dimostrare la sua concreta vicinanza ai cittadini e agli imprenditori, in uno Stato che non deve essere ‘di polizia’ ma di diritto. Ovvero fondato sui doveri dei cittadini e, parimenti, sulla capacità di chi governa di assicurare i servizi essenziali: tra questi, in primo luogo, la sicurezza e la libertà. Ma la battaglia per la legalità non può fondarsi sulla sola, pur indispensabile, repressione. La legalità deve accomunare tutte le forze positive della società, in uno sforzo comune per lo sviluppo e la crescita economica che sono i presupposti della lotta alle mafie. Al tempo stesso, senza legalità non ci può essere un’economia sana”.
Amare le riflessioni del presidente di Ance Calabria: “Queste nostre valutazioni, sul piano ideale, sono condivise pienamente dalla politica. Ma in concreto cosa è stato fatto per garantire al Sud quelle condizioni di maggiore benessere che ci libererebbero dal giogo mafioso? Quale modello alternativo di sviluppo è stato costruito per chi vive e opera nel Mezzogiorno d’Italia e soprattutto in Calabria? Quali strumenti sono stati messi a punto per affrancare i cittadini del Sud dalle condizioni di bisogno che costituiscono l’humus ideale per far attecchire la malapianta criminale? Domande, queste, che purtroppo suonano come retoriche. La questione meridionale è stata affrontata, nei primi anni della nostra Repubblica, con interventi a pioggia di stampo assistenziale e clientelare; poi è stata accantonata con un vero e proprio abbandono delle nostre Regioni a una deriva che le sta allontanando rapidamente dall’Italia e dall’Europa”.
“Adesso lo Stato non può lavarsene le mani. È necessario mettere in atto un progetto più ampio e complessivo sul tema della legalità. È vero, sono ancora troppo pochi gli imprenditori che denunciano. Ma senza sufficienti garanzie di sicurezza, come si può pensare che un operatore economico possa accettare di mettere a repentaglio la propria vita e quella dei propri familiari? E soprattutto, senza la prospettiva di un lavoro, come si può ritenere di condurre in porto la battaglia sociale e culturale volta a battere la ‘ndrangheta? Lo Stato dia una mano a noi imprenditori – conclude Francesco Berna – e noi gliele tenderemo entrambe. Altrimenti la Calabria sarà definitivamente consegnata alla criminalità e al sottosviluppo permanente”.