Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), DOMENICA 22 DICEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Ipotesi di riforma elettorale comunale

Ipotesi di riforma elettorale comunale

| Il 15, Feb 2012

Editoriale di Bruno Morgante

Ipotesi di riforma elettorale comunale

Editoriale di Bruno Morgante

 

 

Dopo le ipotesi di riforma a livello nazionale e regionale, a cui sottintende una visione coerente della democrazia partecipata, che individua nei partiti riformati i pilastri su cui costruire questa partecipazione, dando agli iscritti poteri veri e garanzie di vita democratica all’interno e strumenti oggettivi contro brogli, e tenendo conto della premessa che vi deve essere omogeneità nel metodo elettorale tra i diversi livelli istituzionali, esaminiamo l’ipotesi di elezione a livello comunale.

Come è chiaro già con le ipotesi a livello nazionale e regionale si assume come fondamentale il dato che la partecipazione non sia di ostacolo alla necessità, che impongono i ritmi dei mercati e della vita globalizzata, di processi decisionali snelli e veloci.

In questo senso a livello nazionale si ha il potere dell’elettore di scegliere la maggioranza, l’istituzione della sfiducia costruttiva per limitare giochi parlamentari, la revisione dei regolamenti parlamentari per garantire che le proposte del governo abbiano la certezza di essere discussi e votati in tempi certi.

A livello regionale, come a livello comunale, dove è prevalente la funzione di programmazione e di gestione, è giusto dare all’elettore oltre che il potere di scegliere i propri rappresentanti e la maggioranza, anche quello di scegliere il presidente e/o il sindaco.

Nelle elezioni dei sindaci e dei consigli comunali bisognerebbe abbassare a 5.000 abitanti i comuni in cui si vota con il ballottaggio e con il sindaco appoggiato da più liste perché è interesse del Paese il radicamento dei partiti e la partecipazione alla vita politica dei cittadini.

Il fatto non comporterebbe danni alla stabilità amministrativa, anzi genererebbe maggiore controllo sull’operato dell’esecutivo, scoraggiando degenerazioni oligarchiche dei rapporti tra Sindaco e consiglieri in termini clientelari e di scambio di potere, dovute spesso ad assenza di retroterra politico.

Anche per la scelta del candidato a sindaco si dovrebbe procedere a primarie di coalizione regolate per legge.

Si deve eliminare la stortura della preferenza unica prendendo atto una volta per sempre che all’epoca del referendum anche i promotori ammisero che il quesito era un escamotage, perchè rappresentava tecnicamente la possibilità per il popolo di farsi sentire ed evidenziare la richiesta di maggiore potere di determinare l’elezione dei candidati, contro i giochi delle segreterie di partito e le combines dei centri di potere e del crimine organizzato. Questa è stata la vera essenza del referendum.

La preferenza unica non può, quindi, continuare ad essere un totem nel nome del popolo sovrano, tanto più che i risultati confermano che era una fesseria, specialmente al Sud, dove abbiamo dato un potere non solo di condizionamento enorme, ma anche la possibilità di un protagonismo diretto in politica, non solo a gruppi di potere, ma anche alla criminalità organizzata, che per propria fisionomia e cultura di tribù riesce a controllare i voti della “famiglia” e, con il voto che è diventato molto più pesante per determinare l’elezione di un candidato dentro una lista, elegge direttamente propri rappresentanti.

Per combattere le degenerazioni del sistema partitocratico abbiamo distrutto i partiti e ai vari livelli istituzionali abbiamo dato il potere a gruppi limitati di persone, di fatto imboccando una deriva che ci porta verso una democrazia oligarchica.

Ritengo fondamentale che per combattere l’oligarchia, che è una degenerazione della democrazia, bisogna allargare le possibilità di scelta del cittadino, perché contano di meno i gruppi di potere organizzati di qualunque natura.

Coerentemente con le soluzioni proposte a livello nazionale e regionale, la soluzione a livello comunale, perché nessuno si senta padrone e inamovibile, è dare al cittadino la possibilità di esprimere un numero di preferenze pari ai due terzi dei candidati da eleggere, quindi di scegliere la maggioranza del consiglio.

Si possono individuare alcuni degli aspetti positivi di questa scelta:

– aumentano gli spazi per il rinnovamento e una selezione in termini di qualità in quanto il cittadino, avendo a disposizione molte preferenze è libero, dopo aver dato il voto al parente, al candidato da cui ha ricevuto un favore (sia esso sindacalista, funzionario di qualche ente, medico, commercialista), al vicino di casa che incontrerà tutti i giorni, al dirigente di partito, avrà ancora lo spazio per votare un candidato che si presenta bene, si impegna nel partito e nel sociale. Molti, che, pur impegnati nel sociale, si sono allontanati dalle competizioni elettorali amministrative perché le possibilità di elezione erano nulle non avendo una famiglia numerosa raccolta a tribù o non avendo la cultura di coltivare clientele, potrebbero ritornare a candidarsi;

– insieme alla scelta in positivo, quando si esprimono molte preferenze, c’è l’altro lato della medaglia e cioè la scelta in negativo dei pochi che non si vuole votare perché chiacchierati, perché uscenti che non sono stati virtuosi, perché hanno favorito alcuni e discriminato altri, perché sono stati momento di divisione nel partito per interessi personali, perché antipatici. Si chiama voto di taglio. Se un candidato è appoggiato da ambienti poco raccomandabili (si è comunque commesso un errore a metterlo in lista), la maggioranza degli elettori di quella lista non lo vota, per cui, anche se è fortissimo e conta su molti voti sul piano personale, non verrà eletto, perché per essere eletti bisogna prendere voti di preferenza superiori alla maggioranza dei voti di lista. Un giovane e/o una persona per bene e ben vista verrà eletta perché non va incontro a tagli;

– è normale e positivo che un candidato una volta eletto operi per essere rieletto. In questo caso dovrà amministrare guardando all’interesse generale, perché dovrà stare attento a non scontentare la maggioranza degli elettori della propria lista, perché non sarà rieletto, anche se avrà aumentato i suoi clienti, perché andrà incontro al voto di taglio degli scontenti. Ciò comporterà una minore pressione per un uso clientelare della spesa pubblica e un maggiore impegno per gli interessi generali della comunità. Anche dentro il partito di appartenenza ognuno opererà per coinvolgerlo, per avere suggerimenti, per cercare il consenso al suo agire per avere una cassa di risonanza e non per discriminare possibili concorrenti o per fiaccarne l’operatività per paura del controllo. Dentro i partiti si apriranno spazi per chi vorrà impegnarsi e misurarsi con l’impegno amministrativo e costui avrà tutto l’interesse ad avere un partito funzionante, partecipato, vicino alla gente e ai suoi problemi.

Questi alcuni degli aspetti positivi e scusate se è poco, specialmente in Calabria.

redazione@approdonews.it