Josef K. Riflessioni del giurista Giovanni Cardona sulla inviolabilità della libertà personale
La tutela della libertà personale, costituisce il principio cardine dei sistemi costituzionali più evoluti contro la barbarie degli arresti arbitrari.
Essa si pone come una “condicio sine qua non” basica di ordine costituzionale rispetto alle eterogenee prerogative individuali sancite e previste da varie leggi fondamentali.
Le diverse realtà giuridiche invero differenziano l’enunciato formale del principio consolidato, modificandolo e reinterpretandolo molto liberamente nell’evidenza della prassi quotidiana.
La spada di Damocle che lambisce l’esistenza dei governati, determina un minus esistenziale, ove la minaccia del pericolo della privazione ingiustificata della propria libertà venisse esercitata senza la parsimonia necessaria.
Certo alle fonti di grado costituzionale interno, si allineano in una visione ecumenica le convenzioni internazionali onde prevenire ed evitare nefasti accadimenti nelle singole realtà, ma molti stridenti privazioni contraddicendo disposizioni illuminate di ordinamenti liberali e garantisti, fanno rivivere in realistici cliché il tragico destino di Josef K., protagonista dell’onirico e paradossalmente spettrale romanzo Il Processo del geniale Franz Kafka.
La Carta costituzionale sabauda all’art. 26 dettava: “Niuno può essere arrestato o tradotto in giudizio se non nei casi e nelle forme previste dalla legge”; l’uso della congiunzione disgiuntiva “o” induceva ad interpretare la facoltà dei gendarmi di arrestare indipendentemente dalla traduzione in giudizio.
La Costituzione Italiana all’art.13, per converso, definendo inviolabile la libertà personale, ne sancisce l’irrinunciabile centralità giuridica, morale e storica.
Ma la nostra Costituzione è pur sempre figlia illegittima della Roma repubblicana, infatti intorno al 500 a.c. due istituti romani hanno regolamentato i presupposti fondanti la privazione della libertà personale: la prima “Lex Valeria de provocatione” imponeva l’intervento del popolo prima della esecuzione di sanzioni gravi; la seconda “Intercessio tribunicia” facultava i tribuni della plebe di porre, con efficacia sospensiva immediata, il veto contro provvedimenti restrittivi della libertà personale viziati da apparente abuso.
In Inghilterra l’avanzato sistema di tutela della libertà personale paradossalmente si fonda e si sostanzia nella “Magna Charta Libertatum” del 1215 integrata dall’”Habeas corpus”, in base al quale il trattenuto può chiedere dopo la carcerazione, l’immediata traduzione davanti al suo giudice naturale onde essere edotto della causa dell’arresto.
Negli Stati Uniti D’America il “Bill of Rights” sancito nella Costituzione del 1789 prevede al quinto emendamento la tutela di ogni persona contro la privazione della vita, della libertà o dei beni al di fuori di un’apposita pronuncia giurisdizionale.
Gli odierni crimini, soprattutto quelli internazionali, spingono l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, memore del tragico fallimento della Società delle Nazioni resasi quasi compartecipe delle sataniche efferatezze perpetrate dai nazisti, a salvaguardare concretamente la vita, la sicurezza e la dignità delle persone, per una garanzia di conservazione dei beni inviolabili e per un futuro impegno di affermazione della libertà e di esaltazione delle potenzialità umane.
“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K, poiché senza che avesse compiuto alcunché di male, in un grigio e triste mattino invernale, venne arrestato.” (Franz Kafka, Il Processo, 1925)