La città di Taurianova nel culto alla Madonna dei Monti La mariologia e le feste popolari nella riflessione di don Leonardo Manuli
di don Leonardo Manuli
Il mio contributo, fa parte di una ricerca personale sulla religiosità popolare mariana, che interroga la teologia, quella prossima e rispettosa del popolo, e intende aiutare la pastorale, che non è mai qualcosa di inferiore a quella speculativa, in un dialogo proficuo e fecondo. Si avverte un passaggio epocale nel panorama negli studi teologici, determinante anche nei programmi pastorali, nella liturgia, nella catechesi, dove dalla definizione patristica del De Maria numquam satis (Di Maria mai stanchi) si è fermi al De Maria unquam satis (Di Maria ormai stanchi). Nella cifra ermeneutica dei nostri tempi, Maria, la Madre di Dio, – dopo la morte del compianto mariologo calabrese di fama mondiale, Stefano De Fiores (1933-2012) –, la collocazione teologica mariana è costellata di nubi. Apro una breve parentesi, dove desidero dedicare questa breve riflessione a lui, voce autorevole, del più noto studioso e autore di numerose pubblicazioni scientifiche sulla mariologia, che ha speso la sua esistenza umana, spirituale e religiosa nel cogliere la figura di Maria per stimolare la teologia, la cui densità carismatica e profetica è ricca di preziosi contributi per la cultura, per l’antropologia e per la società, simbolo di liberazione e di valori umani.
Maria può essere nella chiesa e nella fede popolare una via di rinnovamento? I connotati popolari e folklorici delle appariscenti forme di devozione, nei santuari, nei pellegrinaggi, nelle feste, sono fermi ad un eccesso di fervore e di sentimentalismo, e non riscattano la dignità della pietà popolare. Questa è lasciata in un perenne libero arbitrio, e dovrebbe interrogare i responsabili della cura pastorale delle chiese, il quale si impone di insegnare, di istruire e di orientare il popolo alla presenza materna di Maria, nella teologia e nella pietà popolare. La fede mariana, è segno di risveglio in una società che vive una sorte di smarrimento morale ed esistenziale, di incertezza del futuro, di coscienze addormentate. Non si possono chiudere gli occhi davanti ad un panorama critico, al crollo delle certezze metafisiche, di relativismo imperante dove anche la chiesa è in uno stato di confusione.
Nei mesi estivi, in molte città della piana, si è rinnovata una geografia del soprannaturale della pietà mariana. Sono tanti i territori interessati da queste invasioni mariane. Nella cittadina pianigiana di Taurianova, il culto mariano, le cui origini sono “polsiane” (Santuario della Madonna di Polsi che ricade nel comune di San Luca), – fu il parroco del tempo, l’arciprete don Domenico Antonio Zerbi, per assolvere un voto di un fedele, a portare il culto nell’allora Radicena, – una fede che durante il novenario rievoca i fatti accaduti tra il XVIII-XIX secolo: «Alla fine del sec. XIX, il 9.9.1894, la statua della Madonna della Montagna, di fronte a tutta la popolazione occorsa, mosse gli occhi e le palpebre.
Il popolo rimase atterrito e commosso, perché riteneva questi avvenimenti premonitori divini e la statua fu portata in processione mentre gli abitanti di Radicena e Jatrinoli (l’attuale Taurianova) pregavano e si percuotevano il petto per le strade del paese. Nel cielo comparve uno spettacolo straordinario, dalla luna partirono quattro raggi perpendicolari fra di loro che disegnarono una croce di cui essa era il centro» (Cf. ROMEO-TOSCANO G., Città tra gli olivi. Taurianova, nella geografia e nella storia, Roma 1959, pp. 136; Cf. GEMELLI S., Storia, tradizioni e leggende a Polsi d’Aspromonte, Roma 1992, pp. 578). Sono fatti documentati e scientificamente immortalati dal latinista taurianovese Francesco Sofia Alessio, in versi e in una epigrafe latina conservata nella chiesa matrice di Radicena, di cui è titolare la Vergine Ss. della Montagna e nella quale si venera la statua lignea.
Nei dintorni c’è una mappatura rilevante del profetico passaggio di Maria, che lascia intendere il fenomeno permanente della presenza della Vergine di Nazareth e Madre di Gesù lungo il corso di duemila anni, nonostante i cambiamenti sociali e culturali. Maria è il simbolo più potente e più popolare che passa ancora indenne nel processo di secolarizzazione e razional-scientifico, sviluppo che interessa anche la teologia, di fronte al tentativo volto ad accantonare la figura di Maria, magari relegandola a deaurum maxima che rinnega i ritratti biblici e offusca in lei quale “maestra di valori” (Cf. DE FIORES S., Maria sintesi di valori. Storia culturale della mariologia, Milano 2005, pp. 584). Purtroppo c’è una insufficiente educazione alla fede mariana, sovente le festività popolari mariane, sono presentate come una marcia trionfale, invece di dignificare un aspetto inedito e direi profetico, della vitalità della figura di Maria, che spiega la creatività del fenomeno mariano, di vivere in modo integrato in un determinato popolo invece di idolatrarla con esagerazioni paganeggianti, e purtroppo, si rimane immobili alla pura formalità e ritualità.
Prima di arrivare alla conclusione, l’aspetto propositivo e di inculturazione della riflessione, è diretto a tre elementi individuati della presenza di Maria nella storia e nella spiritualità di una comunità e della sua collocazione nel territorio. L’elemento integrativo e unitario mariano, invece di quello divisivo ed ermetico di alcune pastorali e mentalità (ad esempio vedi il popolo di Jatrinoli e di Radicena uniti nella processione, un messaggio controcorrente rispetto ad oggi). La figura inedita, profetica e apocalittica del segno del cielo e della luna, veicola una domanda ancora attuale dei “tempi” che stiamo vivendo, un «segno dei tempi», che ancora parla nel nostro contesto, in crisi e povero di significati e di umanità. Allargando la sua presenza biblica, non marginale e minoritaria, leggendo e interpretando questa epoca di cambiamento, viviamo uno smarrimento per la mancanza di obbedienza della fede, dei pastori e del popolo.
Maria è chiave di lettura dei nostri tempi, mediante la pienezza del suo Sì, della risposta umana alla proposta divina, l’uomo e la donna, possono ritrovare la bussola e la luce della fede, e ritengo che questo sia uno degli appelli più importanti di Maria di Nazareth e che la fede mariana debba tenere in considerazione, al di là di feste che hanno come scopo il consumismo e lo svago, a discapito di una vera ed autentica pedagogia mariana e di una progettazione di un itinerario sociale, spirituale e umano integrato.