Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), SABATO 23 NOVEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

“La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla” Intervista al sociologo storico Antonio Giangrande, autore di un centinaio di saggi che parlano di questa Italia contemporanea, analizzandone tutte le tematiche, divise per argomenti e per territorio

“La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla” Intervista al sociologo storico Antonio Giangrande, autore di un centinaio di saggi che parlano di questa Italia contemporanea, analizzandone tutte le tematiche, divise per argomenti e per territorio
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Dr Antonio Giangrande di cosa si occupa con i suoi saggi e con la sua web
tv?

«Denuncio i difetti e caldeggio i pregi italici. Perché non abbiamo orgoglio
e dignità per migliorarci e perché non sappiamo apprezzare, tutelare e
promuovere quello che abbiamo ereditato dai nostri avi. Insomma, siamo bravi
a farci del male e qualcuno deve pur essere diverso!»

Perché dice che “La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla”.

«Libri, 6 italiani su dieci non leggono. In Italia poi si legge sempre meno.
Siamo tornati ai livelli del 2001. Un dato resta costante da decenni: una
famiglia su 10 non ha neppure un libro in casa. I dati pubblicati dall’Istat
fotografano l’inesorabile diminuzione dei lettori, con punte drammatiche al
Sud. Impietoso il confronto con l’estero, scrive il 27 dicembre 2017
Cristina Taglietti su “Il Corriere della Sera”. La gente usa esclusivamente
i social network per informarsi tramite lo smartphone od il cellulare. Non
usa il personal computer perchè non ha la fibra in casa che ti permette di
ampliare più comodamente e velocemente la ricerca e l’informazione. La
gente, comunque, non va oltre alla lettura di un tweet o di un breve post,
molto spesso un fake nato dall’odio o dall’invidia, e lo condivide con i
suoi amici. Non verifica o approfondisce la notizia. Non siamo nell’era
dell’informazione globale, ma del “passa parola” totale. Di maggiore impatto
numerico, invece, è la ricerca sui motori di ricerca, non di un tema o di un
argomento di cultura o di interesse generale, ma del proprio nome. Si digita
il proprio nome e cognome, racchiuso tra virgolette, per protagonismo e
voglia di notorietà e dalla ricerca risulta quanti siti web lo citano. Non
si aprono quei siti web per verificare il contenuto. Si fermano sulla prima
frase che appare sulla home page di Google o altri motori similari,
estrapolata da un contesto complesso ed articolato. Senza sapere se la
citazione è diffamatoria o meritoria o riconducibile all’autore da lì
partono querele, richieste di rimozione per diritto all’oblio o addirittura
indifferenza».

Ha un esempio da fare sull’impedimento ad informare?

«Esemplari sono le querele e le richieste di rimozione. Libertà di
informazione, nel 2017 minacciati 423 giornalisti. I dati dell’osservatorio
promosso da Fnsi e Ordine. La tipologia di attacco prevalente è
l’avvertimento (37 per cento), scrive il 31 dicembre 2017 “La Repubblica”.
Ognuno di questi operatori dell’informazione è stato preso di mira per
impedirgli di raccogliere e diffondere liberamente notizie di interesse
pubblico. La tipologia di attacco prevalente è stata l’avvertimento (37 per
cento) seguita dalle querele infondate e altre azioni legali pretestuose (32
per cento)».

E sull’indifferenza…

«Le faccio leggere un dialogo tra me e un tizio che mi ha contattato senza
conoscermi, nonostante la mia notorietà. Uno dei tanti italiani che non si
informa, ma usa internet in modo distorto. Uno di quel popolo di cercatori
del proprio nome sui motori di ricerca e che vive di tweet e post. Un giorno
questo tizio mi chiede “Lei ha scritto quel libro?”

E’ un saggio – rispondo io. – L’ho scritto e pubblicato io e lo aggiorno
periodicamente. A tal proposito mi sono occupato di lei e di quello che
ingiustamente le è capitato, parlandone pubblicamente in modo
disinteressato, come ristoro delle sofferenze da lei subite, pubblicando
l’articolo del giornale in cui è stato pubblicato il pezzo. Inserendolo tra
le altre testimonianze. Comunque ho scritto anche un libro sul territorio di
riferimento. Come posso esserle utile?

“Volevo giusto capire, io mi sono imbattuto per caso nell’articolo, cercando
il mio nome… E sotto l’articolo ho visto un link che mi collegava al suo
saggio…Capire più che altro perché prendere articoli di giornale su altra
gente e farne un saggio… Sono solo curiosità”.

E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte – spiego
io. – I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si
dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta…” e
parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è
assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano
e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere
saggisti e scrivere “C’è adesso…” e parlare di cose reali con nomi e
cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei
magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per
farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra.
Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della
fine che fece il primo saggista mondiale. In generale. Dico, in generale: io
non esprimo mie opinioni. Prendo gli articoli dei giornali, citando
doverosamente la fonte, affinchè non vi sia contestazione da parte dei
coglioni citati, che siano essi vittime, o che siano essi carnefici. Perchè
deve sapere che i primi a lamentarsi sono proprio le vittime che io difendo
attraverso i miei saggi, raccontando tutto quello che si tace.

“Siccome io le ho detto mi sono solo imbattuto per “caso”… Io ho visto
questa cosa e sinceramente l’ho letta perché ho visto il mio nome, ma se
dovessi prendere il suo saggio e leggerlo non lo farei mai. Perché: Cerco di
lavorare ogni giorno con le mie forze. I miei aggiornamenti sono tutt’altro.
Faccio tutto il possibile per offrirmi un futuro migliore. Sono sempre
impegnato e non riuscirei a fermarmi due minuti per leggere”.

Rispetto la sua opinione – rispondo. – Era la mia fino ai trent’anni. Dopo
ho deciso che è meglio sapere ed essere che avere. Quando sai, nessuno ti
prende per il culo…

“Ma per le cose che mi possono interessare per il mio lavoro e il mio futuro
nessuno mi può prendere per il culo … Poi è normale che in ogni campo ci
sia l’esperto…”»

Come commenta…

«Confermo che quando sai, nessuno ti prende per il culo. Quando sai,
riconosci chi ti prende per il culo, compreso l’esperto che non sa che a sua
volta è stato preso per il culo nella sua preparazione e, di conseguenza sai
che l’esperto, consapevole o meno, ti potrà prendere per il culo».

Comunque rimane la soddisfazione di quei quattro italiani su dieci che
leggono.

«Sì, ma leggono cosa? I più grandi gruppi editoriali generalisti,
sovvenzionati da politica ed economia, non sono credibili, dato la loro
partigianeria e faziosità. Basta confrontare i loro articoli antitetici su
uno stesso fatto accaduto. Addirittura, spesso si assiste, sulle loro
pagine, alla scomparsa dei fatti. Di contro troviamo le piccole testate nel
mare del web, con giornalisti coraggiosi, ma che hanno una flebile voce, che
nessuno può ascoltare. Ed allora, in queste condizioni, è come se non si
avesse letto nulla».

Concludendo?

«La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla…e vota. Nel paese
degli Acchiappacitrulli, più che chiedere voti in cambio di progetti, i
nostri politici sono generatori automatici di promesse (non mantenute),
osannati da giornalisti partigiani. Questa gente che non legge, non sa, ma
sceglie, decide e parla, voterà senza sapere che è stata presa per il culo,
affidandosi ai cosiddetti esperti. I nostri politici gattopardi sono solo
mediocri amministratori improvvisati assetati di un potere immeritato.
Governanti sono coloro che prevedono e governano gli eventi, riformando ogni
norma intralciante la modernità ed il progresso, senza ausilio di leggi
estemporanee ed improvvisate per dirimere i prevedibili imprevisti».