La giostra dei “cambi di casacca”. Parte prima Taurianova, dal 2015 a oggi, come eravamo e come siamo ("s"combinati)
Prefazione “Ci sono solo due forze che uniscono gli uomini: la paura e l’interesse” (Napoleone)
Dopo il “tour cittadino” del sindaco (sulla via Tiberio Condello, rivendicata da tutti gli ex sindaci, ma la storia ci dice che l’ha iniziata Scionti), c’è l’attesa del commissario ad acta per la procedura di surroga del dimissionario “Dandy” Romeo e quindi consentire l’ingresso in Consiglio dell’ex vicesindaco Carmela Patrizio. Quest’ultima, dimessosi dall’esecutivo appositamente per essere proclamata in quanto prima dei non eletti e mettere al riparo la consiliatura da “mine vaganti” come Daniele Prestileo (secondo dei non eletti) perché, si dice (ma lui l’ha smentito pubblicamente), che se fosse stato proclamato avrebbe fatto cadere il Consiglio Comunale (fermo restando il beneficio del dubbio, visto che necessitano anche altri otto indispensabili consiglieri). E contestualmente, la caduta del “marchesato” Scionti. Scrivendo la parola fine a quel Taurianova Cambia (dal motto oramai radicato, “Io so io e voi…” vabbe, lo sapete). Ecco come una maggioranza si è ridotta al lumicino, se non fosse per un “viandante” che saltò il fosso per reggere il “molo” numero nove, e per la “crescita sociale e culturale”.
Tutto inizia nel novembre del 2015 quando c’è l’avvento di quel che oggi nessuno poteva mai immaginare si realizzasse, l’elezione di un uomo d’altri tempi, nel senso che avrebbe volentieri proposto il ripristino della monarchia. “L’eletto”. Un bravo ragazzo, onesto, dalla faccia pulita, si presentava bene, tutto casa e chiesa. Non era uscito con le famose primarie che per il centrosinistra sono oramai un’istituzione di libertà, altrimenti quell’uomo-poltrona attuale qual è Luigi Mamone, avrebbe avuto serie possibilità a essere lui il candidato a sindaco (e come sarebbe andata a finire, questo non lo possiamo sapere). Fabio Scionti vince e ha una maggioranza di dieci consiglieri (e undici voti a disposizione in Consiglio). Ma sin dall’inizio della consiliatura, qualcuno asserisce anche in fase di ballottaggio (ma io non ci credo, noooo), c’era un “ospite” che quattro mesi dopo abbandona la maggioranza. Erano le idi di marzo e Marianna Versace eletta con “A testa alta”, fa un salto all’inverso per sedersi con la minoranza perché stava nella “casa sbagliata” e perché c’era un “muro, incarnato soprattutto nella persona del presidente del Consiglio Comunale”. “Tutti bisbigliavano” (contro Fausto Siclari), ma nessuno aveva “il coraggio di esternare”. Cosa e perché, ad oggi, non si sa! La Versace viene accolta il giorno di San Giuseppe a braccia aperte dal gruppo degli Innamorati che nel loro comunicato si scoprono pure “floristici” perché contro il “punteruolo rosso”. La stessa viene elogiata per “la forza delle proprie idee”, come se fosse la nuova Giovanna D’Arco. “E la Marianna la va in campagna quando il sole tramonterà tramonterà tramonterà…”, per effetto dell’immensa “forza delle proprie idee”, non riuscendo più a contenerle, con la rinfrescata autunnale, il 30 settembre 2017, lascia gli Innamorati per aderire a Forza Italia. Scrive che lo fa “In piena coerenza” (sic!) e facendo pure riferimento all’onorevole Francesco Cannizzaro che le ha portato “entusiasmo”. Fiat voluntas eius.
Ma in mezzo a quel “cammin” autunnale, a novembre cadono le foglie e così pure altri due consiglieri lasciano quella “Taurianova Cambia”. Il “duo delle meraviglie”, nel giorno di Santa Elisabetta d’Ungheria, patrona degli ospedali e protettrice dei panettieri, Stella Morabito (ex Pd) e Filippo Lazzaro (Impresa Calabria), abbandonano il “Marchese” (e quella combriccola definita i “muti di Zorro”). Il tutto dopo circa un anno di “dadaumpa” dalla vittoria. La Morabito inoltre, una delle più votate in Consiglio, aveva già abbandonato il gruppo del Pd per aderire a Impresa Calabria sei mesi prima, a primavera inoltrata, forse in preda ad allergie non “benefiche”. Con una lettera protocollata lamentano (e denunciano) una situazione fatta di atteggiamenti simili a quelli del marito che è sempre l’ultimo a saperlo. Rinunciando a una “obbedienza cieca, acritica ed incondizionata, apprendendo delle attività amministrative dall’albo pretorio”. Nei fatti si sentono considerati solo dei numeri (così come pure, poco dopo, un “salvatore” e “santo” stampelliere). Mentre alle decisioni partecipano altre figure, e non “pari inter pares”, habemus marchesum. Quali, non vengono specificate. Anzi, lamentano anche un presunto “mobbing” consiliare da parte del Falleti (l’ex Obama e attuale Procuste), con la complicità di Fausto Siclari per un “attacco rivolto pubblicamente” da Falleti, lamentandosi per “l’indifferenza del sindaco” a tale “sgarbo”. Oltre a manifestarsi “altruisti” e bipartisan perché lamentano pure i perpetui silenzi dello stesso per gli “attacchi ben precisi della minoranza”. Accidere ex una scintilla incendia passim.
Su questa diaspora molte cose sono state dette e molte cose mai riferite pubblicamente. Relata refero. C’è chi afferma che questa fuoriuscita è dovuta perché non accontentati di un posto in Giunta, da vicesindaco e assessore. Tale versione sempre smentita da entrambi (anche pubblicamente e via social), mentre dall’altra parte (la maggioranza o chi per essa), il silenzio perpetuo come la luce cimiteriale. Qual è la verità? La sapremo prima o poi in questi due anni rimasti? In attesa di una “commissione di inchiesta parlamentare”, restiamo con questo dubbio atroce che ci consuma e non ci fa dormire, però si mangia e si beve. Cibi condimentum esse famem…
Don Chisciotte senza Mancia
(GiLar)
1. continua