La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 29, Giu 2012
«In conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d’un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare (Giuseppe Garibaldi)». Ma, l’eroe dei due mondi aveva ragione?
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
«In conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d’un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare (Giuseppe Garibaldi)». Ma, l’eroe dei due mondi aveva ragione?
a cura di Giuseppe Larosa
Voltaire nel suo Dizionario filosofico scrisse «Tutti i giorni, nei paesi cattolici, si vedono preti e monaci che, uscendo da un letto incestuoso, senza neppur essersi lavate le mani sozze di impurità, vanno a produrre iddii a centinaia; a mangiare e bere il loro dio, a cacarlo e a pisciarlo. Ma quando poi riflettono che questa superstizione, cento volte più assurda e sacrilega di tutte quelle degli egiziani, ha reso a un prete italiano da quindici a venti milioni di rendita e il dominio di un paese di cento miglia di estensione in lungo e in largo, vorrebbero andare tutti, armi in pugno, a cacciare quel prete che si è impadronito del palazzo dei Cesari».
Siamo in una Chiesa, in una città (indefinita per convenzione), dentro la sagrestia, una coppia di futuri sposi: lui impiegato, lei studentessa universitaria, «Padre – inizia lui – ci piacerebbe sposarci in questa Chiesa il (…), Ed il buono e misericordioso (?) padre (stavolta con la lettera minuscola) risponde: “Va bene, la data è libera, però (c’è sempre un però in questi casi e quel però è…), l’offerta volontaria è di 1.000 euro”». Questo, quanto è accaduto ad una coppia di sposi che sogna il fatidico “Sì” del per tutta la vita (mera e crudele illusione), dialogando con un signore (rigorosamente con la lettera minuscola), tutto profumato e vestito con un paio di jeans a vita bassa (marca Hugo Boss), scarpe a punta in pelle martellata (marca Paciotti), asserendo di essere un prete (sempre in minuscolo) che gli espone un prezzario di “prestazioni d’opera” ecclesiastiche. Al Nord (in provincia di Bergamo) per una cresima il parroco ha chiesto per l’addobbo floreale 100 euro a testa a circa 35 famiglie, e nel giorno della funzione conti alla mano c’erano tre piante grasse e una decina di calle (dopo la celebrazione un furgone di una ditta floreale dopo la fine della funzione se è portato via tutto). Quindi, facciamo due conti: cento euro per trentacinque fanno 3.500 euro: alla faccia dell’addobbo.
Un’altra città, altro luogo, altro prete (sempre in minuscolo), messa per un funerale. Dopo la messa, un parente chiede al figlio del povero defunto, “Gli hai dato qualcosa al prete?”, e lui, “Il prete? E che bisogna pagare anche i preti quando dicono i funerali?” – “Eccome. Un’offerta gliela devi dare, almeno 50 euro su (sic)” – E lui, “Ca….o! 50 euro per una messa? Me la fa almeno la fattura così la scarico?”.
Poi, attraverso indagini ben documentate si passa da un minimo di 20 euro per un anniversario di morte (dipende dalla parrocchia e dalla sua importanza); intorno ai 100 euro ed oltre per un battesimo, magari qualche altre centinaia di euro per altre funzioni che la chiesa per chi è cattolico praticante gli “impone” altrimenti non possono fare tutti i sacramenti. Sì è vero, sono dei sacramenti con tanto di listino prezzi camuffato in “offerta volontaria”, d’altronde siamo nella casa dello “spirito” non potrebbe essere altrimenti.
Sarebbe utile e “cosa buona e giusta” per i fedeli, apporre dentro la chiesa un listino prezzi, così da far regolare ognuno su come agire e scegliere compatibilmente con le date e le condizioni le loro funzioni da fedeli, credenti e peccatori (come me).
Mi racconta una signora di mezza età che va ad ascoltare la messa tutti i giorni, che il prete di quella parrocchia parla molto bene, è un santo, “dovresti vederlo”. Purtroppo l’ho visto, lo descrivo, alto, magro, capelli con messa in piega e mesh (colpi di sole biondi “come onde che si confondono tra le rocce scure”, così diceva dei suoi capelli), occhiali da sole larghissimi alla moda (costo 200 euro), stile “calabrone dormiente”, pantaloni a vita bassa credo Jacobs Cohen (circa 200 euro il costo) oltre alle famose scarpe griffate (viste in vetrina al costo di 289 euro)…e poi, ah dimenticavo, sopracciglia sfoltite con “pinzetta piezometrica”, non c’è altra spiegazione a questo scempio “sopraccigliare”. Ed è lo stesso che, durante una partita di calcio, parlava con un suo vicino di posto, alle mie spalle, asserendo con fatica e serietà “se la mattina quando esco da casa non mi do una spruzzata del mio profumo Hugo Boss non riesco ad iniziare la giornata”. Caspita come parla bene e come se parla bene…ma spende anche bene direi… Come si sol dire in questi casi, oltre alle “vie del Signore sono infinite” anche “mistero della fede”.
Ma è pur vero che come tutte le cose, ci sono molti sacerdoti, servi di quel Signore che camminava scalzo con qualche straccio addosso predicando la parola di Dio e che mai ammetterebbe una condizione del genere, basti vedere le testimonianze raccolte nel Vangelo e si capirebbero molte discrepanze con l’attualità ed i suoi contorni.
Nel 2007 uscì un bellissimo pezzo su Repubblica di Curzio Maltese che parlava di soldi nella chiesa, quella apostolica romana, e parla di un servo del signore, che asseriva che nel 1986 “si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati”. Le finanze vaticane sono una scatola vuota.
Quel “servo” porta il nome di Camillo Ruini, già presidente della Cei, e l’anno dopo, quando fu Giovanni Paolo II a chiamarlo a Roma “il giovane vescovo di Reggio Emilia”, nel ventennio successivo sia da segretario che da presidente dei vescovi, trasformò la Cei in una potenza economica, mediatica e politica.
Quell’ascesa economica ha una chiave e si legge in una parabola “otto per mille”. Un fiume di soldi che comincia a confluire nelle casse della Cei, soldi degli italiani con il prelievo diretto dell’Irpef.
Dopo quasi venticinque anni fa, quella chiesa che non riusciva nemmeno a pagare gli stipendi ai suoi “quattro impiegati” e nonostante snobbata da molti giornali laici, scossa dagli scandali che l’hanno attraversata in questi anni, è ancora (purtroppo) una Chiesa ancora viva.
Una chiesa che è capace di riconoscere movimenti come “Comunione e Liberazione”, che di soldi ne ha iosa e che di scandali ne ha procurati tanti così come anche di scoprire l’antimafia con il prete, vittima di mafia, don Pugliesi a Brancaccio ed altri.
La Chiesa scoppia di salute, eppure si svuotano così come le sagrestie, c’è anche la crisi di vocazioni che “in vent’anni hanno ridotto i preti da 60 a 39 mila” ed altri sacramenti religiosi come il matrimonio ed il battesimo sono in costante diminuzione (magari se abbassassero le tariffe entreremmo in un regime concorrenziale come prevedono i mercati).
Una volta un teologo progressista affermò queste testuali parole, “La Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”, quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.
lalanternadidiogene@approdonews.it