La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 14, Set 2012
Mons. Morosini: “Dio perdona tutti”…anche i mafiosi. Il perdono è la vendetta della saggezza
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Mons. Morosini: “Dio perdona tutti”…anche i mafiosi. Il perdono è la vendetta della saggezza
a cura di Giuseppe Larosa
La mafia è un fenomeno pericoloso per la società ed è da condannare fermamente come ogni altra piaga delinquenziale che crea terrore e morte in una società. La “mafia è una montagna di merda”. Fatta questa premessa, leggo un editoriale del direttore de “La Riviera” Pasquino Crupi, indirizzato a due parenti di vittime di mafia, la signora Adriana Musella e il signor Mario Congiusta. La prima che è anche presidente dell’associazione Riferimenti alla quale gli è stato ucciso il padre a Reggio Calabria, un imprenditore salernitano Gennaro Musella, con un’autobomba. Mentre al secondo nel 2005 il figlio Gianluca perché “tentò di sventare una testata estorsione ai danni del suocero”. Entrambi parenti di vittime di mafia.
L’altro personaggio, che è poi quello chiave di questa riflessione è il monsignor Giuseppe Fiorini Morosini vescovo di Locri-Gerace che durante la celebrazione della messa a Polsi nella sua omelia dice «La Chiesa predica il perdono di tutti e lo fa in nome di Gesù Cristo, la Chiesa annuncia il perdono anche per i mafiosi, non ci faremo intimorire dalla stampa che aspetta da noi sacerdoti parole di disprezzo, noi queste parole non le diremo mai, ma chiameremo a conversione tutti», ma aggiunge pure che la Chiesa «(…) alzerà la mano e concederà il perdono, anche se gli uomini sanno che poi dovranno saldare il conto con la giustizia terrena». Importante questo passaggio nel complesso con la “giustizia terrena”.
Di colpo la rivolta delle coscienze da parte di due “vedette” dell’antimafia, così come li definisce Pasquino Crupi, che si inalberano contro questa scelta (a mio avviso condivisibile) della chiesa nelle parole di mons. Morosini. Ai due impegnati perennemente contro la mafia in ogni circostanza tra manifestazioni e occasioni piazzaiole non piace questa presa di posizione della chiesa tanto che il sig. Congiusta nella sua lettera ad un giornale dichiara che gli “rimane solo la scelta di non frequentare più le Chiese della Locride”. Ma nella sua lettera da una parte “accusa” in quelle parole un’arroganza da parte di Morosini appropriarsi di un “diritto” in nome di Gesù Cristo e quindi di perdonare chiunque (mafiosi compresi), ma poi, di un altro “diritto” ma diverso, si appropria il Congiusta quando dice Lollò Cartisano (Il fotografo sequestrato nel 1993 a scopo estorsivo dalla ‘ndrangheta, ma, nonostante il pagamento di un riscatto, non venne mai liberato. Solo nel 2003 fu ritrovato il suo corpo grazie ad un pentito), come altri “ascoltando il vescovo Morosini, si starà rivoltando nella tomba”. E perché mai? Mica tutti la pensano come lei sig. Congiusta? Come lei stesso ha anche scritto c’è anche una “giustizia terrena” a cui darne conto, ma nessuno di noi si deve arrogare il diritto di contestare la giustizia cosiddetta divina, e un ministro della chiesa porta la parola del Signore (e glielo dice uno che non è che è molto in sintonia con questi ambienti ecclesiastici), altrimenti quel povero Cristo in croce perché si è fatto crocifiggere? E poi basta leggere alcuni passi del Vangelo e si renderà conto che quello che ha detto mons. Morosini nei fatti non è “eresia”. «Il perdono è la qualità del coraggioso, non del codardo» diceva Gandhi. Il dolore che lei prova è umano e comprensibile, la perdita di un figlio “barbaramente ucciso dalla ‘ndrangheta” è un vuoto che mai nessuno riuscirà a colmare né la giustizia divina come nemmeno quella terrena. E così come ho dissentito dalla sua lettera, a pari merito dissento dalle parole della sig. Musella quando dice che “Chi si proclama cristiano non può appartenere alla mafia”, chi lo ha stabilito questo? Non si può essere mafiosi e pentirsi davanti a Dio? Dopo essersi sicuramente pentiti davanti agli uomini e dinanzi a chi hanno procurato del male. Il concetto di perdono è un termine astratto che se portato avanti su dei valori di tolleranza, acquista un bene primario nell’umanità ed un passo avanti verso rivoluzione culturale che in Calabria come in altri luoghi dove la mafia si respira quotidianamente, va fondata. Nessuno di noi si deve arrogare il diritto di stabilire chi sono i buoni ed i cattivi e soprattutto se una nostra idea sia diversa dalla nostra dobbiamo stilare giudizi sommari. L’antimafia quella sociale e non quella forcaiola o piazzaiola (o magari approfittatrice di questa parola per conseguire ambizioni personali di successo come fanno alcuni, anzi tanti e diversi), è basata anche sulla tolleranza e sulle aperture sociali verso chi, per diversi motivi, ha scelto la strada del malaffare e del facile guadagno con persecuzioni e terrore. Mietendo vittime e dolore. Ma non per questo non dobbiamo arrogarci il diritto di non dare una seconda possibilità nella vita. Sono d’accordo con le parole della sig. Musella quando dice che i soldi della ‘ndrangheta, quelli che “puzzano di mafia” non devono essere accettati, e questo l’ho scritto molte volte così come ho scritto lo scandalo che un assassino come De Pedis sia stato insignito da una chiesa, e non da tutta la chiesa come “benefattore”.
Ma solo voi che avete sofferto il dolore di una perdita causato dalla mano violenta della mafia potete dare l’esempio di una rivoluzione sociale con la tolleranza, ma senza giudicare, quello lasciamolo a chi ha le competenze sia terrene e poi divine.
lalanternadidiogene@approdonews.it