La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 09, Ott 2012
Minetti e Laganà: quando le dimissioni non combaciano con la questione morale
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Minetti e Laganà: quando le dimissioni non combaciano con la questione morale
a cura di Giuseppe Larosa
Come in un gioco, due donne e l’aspettativa di uno stesso destino. Le proprie dimissioni dagli incarichi istituzionali ricoperti, contro le ipocrisie di circostanza che chi, come loro, per un motivo o per un altro si arrampica sugli specchi stando incollati al proprio posto. Nicole Minetti e Maria Grazia Laganà e nel mezzo la questione morale che rimane un concetto in disuso e fuori moda.
Da Nord a Sud, da centrodestra a centrosinistra nulla di nuovo in quella linea di demarcazione. Ed ecco quantomai necessaria riorganizzazione delle forze politiche per esprimere personalità dietro una forte, accurata e seria selezione degli uomini da candidare.
A Milano un’ex ballerina Nicole Minetti ed avvenente igienista dentale dell’ex premier Silvio Berlusconi, per non meglio precisati meriti viene candidata nel Partito della Libertà come consigliere regionale della Lombardia e per giunta nel listino bloccato, la stessa è coinvolta in molte questioni giudiziarie ed è presente in molte intercettazioni telefoniche tra cui il famoso scandalo delle “olgettine” e del “Bunga Bunga”, l’harem dell’ex premier. Ma non finisce qua, è la “custode” a cui viene consegnata la sera del famoso scandalo della presunta nipote di Mubarak, in arte “Ruby Rubacuori” dove ci fu la famosa telefonata alla Questura di Milano per il quale si sta celebrando un processo a Milano contro l’ex premier per concussione e prostituzione.
Nicole Minetti, anzi l’on. Minetti come se nulla fosse continua ancora sedersi sui banchi del consiglio regionale lombardo, è un’attiva consigliere come presenze e si prende uno stipendio che si aggira intorno ai 15 mila euro al mese (più indennità). Tutti le chiedono di dimettersi, ma lei come la stessa ha dichiarato di recente in una trasmissione televisiva, “non glielo hanno chiesto e semmai il segretario Alfano lo farà, prenderà in considerazione la questione delle dimissioni”, e sì prenderà in considerazione, non che si dimette (sic). Poi nonostante le polemiche, lei che fa, sfila per una nota marca di costumi da bagno presentandosi “mezza nuda” ed apriti cielo. Ma che sarà mai! Per i non smemorati ricordo un ex sindaco di Milano Albertini si mise in mutande come anche un consigliere, sempre del PdL di un comune della provincia di Firenze,, Monica Castro si spogliò rimanendo in mutande e reggiseno. Magari questi ultimi lo fecero per protesta, la Minetti invece lo ha fatto per soldi. Ma non è questo il motivo per cui si dovrebbe dimettere ma altri e ben più gravi che abbiamo citato e che molti giornali hanno riportato.
Al Sud invece c’è un’altra che però non si spoglia ma nemmeno si dimette dopo una condanna di primo grado a due anni per truffa, falso ed abuso d’ufficio. Il suo nome è Maria Grazia Laganà, stavolta del centrosinistra e precisamente del Partito Democratico. La Laganà è famosa solo per essere la vedova del vicepresidente del consiglio regionale calabrese Franco Fortugno assassinato nel 2005 a Locri. “Per i giudici la Laganà è responsabile di una truffa ai danni dell’ente sanitario per alcune forniture di materiali assegnati senza regolare appalto” , la ditta in questione è la Medinex (che tra le altre cose è finita tra le indagini reggine dell’antimafia). Il centrosinistra mantiene sempre la solita tradizione che oramai si tramanda da anni, quella di candidare le vedove o chi ha avuto congiunti eccellenti uccisi, lo ha fatto con la moglie del gisulavorista D’Antona ammazzato dalle Brigate Rosse, lo ha fatto con la mamma di Carlo Giuliani per arrivare alla vedova Fortugno.
Lei, all’indomani della sentenza dice, oltre alla scontata dichiarazione di essere innocente, che reputa “doveroso autosospendermi da ogni incarico di partito, dal gruppo parlamentare e anche da iscritta del Partito Democratico”, ma non di dimettersi dallo scranno parlamentare (sic). Ed oltretutto quell’inchiesta per cui c’è stata adesso la condanna, è scattata nel 2006 dopo la relazione del prefetto Basilone, nominato commissario all’Asl di Locri in seguito allo scioglimento dell’Azienda disposto all’indomani dell’omicidio di Fortugno.
Nessuno ambisce ad essere un bacchettone, ma che senso ha dimettersi dagli incarichi di partito e restare a fare il deputato? E non è che l’attuale legge elettorale che ha consentito l’elezione a deputato abbia dato delle “preferenze” perché chi siede in quegli scranni è semplicemente nominato dai partiti. Quindi, logica vuole che se uno si autosospende da un partito se ne dovrebbe andare a casa, via dal Parlamento, è logica ed anche, consentitemelo di dirlo, questione morale da seguire come minima cosa.
Minetti e Laganà, due nominati, la stessa soluzione da seguire: dimettetevi. Sarebbe un grande ed onesto servizio allo Stato, alla comunità per dare credibilità ed esempio ridando fiducia ai cittadini che il prossimo anno, e che quasi certamente voi non ci sarete, alle prossime tornate elettorali cui saranno chiamati a votare.
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