La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 27, Mag 2013
«Cittu ca tu si filmmina, non su così pi tia», «Calabria, la donna non vale nulla». Elecubrazioni di ordinaria follia
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
«Cittu ca tu si filmmina, non su così pi tia», oppure un altro (inquietante diversivo), «Calabria, la donna non vale nulla». Elecubrazioni di ordinaria follia
a cura di Giuseppe Larosa
«Cittu ca tu si filmmina, non su così pi tia», oppure un altro (inquietante diversivo), «Calabria, la donna non vale nulla». Sono due dei passaggi sintetici di quanto è stato scritto in due importanti quotidiani nazionali da due “calabresi” che si sono spacciati per tali, buttando un’onda di denigrazione non solo verso una terra già martoriata di suo, ma per descrivere la condizione della donna (oggetto) trattata in tali contesti , ad uso e tradizioni popolari. A questi vorrei associare la definizione (da Wikipedia) di “sciacallo”: «Gli sciacalli occupano una nicchia ecologica (…) predatori di piccoli animali e, soprattutto, mangiatori di carogne (…)».
Ed in termini culturali (sempre da Wikipedia), «viene spesso usato in senso denigratorio per riferirsi a persone, soprattutto per indicare chi trae in qualche modo giovamento dalle difficoltà altrui». E come disse Peppino De Filippo in un famoso film “ho detto tutto”.
Ho sempre pensato che quando si scrive delle donne, e l’ho sempre fatto da calabrese come suggeriva Diderot che “Quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell’arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle”.
Consiglio questa frase ai corregionali Domenico Naso che di professione fa il giornalista ed a Francesca Chaouqui che di professione (da come c’è scritto nella lettera inviata al Corsera) fa il direttore delle relazioni esterne di una multinazionale.
Leggendo entrambi i pezzi mi viene in mente la scena finale di Blade Runner che “metaforizzando” potrei dire che “ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Donne che fanno il voto a San Francesco di Paola per avere un figlio maschio. Ed ho visto imbecilli che dicono cose che voi abitanti calabresi non avreste mai sognato”.
Tutto questo per descrivere l’ennesimo “femminicidio”, così viene descritto perché di moda questo termine, quando poi l’assassino efferato della dolce e piccola Fabiana è stato perpetrato ad un mostro, un omicida consapevole che voleva uccidere, e non dal “fidanzatino” così come venne definito (inopportunamente) da molti media nazionali. Ed invece no. Lui, questo Davide è solo e semplicemente un mostro, un assassino capace di intendere, volere ed uccidere perché non si infliggono diverse coltellate ad una ragazza e poi si inferisce in modo violento sul suo corpo versando una tanica di benzina e bruciarla ancora viva.
Non si tratta di una condizione regionalistica o territoriale, si tratta di un assassinio che è uguale così come in Calabria anche in qualsiasi altra Regione del Centro o del Nord. È semplicemente un assassinio che spero che la Giustizia di una prova di esempio che trovi conferma nella certezza della pena e nel carcere duro, ma non come punizione, ma come per educarlo alla cultura dello stare civilmente e del saper vivere con gli altri. Di avere rispetto per le condizioni sociali del proprio ambiente ma anche di avere rispetto per chi la pensa diversamente o per chi gli dica “No”.
E tra San Francesco di Paola e q uel “so meglio di molti altri quanto vale la donna nella mia regione: zero”, c’è un’analogia di fondo che puoi andare quanto vuoi da San Francesco per farti dare un figlio maschio, ma sappi che quel figlio tu lo potrai fare solo con una donna. Ripeto, con una donna. È la legge naturale della vita ed essa va rispettata per come si presenta. E nessuno di noi ha ed avrà il diritto di invertire gli ordini delle cose né di spezzare vite umane che hanno avuto solo la colpa di spacciare amore quel che amore non è. In tutto questo maledetto circo mediatico l’atteggiamento di grande orgoglio, quello calabrese, è stato dato ed “offerto” proprio (ironia della sorte) da una donna, la mamma di Fabiana che ha detto non solo di volere giustizia ma andando oltre ha pronunciato testuali parole “Anche lui è una povera vittima”. Sì è vero cara signora anche lui è una vittima, ma allo stesso tempo siamo tutti vittime. Siamo vittime non solo del massacro di sua figlia ma anche di questo disagio sociale e dei tanti “luoghi comuni” che si sono creati attorno a questa triste vicenda.
Alla fine in Blade Runner quando Roy stava per morire prounuciò queste parole, «E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». E le lacrime adesso sono ancora vive e non si possono confondere con la pioggia, ma adesso, proprio adesso, è tempo di fare silenzio ed avere rispetto del dolore di chi quelle lacrime li sta versando amaramente.