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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 16 DICEMBRE 2024

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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

| Il 21, Set 2013

Lo scioglimento per mafia dei Comuni e l’ombra del Gattopardo

a cura di GIUSEPPE LAROSA

La lanterna di Diogene

Lo scioglimento per mafia dei Comuni e l’ombra del Gattopardo

 

a cura di Giuseppe Larosa

 

Sciogliere un Comune per infiltrazione mafiosa, costa e costa tanto, sia in termini economici che in termini sociali. Ed allora, perché non si cerchi una soluzione appropriata che sia al “passo con i tempi”? Cercando di limitare i danni, non solo alla casa comunale, ma anche (e soprattutto), ai cittadini che inconsapevoli, pagano uno scotto durissimo e sono perennemente sotto pressione, perché “targati” come facente parte di un contesto mafioso, nonché protagonisti di tale condizione perché elettori.
La legge sullo scioglimento dei comuni in odor di mafia, nei fatti, fu voluta e soprattutto ideata da Giovanni Falcone, tale strumento serviva ad impedire la cosiddetta infiltrazione all’interno della cosa pubblica della criminalità organizzata. Che molto spesso, o attraverso i propri uomini o con condizionamenti dovuto ad una sorta di “cambiale in bianco” che gli eletti, con il forte appoggio dei clan, saldavano con assegnazioni di lavori negli appalti (dove si annida il maggiore business mafioso), o anche attraverso le redazioni dei piani regolatori che venivano gestiti con una miriade di ombre tra zone urbane e soprattutto zone di campagna, nelle loro varie e impensabili future trasformazioni edilizie.
Se proviamo a cliccare sul web la parola “scioglimento per mafia”, il paese più menzionato è Taurianova, e ad essa vengono associati le parole “western”, “teste mozzate come bersaglio” ed altro ancora, ed è che da qui che si parte, il 1991, anno che fu istituito questo strumento per la prima volta e che sciolse il primo Comune d’Italia. Una legge che solo in Italia viene applicata.
È uno strumento che “vive” e viene applicato adesso da più di venti anni, e finora non ha subito nessuna modifica sostanziale, se non quella del 2009 con il c. d. “Pacchetto sicurezza”, che in un certo qual modo applicava una sorta di “interdittiva” per un (solo) turno elettorale, a tutti quei politici che si sono resi protagonisti ed inclusi nelle varie relazioni di scioglimento. Ma evidentemente non è bastato. La storia come sempre, amica del tempo che è un “giocatore avido”, ci consegna un risultato non molto lusinghiero. Se si pensa che il primo comune, Taurianova, dal 1991 al 2013 è stato sciolto per infiltrazione mafiosa ben tre volte. E nelle relazioni di accesso, le motivazioni sembrano archivi indelebili, come per dire, sempre la solita tiritera. Le stesse famiglia mafiose che sono incluse in un cervello elettronico e che per magia, vengono tirate fuori per redigere una relazione che poi puntualmente, il prefetto ed il ministro di turno, firmano l’assenso per l’estremo provvedimento.
Sono dati da far rabbrividire, oltre quaranta comuni sciolti solo nella provincia di Reggio Calabria, città capoluogo compresa. E che insieme alle altre province calabresi raggiungono un numero impressionante di circa 75 comuni (sic!).
Se tale condizione accade, qualcosa che non va ci sarà o no? È la legge che non funziona così com’è concepita e che non ha subito alcun rinnovamento? Siamo davvero un popolo di infiltrati mafiosi? Per non parlare poi delle varie province siciliane, campane e pugliesi, e diciamolo pure anche del Nord, i mafiosi sanno esportare bene il loro prodotto e lo radicano pure, ovunque essi mettono il proprio nido.
Certamente la Calabria terra non mafiosa non è! I mafiosi ci sono eccome, e c’è anche una atavica mentalità mafiosa che solo gli imbecilli non si accorgono. Lasciando stare i paladini meridionalisti che quando si dice che il Sud è mafioso, gridano al complotto, ma a questi, è pur vero che si aggiungono un’altra “razza” paladina, gli antimafiosi (di professione ed a convenienza), che vedono mafia ovunque e che a loro gli conviene perché traggono benefici e beneficio. Alcune associazioni (ed altro), nascono come funghi subito dopo lo scioglimento di un comune, per poi impartire lezioni di moralità, guardando la pagliuzza nell’occhio dell’altro, tralasciando l’enorme fuscello che risiede nei propri occhi. Sicuramente, l’antimafia rende ed io personalmente, ho paura a volte di questa antimafia, definita sociale, che della mafia stessa. Ma questo è un discorso che sarà affrontato a suo tempo con carteggi e testimonianze reali. Fare un elenco di queste realtà “sociali” è quasi impossibile, però basti capire è semplice, basti notare le candidature alle elezioni tra eletti, trombati e non considerati, si trovano tra i gioiosi e quelli con i mal di pancia perché non considerati da alcun partito politico.
L’altra faccia della medaglia è che nascono anche associazioni contro la legge sullo scioglimento, uno tra tutti “Liberi di ricominciare”, che allo stesso tempo, come un circolo vizioso vengono attaccati dagli antimafiosi di professione di essere a favore della mafia, e come in una giostra manca solo il carillon e c’è chi mette il carico da undici, quando a questi si associano la raccolta delle firme sui referendum voluti dai radicali e che hanno in se una proposta di revisione della Giustizia e delle sue pene. Beccarla li aveva anticipati di qualche secolo. Però, è anche giusto e fisiologico un ammodernamento generale della giustizia in Italia, dal punto di vista del tempo dei processi e soprattutto delle responsabilità. Senza però intaccare o delegittimare la magistratura che resta un organo indipendente dello Stato a cui si deve l’alto e doveroso rispetto di esso e delle sue leggi.
La legge va cambiata, non c’è ombra di dubbio. Certamente, un cambiamento sta nel ridurre il periodo di commissariamento, non si possono commissariare fino ad un massimo di 24 mesi. Cos’ si rovina un tessuto sociale ed il rapporto tra cittadini e territorio in cui si vive. Degli “estranei” catapultati da Roma, non sanno nulla del territorio, delle condizioni socio-economiche e di altro ancora. E molto spesso, i cittadini rimpiangono le vecchie giunte. Quella bonifica dei “risolutori di Stato” si trasforma in una sorta di paralisi amministrativa, così è sempre stato e così sarà sempre.
Un’altra questione annosa sta anche nei dipendenti comunali, ed è questa che vizia, e non di poco, la legge sullo scioglimento per mafia. nel 1997 nasce la cosiddetta “Legge Bassanini” che toglie molte responsabilità operative ai politici e glieli consegna ai dirigenti di settore. Succede che, chi è eletto avulso dalle responsabilità operative. Perché sono loro che gestiscono appalti e che fanno le varie determine operative. Questo è un punto che molti partiti politici nelle loro “arringhe” oppositive non hanno mai menzionato. Ed è proprio lì che si annida il potere dei clan, facendolo restare intoccabile e operativo.
Certo è che nel 2009 sempre con il citato pacchetto sicurezza un passo avanti si è fatto perché gli impiegati infedeli alle leggi, dovranno essere allontanati dagli uffici ove si è consumata la presunta collusione.
Ed alla fine di ogni ragionamento, ci ritroviamo viste le statistiche nazionali in tema di scioglimenti per infiltrazioni mafiose, in una situazione reale di gattopardesca memoria, tutto cambi affinché nulla cambi.

lalanternadidiogene@approdonews.it