La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 14, Apr 2012
Ma quando il sipario calerà, cosa resterà a Monasterace oltre la Lanzetta?
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Ma quando il sipario calerà, cosa resterà a Monasterace oltre la Lanzetta?
a cura di Giuseppe Larosa
Ma quando il sipario calerà, cosa rimarrà di tutte queste passerelle? Tra sorrisi, abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle tanto da formare una cartolina ricordo da spedire. Resta, per ora, l’ennesima lettera di minacce al sindaco di Monasterace Maria Carmela Lanzetta ed il suo sorriso timido e triste.
Si è scomodato persino il segretario nazionale del Partito Democratico Bersani per dare la sua solidarietà e l’incitamento a non mollare, per una volta ecco il PD essere “attore protagonista”. Ci sono stati gli abbracci del ministro Foriero e la visita della commissione parlamentare antimafia. Tutti insieme appassionatamente a elargire parole di conforto, sostegno, ma poi, ecco un aereo per Roma che li ha portati via. Ed ecco Maria Carmela Lanzetta restare sola, nel suo territorio, nella sua città a combattere contro dei mulini a vento che a differenza di quelli del personaggio di Cervantes, questi sono implacabili, temibili e violenti.
E mentre un’altra donna, quella Daniela Santanchè, affermava che la Minetti è come Nilde Iotti per il suo status di amante, e non si capisce dove a volte li va a cercare simile “cazzate” perché a pensare una cosa del genere non basta solo il coraggio ma anche molto stomaco e soprattutto sintomi di disturbo mentale. Ci sono donne che vivono da sole a fare i sindaci nelle proprie città ed affrontare tristi realtà che quotidianamente si presentano puntuali contro ogni loro azione. Oggi una crivellata di proiettili e domani qualche macchina incendiata o magari un’abitazione e poi la routine delle lettere di minacce di morte. Uno sport quello della criminalità mafiosa che per essere sempre preparata si allena frequentemente lasciando sempre nel vivo una strategia della paura che trasmette disagi e paura nella nostra vita, anche nei nostri affetti più intimi.
Che vita è questa, vivere sotto scorta? Ma che vita è se uno dovrebbe avere paura di agire secondo le regole democratiche di un paese civile che è in preda ad uomini che fanno parte di quella “montagna di merda” che definiva il povero Peppino Impastato. E che risposte sono quelle che oltre alle parole di conforto, i fatti stanno a zero? Perché non è una passerella da cartolina che risolve i problemi di una città e del suo sindaco seriamente minacciato dalla criminalità mafiosa. gli strumenti dovrebbero essere tanti e soprattutto repressivi legalmente e perentoriamente. Ed il paradosso maggiore si ha quando tutti quanti sanno usare parole di circostanze per la Lanzetta ma che poi si legge una nota di un sindacato di polizia che afferma, lamentandosi, che hanno carenza di uomini nei propri commissariati e che per questa mancanza non possono garantire una scorta e la relativa sorveglianza al sindaco di Monasterace, seriamente minacciato dalla criminalità mafiosa. Il sipario scende e la solitudine avanza.
Le regioni del Mezzogiorno d’Italia vivono, anzi convivono in una condizione di paura e di posizione sotto scacco della mafia e di quei delinquenti che si atteggiano a mafiosi tanto per darsi delle arie, ma sempre mele marce sono. Lo Stato ha i poteri e gli strumenti per reprimere questa piaga, ha molte leggi che possono impedire questa situazione, basterebbe semplicemente applicarle e dare di conseguenza una certezza perentoria della pena. Lo Stato può benissimo andare a controllare nei vari Comuni quello che si produce, come si produce e quali interessi vengono toccati, e lo si può fare con estrema facilità magari andando a controllare chi sono per persone che amministrano, i loro apparati ed i loro dipendenti. E quando poi ci sono sindaci coraggiosi, onesti come Maria Carmela Lanzetta, come Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, questi vengono oscurati da altri che della legalità non conoscono nemmeno il significato. Ma non legalità intesa come persecuzione giudiziaria ma intesa come condizione culturale. Sviluppo di una società con l’educazione al rispetto ed al concetto di Stato e della sua moralità, principio fondamentale dell’etica pubblica.
Platone ci insegnava che «L’anima non porta niente con sé nell’altro mondo tranne la propria educazione e cultura».
lalanternadidiogene@approdonews.it