LA LEGA: “SI VADA AL VOTO”
redazione | Il 06, Set 2010
Berlusconi non parla, ma la Lega mostra segni di insofferenza dopo l’attacco di Fini dal palco di Mirabello. “Si vada al voto non c’è alternativa – dice il ministro dell’Interno Roberto Maroni
LA LEGA: “SI VADA AL VOTO” IL PREMIER INCONTRA BOSSI, FELTRI: FINI INFAME
Berlusconi non parla, ma la Lega mostra segni di insofferenza dopo l’attacco di Fini dal palco di Mirabello. “Si vada al voto non c’è alternativa – dice il ministro dell’Interno Roberto Maroni
Berlusconi non parla, ma la Lega mostra segni di insofferenza dopo l’attacco di Fini dal palco di Mirabello. “Si vada al voto non c’è alternativa – dice il ministro dell’Interno Roberto Maroni – Mi pare evidente che sia rinata Alleanza Nazionale, un partito che assicura gli interessi del sud più che quelli della Padania che per Fini non esiste ma per noi esiste”.
«La situazione ora è difficile, così è dura andare avanti, e come se il presidente della Camera avesse detto: ‘non voglio accordi con il Carroccio, anzi’, ce l’ho con il Nord». Ma resta il fatto che il programma di governo deve essere esattamente quello che prevede il «federalismo». Un punto di non ritorno che i leghisti sintetizzano con questo concetto:o è così o si va al voto.
Oggi Berlusconi incontrerà Bossi e domani riunirà lo stato maggiore del Pdl. La strada verso le elezioni, insomma, sembra sempre più in discesa.
IL GIORNALE ALL’ATTACCO «Dice alcune cose e il loro contrario. E tace su molto, troppo, per essere credibile». Il giorno dopo «lo strappo di Mirabello» il Giornale diretto da Vittorio Feltri respinge al mittente le accuse di «infamia»: “Le infamie di Fini” è il titolo di prima pagina, corredato da un editoriale a firma del vicedirettore Alessando Sallusti che stronca l’intervento del leader di Fli. «È infame chi tradisce qualcuno (lui ha tradito il Pdl e i suoi elettori), è infame chi non dice la verità», scrive Sallusti, sottolineando che Futuro e libertà nasce come «il partito dell’odio figlio di una frustrazione personale nata il giorno dopo la fusione di An con Forza Italia», dopo la quale Fini non ha potuto realizzare «il sogno inconfessato di continuare a comandare e disporre come prima». Dopo un discorso che «lascia le cose come prima», sono però «chiari e ufficiali i motivi della rottura» in cui «la politica non c’entra. Semplicemente Fini – spiega Sallusti – odia il Pdl (‘non c’è più, è mortò dice con soddisfazione), odia Berlusconi (‘si comporta come il capo della Standà) odia Bossi (‘la Padania non esistè) odia il ministro Tremonti e i suoi tagli orizzontali e disprezza i suoi ex colonnelli che non l’hanno seguito». E «odia i giornali ‘fogli d’ordine infamì che hanno sollevato la questione della casa di Montecarlo e degli appalti Rai ai suoi familiari». Peraltro, «è un pò da infami rimanere con chi ti fa schifo per opportunismo contingente, per non avere il coraggio di andarsene e affrontare le elezioni». Così come «non ha coraggio, e nemmeno senso del ridicolo» quando non risponde sulla casa di Montecarlo e liquida la questione con «l’insulto», salvo poi dire che «per i politici serve un codice etico perchè la loro attività non deve rispondere solo al codice penale. Evidentemente nella sua testa, l’etica si ferma a Ventimiglia e quello che accade in Costa Azzurra sono solo affari suoi». E «l’ultima infamia e non aver detto che coerentemente con la sua analisi si dimetterà da presidente della Camera».
DIVELLA E SURICO: DISCORSO DA STATISTA Il discorso di Gianfranco Fini a Mirabello «è stato da statista» e «ridà dignità alla politica». Lo sostengono in una nota l’on. Francesco Divella, del gruppo Futuro e Libertà della Camera, e il consigliere regionale pugliese e vice coordinatore regionale dell’associazione che fa capo a Fini, Giammarco Surico. Quel discorso «solleva il velo – proseguono Divella e Surico – dalle reali ragioni per cui i vertici del Pdl, con motivazioni ridicole, hanno espulso il suo co-fondatore e rende giustizia degli attacchi infami e degli insulti subiti da certa stampa e su cui sarà la magistratura a fare chiarezza». Divella aggiunge che Futuro e Libertà «sarà la terza gamba al servizio degli italiani, di tutti coloro che vogliono costruire un futuro di sviluppo, di lavoro, di libertà».
DE MAGISTRIS: GOVERNO E’ MORTO, SI VADA A VOTARE «Fini ha certificato la morte del governo. Nella migliore delle ipotesi, infatti, il suo futuro consisterà nell’essere rosolato a fuoco lento da Fli. I finiani costringeranno l’esecutivo a barattare ogni provvedimento, nella cornice di un braccio di ferro costante che ha un unico motivo: guadagnare tempo per la lotta interna futura, quella per la leadership del centrodestra». Lo afferma Luigi De Magistris, eurodeputato dell’Idv e responsabile giustizia del partito. «A questo punto il presidente del Consiglio – chiede De Magistris – dimostri di avere un minimo di dignità politica e di rispetto della democrazia: si faccia da parte». «Il Paese – sostiene l’esponente dell’ Idv – non può vivere in standby per via di un premier dimezzato e di un ex co-fondatore amletico, che non ha ancora sciolto il dubbio se stare all’opposizione o al governo, incapace di autocritica rispetto a tutti questi anni in cui ha sostenuto il berlusconismo, cioè un sistema di potere che si è macchiato della colpa politica peggiore: sfruttare lo spazio pubblico a fini privati distorcendo gli equilibri democratici». «La parola in questo scenario indefinito e preoccupate – conclude De Magistris – va restituita ai cittadini e al loro voto».
BONINO: ORA TUTTI APPESI A CENA ARCORE «È stato un intervento tutto interno al centrodestra, in qualche modo tutto interno al regime che per esempio non ha affrontato, immagino per scelta, le questioni di fondo delle violazioni della legalità costituzionale in questo Paese». A Radio Radicale la vicepresidente del Senato Emma Bonino commenta il discorso di Fini a Mirabello e sottolinea come sulla legge elettorale ‘ha detto che quella attuale non va bene senza però andare più avanti e senza esprimere una proposta chiara su come superare, a partire dalla legge elettorale, questa situazione molto melmosa e opaca«. »Senza cioè affrontare – sostiene Bonino – il debito vero che questa classe politica ha verso il popolo italiano in base alle riforme referendarie vinte dai cittadini italiani, ma tradite proprio dagli esponenti di questa oligarchia che tiene banco all’interno del regime italiano senza democrazia e senza regole chiare. Questo mi è sembrato il limite dell’intervento di Fini«. »Adesso – osserva Bonino – si va da un appuntamento oligarchico a un altro nel senso che ora siamo tutti appesi alla cena di Arcore . Fini ha sostanzialmente detto a Berlusconi che tutto ciò che prima trattava solo con la Lega ora dovrà negoziarlo anche con lui. Questo darà adito a speranze di terzi poli e quant’altro, ma la preoccupazione per il Paese è che con questa legge elettorale credo che alla fine irresponsabilmente andremo ad elezioni anticipate a marzo«.
PANNELLA: DICA CHE SISTEMA ELETTORALE VUOLE «Se non vado errato, Fini non ha nemmeno toccato la sua scelta del sistema elettorale»: lo ha sottolineato Marco Pannella in un intervento a Radio Radicale, commentando il discorso tenuto ieri a Mirabello dal Presidente della Camera. «Con il senatore Pd Pietro Ichino – ha ricordato Pannella- abbiamo rilanciato l’alternativa uninominalista, lasciando per il resto tutti quanti a discutere se sia meglio il provincellum del porcellum. Voglio ricordare che il quotidiano Le Monde per la prima volta ieri in un editoriale sulla situazione del Belgio – che sta morendo – e dell’Olanda – che sta quasi peggio- individuava come causa della loro crisi senza precedenti, il sistema proporzionale : e vi assicuro è la prima volta che Le Monde prende una posizione di questo genere. Ora noi siamo contenti che Fini, aggredito com’è aggredito, abbia saputo e potuto rilanciare la propria posizione politica, ma da questo punto di vista vorrei dire: basta, noi abbiamo una posizione da confermare, ed è quella della grande riforma antipartitocratica. Essa deve essere, come è stato alla fine del ventennio infame, la fine di un sessantennio che è giunto ad a avere connotati se possibile più infami di quelli del ventennio fascista. Noi siamo per l’uninominale, contro ogni forma di proporzionale. Vogliono i due turni? Benissimo, a condizione che siano i due turni francesi iniziali: vanno cioè alle elezioni nel ballottaggio i primi e i secondi se non c’è nessun eletto. Altrimenti – avverte Pannella – se si adottano altre forme ridiventa la solita solfa italiota. Credo che la nostra posizione non possa che essere censurata perchè è di una chiarezza adamantina della quale ha terrore il regime: uninominale come alternativa subito, subito abolizione totale di tutte le forme di finanziamento della partitocrazia. Subito, perchè il 90 per cento degli italiani lo aveva già deciso con un referendum e quindi c’è un debito rispetto alla legalità».
ROTONDI-GIOVANARDI-CALDORO: SE NON C’E’ MAGGIORANZA SI VOTA «Dopo il discorso di Fini non resta che misurare in Parlamento la possibilità di realizzare il programma di governo e, in particolare, i cinque punti indicati dal premier tra le priorità. In assenza di ciò a primavera si restituisce la parola ai cittadini». Così in una nota congiunta il ministro Gianfranco Rotondi, il sottosegretario Carlo Giovanardi e il governatore Stefano Caldoro, cofondatori del PdL.
GRANATA: GETTATO CUORE OLTRE L’OSTACOLO «Che bella domenica di idee,passione e impegno quella trascorsa con Gianfranco Fini e la nostra comunità umana e politica! A Mirabello non ènato un nuovo partito: èsuccesso qualcosa di molto più importante e straordinario». Lo scrive nel suo blog (www.fabiogranata.it) Fabio Granata, deputato di Fli e vicepresidente della commissione antimafia. «Un grande leader ha ridato senso alla militanza e all’impegno fatto di valori, battaglie, idee, progetti – aggiunge – È nato molto più di in partito: si è rimessa in movimento la Politica, quella che deve saper parlare alle speranze, al cuore e alla ragione. La Politica: non propaganda o sondaggi ma indicazione lungimirante di cambiamento e di futuro». «Questa la risposta, coraggiosa e potente, a chi pensava di condizionarci o dividerci con le minacce o con le finte aperture. Continuiamo così il nostro percorso difficile ma necessario per arrestare il declino e ridare voce alla speranza – conclude – È uno smagliante messaggio di speranza quello che parte da Mirabello. Adesso spetta a noi ma anche a tutti coloro i quali in questi mesi difficili ci hanno esortato a non cedere e ad andare avanti riuscire a costruire cambiamento e innovazione, legalità e sviluppo. Noi, con Fini, abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo: adesso inizia il difficile, e il bello, di questa impresa».
CASINI: BIPARTITISMO LIQUIDATO «Èla liquidazione di ogni pretesa di imporre all’Italia il bipartitismo, la pretesa che il mio partito contrattò due anni fa con una colpa solitaria. Per il resto Fini ha confermato la lealtà verso la maggioranza, per cui la maggioranza c’era, la maggioranza c’ e non si capisce perch si dovrebbe andare alle elezioni». Pier Ferdinando Casini leader dell’Udc analizza, ai microfoni del Gr1, lo scenario politico dopo il discorso di Fini a Mirabello. Quanto agli spazi per un percorso comune Casini sottolinea che Fini «è al governo e noi siamo all’opposizione. Certo – aggiunge – l’abolizione delle Provincie, la battaglia per le quote latte, la necessità di restituire lo scettro alla gente se si vota con un sistema di preferenze o collegio uninominale e anche il tema della liberalizzazione e il quoziente famigliare sono battaglie che faremo con Fini. Io mi augurerei che ci fosse anche qualche d’un altro, penso che il Pd, o penso che lo stesso Pdl, che aveva messo nel suo programma elettorale il quoziente famigliare, dovrebbe passare dalle parole ai fatti». Alla domanda se Fini, come dicono ora dal Pdl, debba ora lasciare il suo ruolo istituzionale il leader dell’Udc risponde di non credere che Fini farà il segretario del partito. «È chiaro che è militante di Futuro e Libertà – dice – ma penso che altri dovranno guidarlo, questo per coerenza rispetto al ruolo del presidente della Camera».
CAPEZZONE: INCOMPATIBILE CON PRESIDENZA CAMERA «Comunque la pensi Gianfranco Fini e qualunque siano le sue scelte, per milioni di cittadini italiani si pone il tema della compatibilità tra le sue azioni politiche di questi mesi e la sua permanenza alla Presidenza della Camera». Lo afferma il capogruppo del Pdl Daniele Capezzone. «Nella politica italiana – spiega – si erano viste molte cose, e anche, da anni, una qualche tendenza interventista dei Presidenti delle Camere. Ma mai nessuno si era spinto fino al punto di usare una delle massime cariche dello Stato per la costruzione di un proprio soggetto politico, in polemica quotidiana e costante con un Governo e con una maggioranza. Di tutta evidenza, e la cosa non dovrebbe sfuggire a chiunque abbia onestà intellettuale, lo svolgimento di una funzione super partes è incompatibile con il ruolo di capofazione politico». «Il compito del Presidente della Camera (o del Presidente del Senato, o massimamente quello del Presidente della Repubblica) – rileva – è quello di unire, non di dividere; di rappresentare tutti, non di essere parte in causa. È letteralmente incredibile che tanti commentatori, tanti soloni, tanti analisti fingano di non vedere questo problema ormai enorme e del tutto privo di precedenti».
CICCHITTO: NON PUO’ DARE LEZIONI «Sul terreno del partito francamente il presidente Fini non può dar lezioni». Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. «Non può darne per due ragioni: in primo luogo – spiega – nessuna formazione politica poteva reggere ulteriormente quello che è successo nel Pdl negli utimi mesi. Infatti, si è andati molto oltre la fase iniziale della differenziazione operata da Fini su alcuni temi quali la cittadinanza, l’immigrazione e la bioetica, sui quali si aprì una serena discussione. Invece, nessun partito può reggere senza auto-distruggersi quanto negli ultimi mesi è avvenuto:una decina di dichiarazioni quotidiane che contestavano frontalmente tutto, dal presidente Berlusconi, al governo, al partito. In secondo luogo – prosegue Cicchitto – non ci sembra che la gestione passata di An fosse molto liberale; per fare un esempio: solo per quattro chiacchiere al bar, Fini rivoluzionò in poche ore i vertici del partito». «Per quello che riguarda il presente e il futuro, nel momento in cui il presidente Fini dichiara che il Pdl è finito e dà vita a Futuro e libertà, che ha già il suo gruppo parlamentare, è evidente che, se non ci troviamo di fronte a un nuovo partito, poco ci manca. Per quello che riguarda il futuro, bisogna capire e verificare il più rapidamente possibile se ci troviamo di fronte ad una linea fondata sulla contrattazione politica, oppure sull’intenzione di logorare fino allo sfinimento il governo Berlusconi. Comunque – conclude – è evidente che la differenziazione sul problema della legge elettorale è molto seria e grave perchè su questa legge si sono fatte le elezioni e tutto il Pdl e la maggioranza attuale vi si sono ritrovati. La contestazione della legge elettorale costituisce un vulnus di notevoli proporzioni. Infine, emerge un problema che lo stesso presidente Fini deve porsi: il Presidente della Camera deve essere per definizione al di sopra delle parti anche per gli enormi poteri istituzionali di cui individualmente gode. Nessuno può contestare che oggi il presidente Fini è in a prima linea nello scontro politico: ha fondato un nuovo gruppo parlamentare e ha creato le premesse per la nascita di un nuovo soggetto politico. Fra i due ruoli c’è una contraddizione evidente della quale egli stesso si deve far carico».
RECORD SU TGLA7 Record di ascolti ieri per TGLa7 con lo speciale pomeridiano con il discorso di Fini a Mirabello, condotto da Enrico Mentana, in onda in diretta dalle 18 alle 20 che ha ottenuto 1 milione 162.806 spettatori pari al 10.16% di share. I picchi di massimo ascolto corrispondono al 12,24% di share (alle ore 18.59) e ad oltre 1,8 milioni di spettatori (1.810.100 alle 19.50). «Cosa dice Fini», titolo dello speciale dedicato all’intervento del leader di Futuro e Libertà, è stato arricchito dai commenti di Pier Luigi Bersani, Antonio Di Pietro, Pier Ferdinando Casini, Italo Bocchino, Adolfo Urso, Marco Travaglio, Vittorio Feltri e Francesco Storace. E record anche per il telegiornale serale con il 10,21% di share e 1.882.602 spettatori
“PDL NON C’E’ PIU'” Gianfranco Fini lancia l’opa sul centrodestra tracciando la nuova rotta del suo gruppo, Futuro e libertà.«Il Pdl- dice- non c’è più, appartiene ad una bella e affascinante ipotesi politica che non si è realizzata, è solo una Forza Italia allargata con qualche colonnello e capitano di An che ha solo cambiato generale ed è pronto a cambiarlo ancora». Dal fortino di Mirabello, dove per anni Giorgio Almirante ha galvanizzato una destra nera asserragliata nella rossa Emilia, il presidente della Camera spara palle di fuoco contro Silvio Berlusconi. E rilancia: «siccome è contro natura, contro la fisica, che Futuro e Libertà rientri in ciò che non c’è più, si va avanti con le nostre idee». Fini candida ‘Futuro e Liberta« – e poco conta chiamarlo partito o in altro modo – ad occupare uno spazio vuoto, a realizzare quello che il Partito delle Libertà non ha saputo compiere, tradendo le attese per cui era nato. »Futuro e Libertà non è An in sedicesimo ma lo spirito autentico del Pdl«, di quel partito che »non c’è più dal 29 luglio quando, con un gesto profondamente lesivo non della mia persona ma delle ragioni stesse del partito che non può essere della Libertà se si caccia chi dissente«, in due ore soltanto l’ufficio politico e Silvio Berlusconi hanno dichiarato Fini »incompatibile« e lo hanno cacciato. »Si va avanti – sprona – con le nostre idee e senza farci intimidire dai ‘metodi Boffò, per far rinascere il Pdl e non per tradirne l’origine, per evitare che il governo commetta errori e perchè la legislatura arrivi alla fine, senza cambi di campo, ribaltoni o ribaltini: se lo tolgano dalla testa«. »Non ci ritiriamo nè in convento nè tantomeno andiamo raminghi in attesa di perdono – respinge al mittente le ultime offerte del Cavaliere – perchè Berlusconi, che è uomo di spirito, deve capire che i nostri parlamentari non possono essere trattati come clienti della Standa, che se non cambiano supermercato hanno il premio fedeltà«. Quando si tratterà in Parlamento di votare i 5 punti di programma sui quali Berlusconi chiede la fiducia »i nostri capigruppo diranno sì a nome di tutti, senza distinzioni tra falchi e colombe, perchè non siamo appassionati di ornitologia«. Si chiede però di discutere »con spirito costruttivo«, e di farlo ogni volta »con un nuovo patto di legislatura e non un tavolo a due gambe e con l’acquiescenza del Pdl alla Lega«. Da oggi ci sono »la Lega, Forza Italia allargata« e ‘Futuro e Liberta», chiamatelo partito o come volete. Con questo spirito Fini chiede di «lavorare per unire e non dividere, dando vita ad una politica di qualità, senza insulti, che sappia accogliere anche le politiche dell’opposizione, quando ha buone idee». Avanti «con il coraggio di fare quelle riforme che erano nel progetto originario del Pdl, nell’interesse nazionale». «È avventurismo politico minacciare ogni giorno elezioni – dice ancora Fini rivolto al Cavaliere convitato di pietra. La fine della legislatura sarebbe un fallimento di tutti: mio, suo, perchè quando si ha una maggioranza così ampia il primo dovere è governare, non liquidare il dissenso e mettere alla porta chi non ti è simpatico». La colpa non è mia, torna a dire Fini «non c’è stato alcuna fuoriuscita, scissione, atteggiamento demolitorio» ma solo legittima difesa per l’espulsione dal partito creato «con un atto illiberale, perchè solo nel peggiore stalinismo si può essere messi alla porta perchè si dissente». «Governare – dice invece – significa comprendere le ragioni degli altri e garantire l’equilibrio tra poteri. non ho mai contestato la sua leadership, ma un leader deve essere capace di cercare il compromesso ed il punto di intesa». Il Pdl, quello dal quale Fini non si sente escluso e alla cui leadership anzi si candida «non può essere derubricato a contorno del leader, a coro di plaudenti». Deve essere invece «fucina di idee». E il Presidente della Camera offre le sue: un federalismo equo che non intacchi l’unità del paese, una legge elettorale dove si scelga il premier ma anche i parlamentari («Faccio mea culpa perchè ho contribuito anch’io, ma è vergognosa la lista bloccata»), una riforma della giustizia «dove si rovesci l’approccio, il premier abbia uno scudo che tuteli la sua funzione ed il ruolo» senza amnistie generalizzate. E ancora: immigrazione, giovani, riforma del fisco (con una apertura al quoziente familiare), provvedimenti anti-corruzione. Infine, fuori i sassolini dalle scarpe, mentre in platea Elisabetta Tulliani stringe le labbra e guarda dritto in faccia Fini, sulla campagna di «calunnie, diffamazioni, volgarità che hanno dato vita alla lapidazione di tipo islamico, con un atteggiamento infame perchè diretto non alla mia persona ma alla mia famiglia, ed è tipico degli infami farlo».
BERLUSCONI PESSIMISTA Silvio Berlusconi tace. È forse l’unico esponente politico dell’intero arco istituzionale a non commentare pubblicamente le parole di Gianfranco Fini dal palco di Mirabello. Ma è facile intuire che il premier abbia accolto davvero male l’intervento del cofondatore del Pdl. «L’ha definito cattivo e astioso», riferisce una persona che dice di avergli parlato. Non servono voli di fantasia per capire quale sia stata la reazione: basta mettere insieme le parole dei fedelissimi per dedurre che il Cavaliere non si fa troppe illusioni sull’esito dello scontro con l’ex leader di An. L’intervento non deve averlo sorpreso. Anzi, visto che come ha affermato in serata Umberto Bossi «non ha detto niente di nuovo». Ma era proprio ciò che il Cavaliere temeva di sentire visto che di fatto tutti i nodi al collo della maggioranza restano; anzi, assomigliano sempre piu a un cappio. Sostanzialmente Berlusconi continua a pensare che molto difficilmente si potrà concludere la legislatura. L’ipotesi che si possa stringere un patto che permetta di arrivare al 2013, così come proposto da Fini, si scontra con il sospetto che l’ex leader di An lo voglia solo logorare. Certo, il premier intende esperire tutti i tentativi. Andrà in Parlamento a cercare i voti sui 5 punti programmatici, magari sperando in quei finiani ‘moderatì di cui gli parlano spesso, perchè – come ha detto Fabrizio Cicchitto – la verifica della maggioranza ci sarà solo in Aula. Ma il sospetto di Berlusconi è che l’ex-alleato trasformi i passaggi parlamentari in una palude. Insomma, come pronostica il ‘falcò Mario Valducci, «con queste premesse» sarà difficile trovare un’intesa di legislatura. In questo quadro, a preoccupare ancor di più, è proprio il fatto che Fini sieda sullo scranno più alto della Camera. E visto che, come ha sottolineato Gianni Alemanno, la «fuoriuscita di Fli dal Pdl appare ormai irreversibile», i berlusconiani tornano a chiederne le dimissioni: le chiede il ‘durò Giorgio Stracquadanio, ma anche Cicchitto che falco non è. Tutte considerazioni ben presenti nella mente del premier che per questo resta sulla sua posizione: piuttosto che farmi logorare, preferisco il rischio delle urne. Ed ecco spiegato il pessimismo di alcuni fedelissimo: «Fini ha indicato un orizzonte ben chiaro: il voto anticipato», sintetizza Osvaldo Napoli. «Da domani dovremo avere nella mano sinistra un palottoliere e nella mano destra il calendario per fissare la data delle prossime elezioni», gli fa eco Francesco Giro. Ovviamente dure, per non dire stizzite, le dichiarazioni degli ex di An. Non sono i colonnelli che hanno cambiato generale ma è «il nostro generale che ha cambiato bandiera», afferma Ignazio La Russa rispondendo alle accuse rivolte da Fini. Ma come spesso avviene è la Lega a dire quello che altri si limitano a sussurrare. «La situazione è difficile: per Berlusconi la strada è molto stretta» visto che «se tutti i giorni deve andare a chiedere i voti a Fini e a Casini non dura molto», è la brutale sintesi di Bossi. Del resto persino il solitamente ottimista Roberto Maroni sembra non avere più molte speranze: «La questione e seria», visto che di fatto «è rinata An». Che la temperatura resti incandescente, infine, lo conferma l’ultima polemica nata fra Pdl e Fli: al centro dello scontro il Tg1 di Augusto Minzolini, con i finiani che lo accusano di «faziosità» e i berlusconiani che difendono il direttore.
BOSSI: DURA ANDARE AVANTI Umberto Bossi non vede novità nell’intervento di Gianfranco Fini a Mirabello: «ha dato ragione alla sinistra», dice ma poi conficca bene nel terreno i paletti della Lega: «La situazione ora è difficile, così è dura andare avanti, e come se il presidente della Camera avesse detto: ‘non voglio accordi con il Carroccio, anzì ce l’ho con il Nord». Ma resta il fatto che il programma di governo deve essere esattamente quello che prevede il «federalismo». Un punto di non ritorno che i leghisti sintetizzano con questo concetto:o è così o si va al voto. «È rinata An e a questo punto – avverte il ministro dell’Interno Roberto Maroni – si dovrà valutare se andare avanti, Alleanza Nazionale assicura più gli interessi del Sud che della padania e vuole un nuovo patto di maggioranza, ma se cade questa maggioranza – prosegue – si va dritti alle elezioni e il ministero dell’Interno è pronto a organizzarle in pochi giorni». Il senatur attacca a testa bassa Fini spiegando: «Berlusconi doveva darmi retta, se si andava subito alle elezioni non ci sarebbero stati nè Fini, nè Casini nè la sinistra. Ora la strada è molto stretta e se il premier deve andare tutti i giorni dal presidente della Camera e dal leader dell’Udc a chiedere i voti allora è dura, la strada diventa molto stretta». Il Senatur difende anche il ruolo di Gheddafi sull’immigrazione, ruolo attaccato oggi dall’ex leader di An. Poi un altro colpo all’alleato sulla legge elettorale: «Riecco la banda Dc-Pci-Msi», dice prima dell’affondo finale: «Fini ha venduto il suo partito e non deve dare lezioni a nessuno». Quindi l’annuncio: «domani vedrò Berlusconi».
TULLIANI IN PRIMA FILA La tenera carezza di Gianfranco Fini ad Elisabetta Tulliani, il brindisi del Presidente della Camera con la sua compagna dopo l’atteso discorso politico di Mirabello, la stessa collocazione in platea (tra l’amico e senatore Giuseppe Consolo, la cognata, la fidata segretaria Rita Marino, sotto l’occhio protettivo del fratello di Fini Massimo) sono la pubblica risposta che il leader di An sceglie dopo l’estate rovente delle polemiche sulla sua famiglia e sulla casa di Montecarlo prima di An e poi del cognato Giancarlo Tulliani. «Eli» arriva protetta dalla sicurezza e da grandi occhiali da sole scuri, siede in platea tesa, ascolta Lucio Battisti e non sorride. Intanto Fini sotto il palco aspetta di salire, beve acqua da una bottiglietta, stropiccia gli appunti dell’intervento e aggiusta la giacca del vestito grigio chiaro, che ha scelto di indossare con camicia bianca, cravatta regimental in azzurro, corallo e bianco. La compagna è in pantaloni neri, camicetta di raso azzurro, bauletto Louis Vitton, sandali neri tacco 12. «La libertà in politica esiste ancora e si chiama Gianfranco Fini – chiama il Presidente della Camera sul palco Enzo Raisi – un uomo a cui hanno preso i colonnelli, ma che ha ritrovato il suo esercito». Standing ovation e interminabili minuti di applausi, ai quali la Tulliani non si unisce. «Mai, mai, mai, mai – ripete per quattro volte Fini emozionato – ho sentito nel mio cuore l’emozione così come la sento ora, parlando da Mirabello che per me è un luogo delle emozioni». il luogo dove Almirante lo indicò come delfino, dove è tornato dal leader di An dopo la svolta di Fiuggi e come co-fondatore del Pdl. Fini parla per circa un’ora e un mezzo e, quando non esita a definire «infame» chi lo ha messo al centro della campagna sulla casa a Montecarlo, un «atteggiamento infame perchè- spiega- rivolto non alla mia persona ma alla mia famiglia, tipico degli infami», la Tulliani stringe le labbra, in una smorfia di commozione che dura a lungo. «A differenza di altri io ho il sacro rispetto della magistratura, che dirà quali e quante calunnie, diffamazioni, volgarità ci sono state per dare vita ad una lapidazione di tipo islamico», alza la voce il Presidente della Camera. Elisabetta come Sakineh. Dopo un’ora e un mezzo tutto finisce, Fini scende dal palco in un tripudio di applausi, butta fuori l’aria dalla bocca come dopo un’immersione difficile. La sua compagna lo raggiunge di corsa, passando dietro ai tendoni degli stand. E insieme brindano, prima della cena in allegria al ristorante da sagra di paese della festa, con gli altri finiani.