La Legge è mia! Le riflessioni dell’avvocato Cardona sulla faziosa interpretazione della Legge
Tutto il mondo giuridico degli umani si fonda sulla tripartizione basica scandita da Montesquieu ossia sul potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario.
Da tale assunto ne discende che a tutti i Magistrati ed agli Avvocati non sono conferiti diritti e poteri, ma esclusivamente doveri e funzioni.
I diritti appartengono soltanto ai cittadini.
L’unico punto, che ha apparentemente una minore schematizzazione, è la possibilità -ergo il dovere- di interpretare la legge, col solo limite del brocardo “in claris non fit interpretatio”.
Pertanto, noi operatori del diritto, alimentati da idee adamantine, stiamo vivendo un’epoca illogica laddove la confusione interpretativa rasenta il limite aberrante della insensatezza.
Si dovrebbe ripartire dall’assunto costituzionale, tramandatoci dal sangue delle storiche conquiste civili, laddove il Legislatore, il Magistrato e il Governo vengono chiamati a svolgere funzioni ispirate da decisioni fondate non sul consenso popolare, sempre più defraudato da una insipiente volontà di casta o di loggia, bensì dalla responsabilizzante egida oggettiva dei bisogni.
Solo con un sistema governato da saggi, forse si potrebbe aspirare a risalire la china.
La toga non costituisce solo un capo di abbigliamento, infatti, l’enfatizzazione arcaica che avalla tale assunto, oggigiorno si scontra con il palese svilimento del concetto di dignità e con l’ampolloso e mendace leitmotiv della difesa della libertà del cittadino.
In un Paese moderno, civile e democratico, la Toga indossata dai Magistrati e dagli Avvocati rappresenta la Giustizia, il Diritto e non silenti confraternite avocate alla unilaterale difesa e protezione di interessi strumentali al raggiungimento di finalità individuali o peggio ancora corporativi.
Il liberale Giuseppe Mazzini riteneva che gli uomini buoni fanno buone le istituzioni cattive e che gli uomini cattivi fanno cattive le istituzioni buone.
L’occasione, come è noto, fa l’uomo ladro, ma se i filtri costituzionali e legislativi creati da illuminati cultori delle materie giuridiche, riescono ad arrestare il flusso corruttivo e mascherato da una pirandelliana pantomima legale, si potrebbe anelare ad un riscatto del ceto subalterno, vituperato e vilipendiato dalla bolgia di messaggi subliminali che circuiscono le menti obnubilate dei governati.
La Legge è chiara, la si può interpretare, ma non la si può e non la si deve intendere in maniera strumentale, si corre il rischio di aprire le ante ad un sistema arbitrario fondato sulla insensatezza o peggio sulla sensata interpretazione del soddisfacimento delle pretese unilaterali della parte amica.
“Le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici” (Giovanni Giolitti in Storia e critica, edizioni 69-72, Deutsches Historisches Institut).