La lettera inviata dai sindaci dei piccoli comuni della piana di Gioia Tauro alle autorità di governo
redazione | Il 20, Ago 2011
Ecco il testo integrale
La lettera inviata dai sindaci dei piccoli comuni della piana di Gioia Tauro alle autorità di governo
Ecco il testo integrale
COMUNE DI CANDIDONI – COMUNE DI COSOLETO – COMUNE DI MELICUCCÀ COMUNE DI SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE – COMUNE DI SCIDO COMUNE DI SERRATA COMUNE DI TERRANOVA SAPPO MINULIO PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Silvio Berlusconi
Palazzo Chigi
Piazza Colonna
00187 ROMA
Al Ministro dell’Economia e Finanze
On. Giulio Tremonti
Palazzo Chigi
Piazza Colonna 370
00187 ROMA
Agli Onorevoli Senatori
Francesco Bevilacqua, Dorina Bianchi,
Franco Bruno, Battista Caligiuri,
Luigi De Sena, Antonio Gentile,
Daniela Mazzuconi, Nitto Francesco Palma,
Vincenzo Speziali, Giuseppe Valentino
Senato della Repubblica
Palazzo Madama
Piazza Madama
00186 ROMA
Agli Onorevoli Deputati
Elio Vittorio Belcastro, Dima Giovanni,
Ida D’ippolito Vitale, Antonino Foti,
Maria Grazia Lagana’ Fortugno,
Francesco Laratta, Doris Lo Moro,
Aurelio Salvatore Misiti, Angela Napoli,
Francesco Nucara, Roberto Occhiuto,
Nicodemo Nazzareno Oliverio,
Giancarlo Pittelli, Jole Santelli,
Mario Tassone, Michele Traversa,
Santo Domenico Versace,
Rosa Maria Villecco Calipari
Camera dei Deputati
Palazzo Montecitorio
Piazza Montecitorio
00186 ROMA
Onorevole Presidente, Onorevole Ministro,
Onorevoli Senatori e Deputati eletti nella XXIII circoscrizione (Calabria),
con il Decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, i comuni inferiori ai 1000 abitanti dovranno forzosamente unirsi in una unione municipale con comuni confinanti che hanno anch’essi meno di 1000 abitanti, fino a formare una unione municipale di almeno 5000 abitanti, ove ogni comune eleggerà solo il sindaco in rappresentanza dell’ente.
Sempre i comuni sotto 1000 abitanti che non hanno contermini altri comuni della stessa entità abitativa, eleggeranno il sindaco e cinque consiglieri, con la possibilità di nomina di massimo due assessori e con l’obbligo di formare un’unione di comuni con le municipalità vicine.
Noi amministratori di queste “piccole realtà”, nell’amministrare quotidiano, insieme ai nostri consiglieri e ai nostri assessori, verifichiamo in prima persona l’andamento dell’esecuzione delle opere pubbliche e dei lavori di manutenzione, affrontiamo tutti i giorni le esigenze e i problemi dei nostri concittadini, i quali ci incontrano senza appuntamenti o anticamere essendo noi l’ultimo baluardo tra la “gente comune” e l’intoccabile casta dei parlamentari, dei consiglieri regionali, non avendo gli stessi contatti con il territorio (ad eccezione dei periodi di campagna elettorale).
Ci chiediamo: fanno lo stesso, ad esempio, il sindaco di Roma o di Torino?
I parlamentari sono così vicini alla gente?
L’Italia è costituita da circa 8.100 comuni,
La riforma in atto, tratta in maniera incredibilmente superficiale l’ accorpamento dei comuni sotto i 1000 abitanti, senza chiarire se si tratti di fusione o di unione dei comuni, che sono due percorsi totalmente diversi e diversificati, o di tutt’altra cosa, non proprio oggi chiarita.
Ma si giunge al ridicolo e all’offesa per i consiglieri comunali e gli assessori di piccoli comuni, se si pensa di sanare i conti pubblici col taglio di queste “poltrone” che gravano per 15-20 euro lorde a seduta per 3-4 sedute di consiglio all’anno per i consiglieri comunali e di 90 euro lorde al mese di indennità per un assessore (spesse volte lasciate nelle casse dei comuni o devolute in assistenza), che vengono indicati come uno dei piatti forti dei tagli ai costi della politica.
Tra l’atro queste indennità non vengono spesso neppure percepite o che risultano ulteriormente dimezzate quando l’amministratore, come nella maggioranza dei casi per i piccoli comuni, è un lavoratore dipendente.
I titoli dei giornali sui tagli di 54.000 poltrone sono riferiti anche a queste “poltrone”?
I consiglieri, gli assessori e i sindaci dei piccoli comuni, con quelle indennità, senza rimborsi spese, sono in realtà dei volontari della partecipazione democratica e dell’impegno civile e sociale di questo Paese. Il loro ufficio spesso è la piazza del paese.
Allora occorre domandarsi:
Si vuole veramente riorganizzare il sistema degli enti locali, rendendolo più efficiente ed efficace?
Si vuole discutere del destino e del ruolo dei piccoli comuni, della necessità di gestioni associate per dare servizi adeguati, anche di fusioni?
Si vuole discutere seriamente di come si garantiscono comunque i servizi essenziali alle migliaia di piccole comunità del nostro Paese?
Troppi piccoli comuni per chi?
Per i cittadini ai quali eroghiamo ancora almeno i servizi essenziali?
Per i nostri giovani e gli anziani?
La loro vita nei piccoli Comuni è già messa a dura prova, asili nido, servizi scolastici, assistenza socio sanitaria, ospedali in “liquidazione”, uffici postali fantasma o a singhiozzo, tutto è ormai ridotto all’osso.
Siamo pronti al confronto. Si apra un tavolo serio sull’intero sistema delle autonomie, per riforme attuabili e sensate, soprattutto utili ai cittadini.
Ci si risparmi la farsa di operazioni improvvisate e magari dannose per le nostre comunità, nascoste dietro il vessillo dei finti tagli ai costi della politica.
Fino ad oggi nessuno ha citato la progressione dei pesanti tagli ai trasferimenti che sono ulteriormente previsti e che si sommano a quelli di questi ultimi anni; siamo vicini al momento in cui i comuni dovranno chiudere non perchè troppo piccoli, ma perchè impossibilitati ad assolvere le loro funzioni, a garantire i servizi essenziali, a rafforzare la coesione socio-culturale con la possibilità di crescita e sviluppo per i cittadini, per le famiglie e per le realtà economiche territoriali. Quindi, questa cosiddetta “grande riforma di semplificazione” rappresenterebbe solo il deserto per le politiche sociali e di sviluppo per la nostra gente, e soprattutto per le comunità dell’entroterra che rappresentano l’unica presenza dello stato.
Metteremo in campo tutte le nostre forze contro questa prospettiva, no nell’interesse degli amministratori dei piccoli comuni ma dell’Italia. In questa situazione drammatica anche i piccoli Comuni sono pronti a fare la loro parte, pur essendo i primi ad aver iniziato da anni ad applicare fattivamente il sistema oggi proposto dell’accorpamento dei servizi, riducendo ogni spreco ed aumentando l’efficacia de i servizi offerti ai cittadini. Ciò che non è accettabile è di essere “accorpati” non si sa bene ancora come e “tagliati” solo perché “di troppo”… o perché parte della “casta”; ma quale casta? Quali auto blu da tagliare? Qualche vecchia Panda? Forse.
Siamo pronti a ragionare di norme che portino ad un serio processo di riordino istituzionale territoriale del nostro Paese, evitando duplicazioni e sovrapposizioni nell’esercizio delle funzioni, semplificando la rete delle istituzioni locali, garantendo alle comunità locali l’adeguatezza dei loro Comuni nel gestire tali funzioni fondamentali, attraverso gestioni associate obbligatorie con Unioni di Comuni ed anche processi volontari ed incentivati di fusione, laddove ciò sia più utile e valido per quei territori.
L’eliminazione dei piccoli comuni sotto i mille abitanti è una sonora sciocchezza non dà risparmi significativi, crea danni sociali enormi. I piccoli comuni sono una grande ricchezza e sono l’unico presidio rimasto sul territorio, la loro presenza dà risposte ai cittadini che così non si sentono abbandonati.
Ci saranno gravi ripercussioni sul territorio.
“Vale la pena far scomparire circa 1.963 comuni che amministrano oltre un milione di persone e che rappresentano le sentinelle del 5% del territorio nazionale, soprattutto montano, a costi bassissimi? Vale la pena sopprimere amministrazioni comunali che costano ad oggi (nella peggiore delle ipotesi sopra prospettata) ad ogni cittadino amministrato 1,04 euro all’anno?”
Il risparmio reale del provvedimento per i cittadini sarebbe pari, al massimo, a 1.150.00 euro, uguale al costo annuo di due deputati e mezzo mentre, per i cittadini amministrati (1.100.000), il costo sarebbe pari ad euro 1,04 all’anno.
Nel 2010 e nel 2011 il governo avrebbe potuto accorpare elezioni e referendum, risparmiando così 700 milioni di euro, vale a dire il costo di 35 anni di vita per le amministrazioni dei centri minori.
Già l’idea di accorpare i comuni sotto i 1.000 abitanti al di fuori di un disegno organico di riforma degli enti locali appare molto discutibile, anche perché rischia di cancellare, per rimanere nella nostra regione, la storia e l’identità delle comunità calabresi in nome di un risparmio di costi della politica, che mai come in questo caso, invece, sono costi (o meglio investimenti) della democrazia.
Tutti i consiglieri comunali dei 1.963 comuni italiani che verranno cancellati con la manovra, infatti, costano in un anno, di gettoni di presenza (quando li prendono e non li devolvono allo stesso comune) circa 1,5 milioni di euro: il ministero dell’attuazione del programma (presente soltanto in Italia …) ne costa oltre 5 volte di più: 8 milioni di euro.
Pertanto chiediamo all’On. Presidente del Consiglio dei Ministri, Cav. Silvio Berlusconi, di volere rivedere il decreto legge n° 138 del 13 Agosto 2011 modificando l’articolo 16 che limita la sopravvivenza dei comune al numero di abitanti (1000).
Se quanto richiesto non si dovesse attuare, invitiamo tutti i Parlamentari Calabresi a VOTARE CONTRO questo scandaloso, incostituzionale ed antistorico decreto FERRAGOSTANO, informando gli stessi che NOI SAREMO A ROMA IL 26 AGOSTO p.v. alle ore 14,00 alla manifestazione indetta dall’ A.N.P.C.I., dove gradiremmo la VOSTRA MASSICCIA PRESENZA a testimonianza dell’attaccamento al territorio.
I Sindaci della Piana di Gioia Tauro:
f.to Marcello Aruta (Sindaco di Candidoni)
f.to Antonio Gioffrè (Sindaco di Cosoleto)
f.to Emanuele Oliveri (Sindaco di Melicuccà)
f.to Domenica Gangemi (Sindaco di Santa Cristina d’Aspromonte)
f.to Giuseppe Zampogna (Sindaco di Scido)
f.to Salvatore Vinci (Sindaco di Serrata)
f.to Salvatore Foti (Sindaco di Terranova Sappo Minulio