La mafia dei concorsi pubblici e degli esami di Stato e l’omertà dei media Ecco le riflessioni di Antonio Giangrande, presidente dell’associazione "Contro tutte le mafie" e di Tele Web Italia
L’Italia è in mano ai vincitori di un concorso pubblico ed agli abilitati ad
una professione. In Italia, si sa, non vale la meritocrazia e gli effetti
sulla gestione della cosa pubblica e l’esercizio delle professioni di
pubblica utilità ne sono un esempio.
Ma cosa è l’abilitazione alla professione, concessa dai commissari d’esame e
non conquistata per merito?
Lo chiediamo al dr Antonio Giangrande, sociologo storico che sul tema ha
scritto “Esamopoli e Concorsopoli” oltre che “Esame di Avvocato, lobby
forense, abilitazione truccata”.
«E’ da venti anni che studio il sistema Italia, a carattere locale come a
livello nazionale. Da queste indagini ne sono scaturiti decine di saggi,
raccolti in una collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che
siamo”, letti in tutto il mondo, ma che mi sono valsi l’ostruzionismo dei
media nazionali. Pennivendoli venduti all’economia ed alla politica. Book ed
E-Book che si possono trovare su Amazon.it, Lulu.com, CreateSpace.com.
Abilitazione significa essere abilitati da qualcuno ad essere omologati a
loro. La conformità universale è la regola. Essere diverso e rompere le
palle al sistema ti pone fuori dal circuito professionale ed impedito a
lavorare. Le stesse regole valgono per tutti i concorsi pubblici, nessuno
esente. Quindi nessuno può chiamarsi fuori e rendersi verginella. L’autunno
è il periodo prediletto per le sessioni degli esami di Stato e delle prove
scritte dei concorsi pubblici. Per esempio, per quanto riguarda l’esame di
avvocato le domande di partecipazione devono essere inoltrate entro l’11
novembre e i tre giorni per l’esame scritto vengono fissati tra il 10 ed il
20 dicembre. Le tracce sono stilate al Ministero della Giustizia e la
Commissione Centrale è composta da membri già cacciati dalle commissioni
periferiche, di cui, per legge, non possono farne parte.
I risultati d’esame sono il frutto di una fase pubblica e di una fase
internos tra una combriccola di commissari (sempre gli stessi).
Nella fase pubblica, ogni tanto, come fumo negli occhi, viene fuori che
alcuni candidati hanno copiato dai cellulari o dai compagni di banco e la
notizia fa eco sui giornali. Una volta oltre cento solo a Lecce. Nessuno
dice che il vero malaffare si svolge in camera caritatis tra i commissari
d’esame. Lor signori falsamente affermano di aver letto, corretto e
giudicato con motivazione credibile ogni elaborato esaminato. Invece è tutto
falso. E resta impunito e, quindi, reiterato. A loro serve solo abilitare i
conformati o i loro pupilli. E di questo scempio né magistratura, né
giornalismo osa punirlo o denunciarlo.
A riprova di ciò ci sono le innumerevoli sentenze dei Tar di tutta Italia.
Cinque minuti per valutare il compito di un aspirante avvocato sono troppo
pochi. Lo sostiene il Tar di Palermo ad ottobre 2014 che ha ammesso con
riserva, all’orale, M.N., 30 anni, bocciato agli scritti nel 2013. Il
giovane praticante avvocato si è accorto che la commissione di Salerno aveva
corretto 45 elaborati in appena 235 minuti, con una media di poco più di
cinque minuti per elaborato. E perciò, difeso dall’avvocato Girolamo Rubino,
ha deciso di fare ricorso al Tar che gli ha dato ragione.
E a sua volta è lo stesso Tar di Salerno che accoglie i ricorsi dei
bocciati. E’ la Commissione d’esame di Avvocato di Lecce ad essere sgamata.
I ricorsi accolti sono già decine, più di trenta soltanto nella seduta di
giovedì 24 ottobre 2013, presentati da aspiranti avvocati bocciati alle
ultime prove scritte da un giudizio che il Tar ha ritenuto illegittimo in
quanto non indica i criteri sui cui si è fondato. Il Tribunale
amministrativo sta quindi accogliendo le domande cautelari, rinviando al
maggio del 2014 il giudizio di merito ma indicando, per sanare il vizio, una
nuova procedura da affidare a una commissione diversa da quella di Lecce che
ha deciso le bocciature.
Io è dal 1998 che partecipo all’esame di avvocato in quel di Lecce. Da
abilitato al patrocinio legale dei sei anni non ho perso una causa e non mi
sono genuflesso alle regole dei vecchi marpioni forensi; da presidente
provinciale di Taranto dell’Associazione Nazionale Praticanti ed Avvocati ho
combattuto ed ottenuto con la legge di riforma che i consiglieri dell’Ordine
degli Avvocati non facessero parte delle Commissioni d’esame e che i
magistrati esaminatori fossero di fuori distretto. Di non essere omologato a
generale marciume lor signori non me lo hanno perdonato. Non ho ricevuto
solidarietà o aiuto né dai colleghi, quantunque vittime, né dalle
istituzioni, né dai media. Un fatto è certo, dal 1998 sono sui banchi di
esame per testimoniare il malaffare perpetuo e l’omertà imperante. Avvocato
non lo diventerò più, grazie all’omertà ed alla collusione dei magistrati,
che come prova non gli basta il fatto che i miei compiti sistematicamente
non vengono corretti; che a presiedere la commissione ci sia uno estromesso
e da me denunciato; che essere bocciato dal 1998, caso unico, più che raro,
sia sintomo di una palese persecuzione. Questo basta per farmi dire che sono
orgoglioso di essere diverso e di testimoniare al mondo cosa sia la
conformità, specialmente nel silenzio assordante dei giornalisti. Comunque
l’omertà dei giornalisti è pleonastica. Tanto chi vuol informarsi, lo fa.
Interrogazione a risposta scritta 4-08560 presentata da Elisabetta
Zamparutti, più altri, martedì 14 settembre 2010, seduta n.367 al
Ministro della giustizia. “L’avvocato di Asti, Pierpaolo Berardi, 46 anni,
dopo 18 anni, 16 procedimenti al Tar e 8 al Consiglio di Stato, non avrebbe
ancora avuto giustizia. Le sentenze hanno stabilito che le sue prove scritte
per il concorso 1992 sono rimaste chiuse nelle buste, nonostante sui verbali
sia scritto «non idoneo» . Un falso ideologico che il Csm ha riconosciuto
soltanto due anni fa. Nonostante ciò, non risulterebbe sia stato preso alcun
provvedimento”.
Sul concorso per uditori giudiziari, parla con “La Stampa” l’ex procuratore
generale del Piemonte, Silvio Pieri. L’alto magistrato non usa mezzi
termini: “Quanto è accaduto è gravissimo. Ho avuto modo di verificare
l’intera documentazione raccolta dall’avvocato Berardi. Ho fotocopiato tutti
gli atti, uno per uno. Credo che, a un certo punto, questa situazione si
potesse risolvere subito, con decisione, con la necessaria trasparenza. Ma
il ministero ha pervicacemente rifiutato, sino all’ultimo istante, di
affrontare in modo diretto quanto era accaduto, quanto era sotto gli occhi
di tutti. Con il risultato di mettere a pregiudizio le posizioni anche di
quei magistrati che svolsero, in allora, i temi in modo corretto. Ma non
credo assolutamente che si possano ulteriormente ignorare i verbali
sottoscritti da gente che non c’era, la storia dei fascicoli spariti, degli
elaborati giudicati “idonei” quando non lo erano affatto». Non solo. Contro
il muro di gomma opposto dal ministero di Grazia e Giustizia (a proposito
del concorso per uditori giudiziari del 20, 21, 22 maggio 1992, ora sotto
accusa per aver trasformato in «idonei» decine di candidati autori di prove
molto discutibili) erano già rimbalzate, nel corso degli anni, ben 13
interpellanze parlamentari, firmate quasi tutte da Nicky Vendola di
Rifondazione Comunista, ma anche da esponenti di An e di altri partiti.
Morale: nessun risultato”.
L’avvocato <http://giustiziaconcreta.splinder.com/tag/pierpaolo+berardi>
Pierpaolo Berardi, astigiano, classe 1964 , da 15 anni sta
<http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=95&titolo=CONCORSI%20TRUCCA TI> battagliando per far annullare il concorso per entrare in magistratura
svolto nel maggio 1992 . Secondo Berardi, infatti, in base ai verbali dei
commissari più di metà dei compiti vennero corretti in 3 minuti di media
(comprendendo “apertura della busta, verbalizzazione e richiesta
chiarimenti”) e quindi non “furono mai esaminati”. I giudici del tar gli
hanno dato ragione nel 1996 e nel 2000 e il Csm, nel 2008, è stato costretto
ad ammettere: “Ci fu una vera e propria mancanza di valutazione da parte
della commissione”. Giudizio che vale anche per gli altri esaminati. Uno dei
commissari, successivamente, ha raccontato su una rivista giuridica l’esame
contestato, narrando alcuni episodi, fra cui quello di un professore di
diritto che, avendo appreso prima dell’apertura delle buste della bocciatura
della figlia, convocò il vicepresidente della commissione. Non basta. Scrive
l’esaminatore: “Durante tutti i lavori di correzione, però, non ho mai avuto
la semplice impressione che s’intendesse favorire un certo candidato dopo
che i temi di questo erano stati riconosciuti”. Dunque i lavori erano
anonimi solo sulle buste. “Episodi come questi prevedono, per come
riconosciuto dallo stesso Csm, l’annullamento delle prove in questione”
conclude con Panorama Berardi. In quell’esame divenne uditore giudiziario,
tra gli altri, Luigi de Magistris. Luigi De Magistris abilitato con un esame
farsa che si occupò dell’esame farsa di avvocato di Catanzaro.
Un’inchiesta facile, dal punto di vista dei documenti, scrive Gian Antonio
Stella su “Il Corriere della Sera”. I temi erano così identici l’uno
all’altro che moltissimi riportavano la parola «precisamente» corretta con
una barretta sulla «p» iniziale: «recisamente». Come se qualcuno si fosse
corretto dettando la giusta soluzione del tema. La grande difficoltà era sui
numeri: già è difficile processare un imputato, in Italia. Figuratevi 2.295.
I giovani magistrati protagonisti dell’indagine, Luigi De Magistris (poi
trasferito a Napoli) e Federica Baccaglini (poi trasferita a Padova), una
soluzione l’avevano individuata: un bel decreto penale. Cioè una sentenza
che colpisse gli imputati (diventati man mano 2.585) almeno con una multa di
3 milioni e mezzo di lire ciascuno. Ipotesi respinta dal capo dell’ufficio
Gip Antonio Baudi: troppo poco. Bene, rispose il pm delegato al caso appena
gli fu possibile riprendere la palla in mano (dopo mesi e mesi perduti):
raddoppiamo a 7 milioni e mezzo. Troppi, rispose questa volta Baudi
rimandando tutto indietro. E via così, col processo che veniva spostato a
Messina perché c’entravano altri magistrati e poi tornava a Catanzaro e poi
si infognava in 2.585 pratiche e 2.585 ricorsi e 2.585 cavilli e 2.585
eccezioni… E intanto passavano le settimane, i mesi, gli anni… Ed eccoli
là: tutti a casa. Immacolati. E neppure vergognosetti, potete scommetterci,
per la figuraccia. Così fan tutti… O no?
Io no! Per questo che dal 1998 non mi abilitano all’avvocatura e mi hanno
bocciato al concorso in magistratura; perché sono diverso!
A questo punto non mi si deve chiedere: perché non ho esposto tutto al
Ministero della Giustizia? L’ho fatto, tutto lettera morta, specialmente se
in commissione di esame centrale vi era colui il quale, ed i suoi colleghi,
ho denunciato per i favoritismi e fatto estromettere con la riforma
dell’esame.
A questo punto non mi si deve chiedere: perché non denuncio tutto alla
magistratura? L’ho fatto per anni e in fori diversi ed ho trovato un muro di
gomma e di insabbiamenti, anzi il tutto mi si è ritorto contro con accuse
penali infondate dei magistrati, accertate con sentenze.
Inoltre non mi si deve chiedere: perché non ho fatto ricorsi al Tar? Li ho
fatti e sistematicamente il Tar di Lecce. Questi signori per le stesse
doglianze da me presentate: agli altri candidati ricorrenti i ricorsi li
accoglieva, i miei li rigettava.
Non mi si deve chiedere: perché non mi sono rivolto alla stampa? L’ho fatto
per anni e non solo per le mie vicende, ma su tutti i temi sociali. Per
loro, abilitati col trucco e zerbini dei magistrati, meglio ignorare e
tacere.
Morale: si parla di mafia. Quale mafia?»
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia