La mostra sui reperti storici del terremoto conquista i reggini: grande successo per la prima di “MILLENOVECENTOOTTO” Centinaia di visitatori hanno affollato le sale del Castello Aragonese nel giorno di apertura. Presenti per il taglio del nastro il sindaco Giuseppe Falcomatà, l'Assessora Irene Calabrò, il Direttore e il Presidente dell'Accademia di Belle Arti Pietro Sacchetti e Marilena Cerzoso
Grande successo per la prima della mostra “Millenovecentootto”, il percorso espositivo sui reperti storici rinvenuti dopo il tragico sisma che colpì Reggio Calabria oltre un secolo fa, inaugurata al Castello Aragonese con la partecipazione di tanti cittadini, esperti, cultori dell’arte e amanti della storia e della cultura.
L’expo, promossa dal settore Cultura e Turismo del Comune, nell’ambito del programma Pon React-Eu, è stata curata dall’Accademia di Belle Arti e sostenuta dalla Banca d’Italia attraverso il trasferimento, avvenuto lo scorso anno, dei beni recuperati dalle macerie del terribile evento che distrusse la città di Reggio.
A tagliare il nastro è stato il sindaco Giuseppe Falcomatà, insieme all’assesora alla Cultura, Irene Calabrò, al direttore ed al presidente dell’Accademia delle Belle Arti, Pietro Sacchetti e Marilena Cerzoso. Presenti anche il vicesindaco Paolo Brunetti e numerosi assessori e consiglieri comunali.
«Questa mostra – ha detto il sindaco Giuseppe Falcomatà – ha già lasciato un segno e continuerà a lasciarlo nei visitatori che potranno riconoscere i graffi nel cuore e le ferite che quel terremoto ha marchiato, ancora ben visibili, nell’anima della nostra comunità. L’expo credo sia, prima di tutto, una bella pagina di sinergia istituzionale, parola della quale troppo spesso si abusa, che ci fa capire quante cose buone e produttive possano nascere dal dialogo interistituzionale. Per questo, ringrazio l’Accademia, la Banca d’Italia, il settore Cultura del Comune che è stato proattivo nell’allestire questa mostra grazie all’operosità della dirigente Loredana Pace e dei funzionari Daniela Neri e Pasquale Borrello».
«La mostra – ha aggiunto – racconta, attraverso gli oggetti esposti, quanto successo alla nostra gente in quel drammatico 28 dicembre, ma non soltanto per farne memoria. Spero, infatti, possa essere frequentata, vista e vissuta soprattutto dai ragazzi e dalle ragazze della nostra città che non sentono più parlare del terremoto del 1908. Perché non è solo una mostra statica, ma uno spazio dinamico con una sala dove poter rivivere le emozioni di quella tragedia. Poi ci sono gli oggetti della nostra quotidianità, ovvero tutto quanto è stato tragicamente interrotto da quella catastrofe, vite spezzate ed una quotidianità distrutta».
Tuttavia, per il sindaco Giuseppe Falcomatà “millenovecentootto” non è soltanto questo: «E’ anche monito per le istituzioni». «Questo allestimento – ha affermato – ricorda quanto ancora debba essere fatto in tema di prevenzione sismica e politiche di messa in sicurezza del territorio. Noi viviamo in un territorio, ancora oggi, a forte rischio dissesto idrogeologico per colpa di politiche fallimentari e violenze continue perpetrate ai danni del nostro paesaggio e del nostro bellissimo ecosistema. Che questa mostra, quindi, funga da monito affinché ognuno, nel proprio ruolo, lavori per preservare dal pericolo di questo evento di ritorno come lo è stato, purtroppo, il terremoto del 1908».
L’assesora Irene Calabrò ha spiegato, poi, come «il Comune abbia voluto dare un taglio diverso a questa esposizione museale, valorizzando i reperti riemersi dalle macerie del sisma e finora custoditi a Roma dalla Banca d’Italia, di cui l’amministrazione comunale è ritornata in possesso soltanto lo scorso anno dopo un lungo iter burocratico che ha visto impegnati i Ministeri di Economia e Finanze e Cultura».
«E’ una mostra che è un racconto – ha proseguito – per mettere in evidenza gli oggetti di quel tempo, un expo che recupera le tradizioni e le usanze dell’epoca di una comunità, la nostra, vittima di quel doloroso evento. Allo stesso tempo, però, ne segna una nuova lettura che guarda al futuro e alla speranza. Molti oggetti esposti accendono non soltanto un ricordo, ma anche un’ispirazione futura».
«Il punto da tenere in considerazione e che avrà massimo rilievo – ha concluso Calabrò – è quello del tempo, quello trascorso e segnato dagli orologi visibili nella torre sud. Un tempo che si è fermato, ma che con la carica che ciascuno di noi potrà dare all’ingranaggio del presente durerà e rianimerà, sicuramente, il nostro futuro».