La Nazionale a Rizziconi per mettere la ‘ndrangheta “in fuori gioco”
redazione | Il 18, Nov 2011
Una giornata all’insegna dello sport e della legalità. Il calabrese Rino Gattuso arbitro d’eccezione
di FRANCESCO CHIARENZA
La Nazionale a Rizziconi per mettere la ‘ndrangheta “in fuori gioco”
Una giornata all’insegna dello sport e della legalità. Il calabrese Rino Gattuso arbitro d’eccezione
RIZZICONI – E’ stata una giornata davvero emozionante. Una giornata di festa. Una giornata tinta di azzurro che ha segnato per sempre la nostra terra. La nazionale italiana di calcio si è allenata a Rizziconi, su un campetto sorto su un terreno confiscato alle ndrine. Una giornata quella di domenica che il Ct Cesare Prandelli ha definito «storica», aggiungendo che la partita disputata è servita «per allenare le nostre coscienze, i nostri valori». Prandelli e il presidente della Figc Giancarlo Abete, hanno mantenuto la promessa fatta al presidente di “Libera” don Luigi Ciotti. Una festa nella quale don Ciotti è entrato a “gamba tesa” sulla politica, sostenendo che «le mafie si combattono e si vincono non solo nei territori infestati, ma soprattutto a Roma, nel parlamento facendo le leggi adeguate». Le parole di don Ciotti hanno profondamente lasciato il segno. Il presidente di Libera ha sottolineato che «è già la terza volta che questo campetto viene inaugurato, perché ogni volta viene distrutto. Quindi ora, o ci impegniamo tutti a tenerlo vivo oppure avremo perso, ancora una volta, l’ennesima occasione». Ad ascoltare il suo messaggio, circa 1.000 persone, soprattutto bambini, che con in loro calore e il loro entusiasmo hanno continuamente incitato e osannato i giocatori, che hanno ricambiato con applausi e sorrisi, rendendosi disponibili per le foto e per gli autografi. Il momento più toccante e commovente della giornata, è stato quando don Ciotti ha presentato ai giocatori della nazionale alcuni familiari delle vittime della ‘ndrangheta, come i genitori del piccolo Gabriele di 11 anni, colpito da un proiettile vagante a Crotone mentre stava giocando a calcetto con i suoi amichetti, o Stefania, figlia di Vincenzo Gallo, vittima di un attentato dinamitardo. Don Ciotti non ha mancato di ricordare Francesco Inzitari, ucciso in un agguato di mafia a soli 18 anni. Il prete antimafia ha poi raccontato di essersi recato, quella stessa mattina, sulla sua tomba di Francesco per depositare un fiore a nome dei giocatori della Nazionale, così come aveva chiesto la sorella. «Ciccio amava lo sport – ha spiegato – lo sport pulito, perché lui viveva per lo sport». Dopo aver pronunciato queste parole, ha rivolto uno sguardo verso il cielo e un lunghissimo e scrosciante applauso è partito dalle tribune. Insieme a lui, a centrocampo, erano presenti il presidente della Figc Abete, i parlamentari Luigi De Sena, Marco Minniti, Laura Garavini e Angela Napoli, il presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, alcuni consiglieri regionali e provinciali, il prefetto Luigi Varratta e il questore Carmelo Casabona. Presenti anche le autorità ecclesiali, con don Pino de Masi in primis, punto di riferimento dell’associazione “Libera” nella piana di Gioia Tauro, il vescovo della diocesi di Oppido – Palmi Luciano Bux, che ha invitato i presenti a pregare «per la conversione di quella gente». Presente anche il presidente della Commissione regionale antimafia Salvatore Magarò, che insieme a Talarico, ha consegnato al presidente della Figc, un pallone con la scritta “Dai un calcio al pizzo” e “Il pizzo è una palla al piede”. «Per noi era un dovere morale essere qui – ha sottolineato Gigi Buffon, portiere e capitano della Nazionale – un senso di responsabilità che bisogna avere in situazioni e occasioni come queste». Un sogno diventato realtà. Chi avrebbe mai immaginato infatti di vedere giocare, un giorno, in un piccolo campo di calcio a 5 della Piana di Gioia Tauro, i propri beniamini, i vari Pirlo, Matri, Montolivo, Chiellini, Marchisio, Balotelli, con il calabrese Rino Gattuso nelle vesti inusuali di arbitro, arrivati per omaggiare tutti i presenti e soprattutto il popolo rizziconese, in particolar modo i bambini, che hanno fatto di quel campetto il simbolo del riscatto di questi territori. Ed è stato davvero suggestivo vedere tutti quei bambini, alcuni arrivati addirittura dal quartiere Zen di Palermo, abbracciare e sostenere i loro campioni. Una giornata davvero indimenticabile che rimarrà per sempre impressa nel cuore e negli occhi di tutta la Calabria, che è fatta «nella stragrande maggioranza, di persone per bene» come ha ricordato il Governatore Scopelliti. Gente che ha invaso le strade e le piccole tribune del campetto di Rizziconi pur di vedere la propria nazionale scendere in campo per “fare un goal” alla ‘ndrangheta, il goal più bello che gli azzurri avrebbero potuto fare, un goal per il riscatto e la libertà della nostra terra. «Mettiamo in fuorigioco la ‘ndrangheta» ha detto don Ciotti prima di dare il via alla partita. Bastava osservare lo sguardo del calabrese Gattuso per capire che la presenza degli azzurri non è stata una semplice esibizione come le altre. C’era molto di più, emozione, suggestione, moralità e un forte senso di responsabilità da parte di tutti. Sensazioni manifestate con la discrezione e con il pudore di chi ha sempre sofferto e pagato a caro prezzo, avendo subito ferite inguaribili come quelle dei parenti delle vittime di mafia ai quali lo stesso Gattuso, ha regalato un pallone autografato dai giocatori azzurri. La giornata si è conclusa con piccoli incontri di calcio a 5 tra i campioni della nazionale, con il giornalista Rai Marco Mazzocchi, cronista d’eccezione.
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