La povertà altera il Dna A dirlo uno studio statunitense che associa la depressione alla miseria
La miseria è associata malattie mentali, tra cui ansia, depressione e dipendenza,
in quanto rende le persone più inclini a sviluppare ansia e depressione e consumare
droghe. Lo ha dimostrato uno studio condotto dai ricercatori della Duke university
sugli adolescenti negli Stati Uniti. La ricerca è stata pubblicato sulla rivista
Molecular Psychiatry. “Il nostro è il primo studio a dimostrare che la povertà
può arrivare a cambiare il Dna”, commenta Johnna Swartz, coordinatrice dello studio.Nei
ragazzi cresciuti in un contesto di privazioni, secondo i risultati pubblicati, aumenta
l’attività di un gene presente in un’area del cervello, l’amigdala, che è coinvolta
negli attacchi di panico e quando si deve decidere se attaccare o fuggire. Inoltre
i livelli di serotonina, noto anche come l’ormone della felicità, sono più bassi.
In particolare nello studio sono state analizzate le mutazioni di un gene specifico,
chiamato SLC6A4, in 132 adolescenti tra gli 11 e 15 anni per due anni. Questi cambiamenti,
che si producono a livello genetico, possono essere trasmessi alle generazioni successive.
Il che spiegherebbe, secondo i ricercatori, perché la depressione è più frequente
in alcune famiglie più povere. La povertà, rileva lo studio, è associata a un
quadro di salute generale peggiore, e ad un maggior rischio di malattie mentali,
tra cui ansia, depressione e dipendenza. Quando si vive in un contesto di privazioni
c’è un maggiore stress, cui si aggiunge il rischio ambientale per la peggiore qualità
dell’abitazione, l’inquinamento acustico e l’esposizione a violenza. Non c’è dubbio
che eventi negativi, legati alla perdita del lavoro o al fallimento economico, commenta
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti [1]”,possano indurre
la depressione. Questo stato, secondo la scienza, affonda le sue radici proprio in
povertà e sottosviluppo, non a caso, essa è più diffusa tra i cosiddetti developing
countries. Inoltre, nei Paesi meno sviluppati le patologie psichiche, accentuate
da povertà e conflitti, politici o socioeconomici, sono più diffuse che altrove.
Il fenomeno rilevato dalla ricerca, probabilmente, però, non è legato solo a condizioni
economiche e sociali estreme. La maggiore incidenza della depressione nei paesi in
via di sviluppo è anche dovuta ad una minore sensibilità sociale e culturale alla
salute mentale. Questo implica la scarsità di percorsi medici, di diagnosi e di
cura adeguati, con il risultato che solo il 20 per cento delle persone che soffrono
di depressione viene curato. Quindi è evidente che non si tratta solo di un disturbo
psicologico, con ricadute negative nella sfera individuale o familiare, ma anche
di un fenomeno sociale che ha conseguenze di natura economica. La depressione, infatti,
rendendo le persone che ne soffrono incapaci di avere una vita attiva nella loro
sfera relazionale e cognitiva, le rende di fatto improduttive per la famiglia e la
società. In casi come questi, curare la malattia significa anche migliorare la produttività
complessiva delle comunità a cui appartengono.