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La presenza della madre

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Era là.

Avvertivo, tuttavia, il peso della presenza ineludibile di un’altra persona, anche se i miei occhi non la vedevano.

Eppure sapevo che era là a pochi metri, forse proprio nella stanza accanto: la madre del poeta, una donna di età vicina al secolo, ma straordinariamente lucida nella mente e nella parola.

Difatti era stata lei che mi aveva risposto al telefono con voce giovanile, comunicandomi che il dottore era uscito e sarebbe rientrato alle 17.00: non un minuto prima né uno dopo.

Queste erano le abitudini kantiane di Raber di cui tutti a Radicena erano a conoscenza: dal giornalaio agli amici di sezione, a quanti altri lo vedevano ritualmente arrivare, o semplicemente transitare per la strada.
Non c’era bisogno di guardare l’orologio: la sua presenza bastava ad indicare ora e minuti esatti.

La madre per Raber era tutto, o comunque stava al primo posto, su tutto e su tutti.

E non solo per lui.
Così è per tanti, più di quanto non si immagini.

Dai grandi uomini ai più comuni, quasi tutti nella madre hanno il solo punto di riferimento della vita, il vertice della piramide; ella è la genitrice, colei che, con tanta gioia e altrettanta sofferenza e dolore, ha “creato” e plasmato il figlio, lo ha allevato e nutrito, lo ha anteposto a ogni sua esigenza, sacrificando, per salvare la vita del figlio, anche la sua vita stessa: “…ed è rischio di morire il nascimento“, Leopardi ricorda; “…forte gridò, come gridò sua madre al nascimento“, fa dire Rilke ad Admedo.

Così fu anche Marcel Proust, legato ossessivamente alla madre, la quale nutrì un attaccamento morboso verso il figlio.

La madre del dottore, insomma, era là.

Noi non la vedevamo, ma entrambi, ciascuno per motivi diversi, avvertivamo il “peso” inevitabile, il sortilegio umano della sua straordinaria presenza.

Mi venne in mente una testimonianza del figlio di Salvatore Quasimodo, Alessandro, il quale nel corso di una trasmissione televisiva, disse che il padre, se avesse dovuto salvare una sola sua poesia, senza indugio avrebbe scelto quella che recitò e che ha per titolo “Lettera alla madre” una lirica delicatissima appartenente alla raccolta “La vita non è sogno“.
Mater dulcissima, ora scendono le nebbie“: così comincia;… “O morte di pietà, morte di pudore. Addio, cara, mia dolcissima mater“: è l‘ultimo verso.

Rividi la madre di Raber con gli occhi della morte, a metà degli anni ottanta, cantata dal figlio ne l’”Epicedio per la signora che si allontana” “nel mistero dell’ombre /che non venne compreso da alcuno.”