La riflessione: il Giudice Carnevale, il Conte di Cavour e due discutibili mistificatori catanzaresi, per di più insolenti (Giovanni Voci e Giovanni Corsi)
La riflessione: il Giudice Carnevale, il Conte di Cavour e due discutibili mistificatori catanzaresi, per di più insolenti (Giovanni Voci e Giovanni Corsi)
Nella calda estate, che precede l’autunno (per alcuni fresco, ovviamente senza fare intendere altro, poi però chiunque la può pensare come vuole, anche se io non posso essere additato di un doppio senso, seppur minimale, difatti altri sobillano apertamente), dicevo in questa calda estate, sono sospinto a qualche riflessione.
La prima mi si è materializzata, poiché l’altro pomeriggio ho avuto modo di vedere un documentario, nel quale si parlava del Giudice Corrado Carnevale.
Si, proprio quello della Cassazione, ingiustamente accusato di essere un ‘prezzolato ammazzasentenze’, in luogo a quel che era veramente, ovvero un fine giurista, che applicava la legge, quindi osservando -come la normativa impone- persino i vizi di forma, altrimenti, tra l’altro, che Cassazione sarebbe?
Ecco, la Cassazione, ‘croce e delizia’, ‘respiro e sospiro’, ‘porto sicuro e mare in burrasca’, insomma vittoria o sconfitta, a seconda di come la si può vedere, oppure, a fronte delle sue determinazioni, subire.
È lo strano gioco della vita, principalmente quella romana, ‘sed rectius’ (traduzione latina: più correttamente) ‘de relato’, quindi per meglio spiegarci, i riflessi si vedono e si conoscono ovunque, pure nelle ‘province’.
Epperò, la cosa metterebbe ansia in tanti e molti, soprattutto quando ci si crede di essere Cavour e qui, sconfiniamo nella seconda riflessione -dovuta ad un libro che sto leggendo, per la verità, l’ennesimo, sul grande piemontese- a cui sono intestati toponomasticamente, vari luoghi.
Già, quanto ho amato studiare Camillo Benso conte di Cavour e vero artefice dell’unità nazionale, oltre che impareggiabile Primo Ministro del bis bis nonno del mio amico Emanuele Filiberto di Savoia: è stato uno studio serio e approfondito, che è servito a farmi capire i rudimenti di come si fa politica, quando essa è al servizio -come sempre deve essere – di un nobile ideale, di una visione autentica, ma soprattutto per il proprio popolo e non di uno ‘sterile’ ego ipertrofico e patologicamente ascrivibile alla psicopatia, per di più effimera.
Certo, Cavour, in fondo in fondo era un massone anticlericale e ciò sarebbe l’unica pecca che gli riconosco, però che stile, che magnificenza, per tutto quanto il resto, soprattutto perché se penso a certuni odierni, mi viene da piangere!
Tant’è però, quindi ci si consola, nell’immaginare come tal costoro possano levar le tende da queste istituzioni che hanno occupato -manu ‘autoreferenziali’- alla stregua degli abusivi, promettendo e dispensando, quasi fossimo in presenza di un’orgiastica ordalia da simonia laica, ‘posticini’ e ‘strapuntini’, a gente la quale rimane ferma, riconoscente e coerente, in un tempo calcolabile all’integrità di un ghiacciolo tra le dune del deserto sahariano.
Poi, è anche altrettanto vera una delle celebri frasi del Conte di Cavour -persino come discutibile omaggio e per certificare la sua proverbiale passione nei confronti del gioco d’azzardo, sia al Casinò monegasco (già all’epoca ben frequentato), così come nelle nobiliari residenze dell’aristocrazia piemontese- e proprio lui, trasponendo il suo hobby nell’altra arte in cui eccelleva, la politica per l’appunto, confido` al fido Costantino Nigra (Ambasciatore del Regno Sabaudo alla Corte di Napoleone III°e quest’ultimo, in fin dei conti, restio a mantenere la parola data, ovvero muovere ‘guerra’ all’Austria degli Asburgo, assieme ai Savoia), dicevo, proprio Cavour ebbe a dire: “Cosa vuole? Io sono un giocatore che ha puntato tutto per la propria vittoria, sul rosso o sul nero, della roulette”.
Ecco, in scala ridotta, a fronte di giochi politici meno sofisticati e con una sola cosa in comune (sarà la pinguedine?), oggi potrei -dico potrei!- intravedere simile ‘terrore’ in qualcuno a noi contemporaneo, benché le certezze io le avrei, perciò, ove mai le avessi, di seguito le riporto: 1) Cavour è Cavour, quindi nel panorama, suoi emuli non ne vedo (fatta eccezione per chi scrive? Certamente si!); 2) il sottoscritto, è anche un artigiano e un certosino, perciò sa aspettare e lavorare di fino, mattino dopo mattino, quindi chi attende con ansia qualcosa, può essere che si trovi l’inverso dei suoi desideri, i quali potrebbero essere contrari ai miei, che tra l’altro possiedo notoria facoltà di jettatura.
E comunque, vi è pure da aggiungere quanto Cavour, amasse la tecnologia e le scoperte, infatti nella sua tenuta di Leinì, applicò nuovi brevetti per quell’epoca, tutti all’avanguardia, come le ‘macchine del vento’: va a finire che persino lui avrà utilizzato…venti matti e potenti.
Fosse così…ci sarebbe da ridere il doppio!
Ordunque, colgo l’occasione per augurare un Buon Ferragosto, non certo però a due notori ‘afflitti’ da tastiera (saranno in attesa di una ‘ricompensa’ qualunque dai ‘fioriteschi’?), che corrispondono a Giovanni Voci e Giovanni Corsi, avverso i quali non sporgo denuncia (mi limito alla jettatura di sopra accennata), anche perché sono superiore e non denuncio mai…ovvero continuo ad attestarmi su tutte -dico tutte!- le mie attitudini Cossiga Style, soprattutto quando mi si rivolgono insolenti mistificazioni.
Si vuole un esempio? Presto fatto: 1) tipo che cerco poltrone (a me…ma va va!) quando semmai le do e in ogni modo i voti li ho pure e parecchi, quindi andiamo a votare e poi ci contiamo, sempre che ai loro ‘beceri aficionados’ il tornare ad elezioni non spaventi troppo; 2) anche sulla solita storia della latitanza in Libano chiariamo il punto e una volta per tutte, così potremo con parresia, informare ciascuno di tutti gli aspetti, non certo scabrosi per me!
Se si viene accusati di assurdità, per di più con atti dimostrati essere mendaci – difatti c’è un procedimento in corso a Beirut, dove sono parte lesa e come anche la stampa nazionale italiana ha notiziato e chi ti accusa non si attiene alla legge e al Trattato Bilaterale con il Governo di Beirut poiché dovrebbe per forza mettere in evidenza le probabili scempiaggini- allora le cose non stanno come qualche ignorante e para bellimbusto in malafede (aduso a social) vuole darla ad intendere, anzi, chi ha mosso le accuse, nonostante sia stato più volte convocato innanzi l’Autorita` Giudiziaria del Libano (la quale può convocare ed emettere sentenze valide persino e per l’Italia, a fronte proprio del Trattato Bilaterale), si presentasse, altrimenti, per forza di cose e in vigore di legge, si procederà in contumacia (magistrati italiani compresi!).
Cosa dire? Questo ‘sobillato’ di Corsi, rischia, conoscendo le varie e legittime procedure legali, di avere -ribadisco non da parte mia!- una segnalazione alle Autorità Giudiziarie Italiane, così dovra` pure pagarsi l’assistenza, nel caso in cui non trovasse qualcuno che lo voglia patrocinare gratuitamente, perché le notizie…’corrono’ sulla rete e quindi su tale argomento vi è sempre attiva vigilanza, proprio per la serietà (e la gravità) del procedimento in corso.
Poi, per tornare al duo degli insolenti e strumentali mistificatori, cioè Giovanni Voci e Giovanni Corsi, ribadisco, con puntualità inesorabile, il mio Cossiga Style, tanto io, al contrario loro, sono sempre, anche e principalmente, bene informato.
E ho detto tutto!
Caso Speziali : Leggi articolo di Giacomo Amodori
Sembra un capitolo della saga di James Bond, con affascinanti Mata Hari, eleganti cocktail e intrighi internazionali. Ma è, invece, un processo italiano. Infatti la vicenda della fuga dell’ ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, latitante a Dubai, si complica ulteriormente e ha al centro, ancora una volta, una bella donna. Nel 2014 venne coinvolta la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, accusata di aver trescato con l’ ex ministro Claudio Scajola per mettere in salvo il consorte. Ora tocca alla consorte di un altro imputato di quel processo, Joumana Raymond Rizk, agitare le acque.
La donna, cittadina libanese, è sposata con l’ imprenditore calabrese Vincenzo Speziali, che a gennaio, dopo quattro anni di processo da contumace, ha patteggiato una pena di un anno davanti al tribunale di Reggio Calabria per l’ accusa di procurata inosservanza della pena da parte di Matacena. Tutto finito? Tutt’ altro. La Rizk ha deciso di passare al contrattacco e ha denunciato i magistrati che hanno fatto incriminare il marito.
La querela fa riferimento alla violazione della legge 140 del 1999 su intercettazioni illegali e spionaggio dello Stato mediorientale ed è stata presentata ad aprile. A maggio il tribunale di Beirut, dopo una breve istruttoria, ha deciso di procedere, come risulta dai documenti mostrati dall’ avvocato libanese della coppia, George Ragheb Haddad, convocando in Libano per il prossimo 25 giugno il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio, ex sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia e attuale procuratore di Potenza.
Sarebbero sospettati di aver intercettato le due utenze libanesi in uso a Speziali (intestate alla consorte) senza autorizzazione. La donna sostiene che dalle carte giudiziarie risulti che le sue linee telefoniche siano state messe sotto controllo con il sistema Integra, direttamente dall’ Italia, «in violazione delle disposizioni di leggi, accordi e convenzioni internazionali, e senza riferirsi alla competente autorità giudiziaria libanese a cui spetta decidere e autorizzare l’ intercettazione».
«Non sono io che ho deciso di fare la denuncia, ma qui sono tutti molto arrabbiati. Consideri che il sistema Integra è stato inventato da un Paese ostile a questo», ha detto Speziali alla Verità. Di che Paese parla? «Quello confinante (Israele, ndr). Ai libanesi come glielo vai a spiegare che non c’ è attività di spionaggio illegale? Ma la cosa più grave è stata la violazione del trattato bilaterale di assistenza e reciprocità giudiziaria tra l’ Italia e il Libano». La signora Rizk sembra decisa: «Non ho animosità nei confronti di nessuno: cerco solo giustizia, verità e rispetto per me, per i miei figli, per mio marito e per il mio Paese».
La donna, che è la figlia «del bey Raymond el Rizk, primo cugino acquisito dei presidenti Amin e Bachir Gemayel», continua: «Il dottor Lombardo non ha mai interrogato mio marito durante la fase istruttoria e quando lui era indagato, sebbene i suoi avvocati dell’ epoca lo avessero espressamente richiesto». La donna non ha mandato giù gli anni di indagini e il processo. «Si sono persino inventati un suo ruolo nella vicenda di Marcello Dell’ Utri coinvolgendo il capo dei servizi segreti libanesi e il tutto è stato smentito ufficialmente dal diretto interessato e dalla nostra Procura generale della Cassazione sin dal settembre 2015», si accalora la Rizk.
E va all’ attacco delle toghe italiane: «Mio marito è stato costretto a un lungo, triste e ingiusto esilio. Per riabbracciare i suoi cari in Italia ha dovuto patteggiare da innocente, però, come tale e da uomo libero farà tutti i passi necessari e a norma di procedura legale, per ottenere la revisione del processo nel suo Paese». Parole che preannunciano battaglia. Se il procedimento libanese dovesse accertare l’ irregolarità delle intercettazioni ordinate dalla Procura di Reggio Calabria, gli Speziali proveranno a ottenere un nuovo processo.
Vincenzo Speziali a gennaio aveva annunciato: «Adesso, da uomo libero, continuerò a battermi, per affermare verità e ricercare giustizia». Tre mesi dopo la moglie, in nome del «diritto alla segretezza delle comunicazioni telefoniche» previsto dalle leggi libanesi ha chiesto che i due magistrati italiani vengano «processati e puniti» e che gli vengano addebitati «il risarcimento dei danni e gli interessi con tutte le rispettive tasse e spese».
Ieri non siamo riusciti a raggiungere i magistrati italiani per raccogliere un commento, mentre il legale italiano di Speziali, Giancarlo Pittelli, ci ha comunicato di non condividere la decisione del suo vecchio assistito: «Probabilmente ha deciso di mettersi contro il mondo, io non ne so niente».