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TAURIANOVA (RC), SABATO 30 NOVEMBRE 2024

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La solitudine dei numeri primi Fabio Scionti e la sua scrivania

La solitudine dei numeri primi Fabio Scionti e la sua scrivania
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“A volte mi sento in una barca, da solo, su un mare sconosciuto, trasportato dalle correnti sempre più lontano dalla riva. Anche se grido aiuto non risponde nessuno, allora silenziosamente mi abbandono scivolando nel sogno”. In questa frase vi è un insieme di emozioni i quali descrivono la solitudine. Quella solitudine che colpisce molti umani, di qualsiasi classe o ceto che sia. E la frase che è venuta a galla, dopo che, tanti anni orsono, aver varcato quella soglia comunale, in quel corridoio desolato che conduce alla stanza del sindaco di Taurianova. E quella solitudine, motivo per cui ti spinge a incontrare un uomo (solo) al comando come Gastone Paperone Scionti, il quale nonostante la sua fortuna (brevettata scientificamente), dopo aver fatto uno scorcio di anticamera con i collaboratori dal sorriso tenue e di circostanza, entri in quella stanza e noti già dall’aria un uomo che, abbandonato (si spera non per sempre), il suo fedele maglione a rombi. E lo trovi lì, seduto dietro a una scrivania in cui ci si perde con una maglia a tinta unita e l’aria di chi ha trascorso la notte in bianco.

I sensi di colpa ti assalgono perché pensi di infierire e, ti accorgi che quel maglione a rombi lo indossa chi va a fargli visita per chiedere ciò che non avresti mai voluto e che nessuno dovrebbe chiedere, finche in questo mondo c’è uno spicciolo di civiltà. Far sentire meno solo qualcuno.

Certo l’aria è nitida, aleggia come uno spirito la presenza degli altri componenti della giunta tra cui il vicesindaco che c’è ma non si vede e in virtù di ciò chiedo a qualche dipendente se l’hanno vista, e loro dicono che non lo sanno, non l’hanno vista. Ma che cretino, se c’è e non si vede da qualche parte ci dovrà pur stare, tra le feritoie di un muro, celata dentro un bicchiere d’acqua o magari tra qualche faldone che come un cilindro del mago, basta la parolina magica e subito compare. Chi c’è e non si vede, per definizione c’è! Ogni tanto un cadetto di Guascogna bussa e porta con sé merendine e popcorn e, anche per sincerarsi che il sindaco stia bene, non abbia bisogno di nulla e soprattutto che respiri. Così è il ruolo del mansueto Loprete. L’assessore Mamone, così dicono che, da quando c’è stato l’ultimo consiglio comunale non si è più mosso dall’aula consiliare appiccicato a quel maledetto computer e trascorre lì pure le notti. Persino le cravatte di Pino Obama Falleti producono nostalgia del loro tocco di colore in quel contesto silenzioso e tetro. Di altri assessori non vi è traccia…ma sarà l’aria stagionale che cambia spesso.

E nonostante quel luogo, quel deserto dove si rifugiano per nascondersi dal resto del mondo, chiedi, d’altronde da buon cattolico qual è Gastone Paperone segue la misericordia cristiana, “chiedi e ti sarà dato”. E fai presente che c’è un caso di solitudine che dev’essere posto in esame, non può più aspettare, un paese che non è per vecchi non dovrebbe esistere né dovrebbe essere concepito in nessuna parte del mondo. La storia va preservata, tutelata e accudita. Il passato è ciò che rimane per uno scorcio di memoria su cui porre le basi. E dopo aver chiesto, Gastone Paperone ha dato, il quale insieme a un bravo dirigente molto disponibile, ma dall’aria sbarazzina con un fisico da foglia di cipolla appena sbucciata e dal sorriso timido come se avesse visto un maglione a rombi davanti a sé.

In quel deserto fatto di uomini, da persone stanche dei limiti di questa società i quali finiscono nella vastità del nulla, c’è ancora un rifugio. Quel rifugio dei disperati, di quelli che non hanno più nulla da perdere ma che allo stesso tempo hanno la voglia di rinascere da quel grigiore che ogni giorno subiscono nella loro misera esistenza. Un deserto che arena ogni nave del destino, quella nave che si chiama vita. Questi sono gli anziani, gli uomini soli che nessuno ricorda e nessuno vuole ricordare però ci sono, esistono e hanno il sacrosanto diritto di un’esistenza dignitosa. Quei silenzi e quella solitudine ci evoca verità e tristezza allo stesso tempo nel cammino della nostra esistenza.

La solitudine si dice che è verità ma è anche disperazione. È un richiamo d’aiuto, impercettibile a volte, ma se solo dessimo l’importanza a quel richiamo e saremmo più aperti e disponibili come coscienza e anima, forse, e dico forse, saremmo anche noi meno soli.

Ps. Grazie al sindaco Fabio Scionti per aver ascoltato un portavoce di disperazione della solitudine e aver fatto non il suo dovere di sindaco, ma il suo dovere prima innanzitutto di uomo, per un uomo e che nessuno mai arrivi a quei limiti in cui, non hanno nemmeno la possibilità di un “portavoce”!