La storia a lieto fine di Malala Yousafzai
redazione | Il 17, Lug 2013
Editoriale di Caterina Sorbara
La storia a lieto fine di Malala Yousafzai
Editoriale di Caterina Sorbara
Vi ricordate Malala Yousafzai? Lo scorso ottobre i talebani tentarono di assassinarla perché voleva studiare, perché andava a scuola. Ebbene, Malala, non solo si è salvata , ma anche qualche giorno fa, in occasione del suo sedicesimo compleanno, è stata accolta con una standing ovation, nella grande sala del Trusteeship Council, al Palazzo di Vetro di New York. Era vestita di rosa, e aveva lo scialle di Benazir Bhutto, l’ex presidente pakistana, assassinata nel 2007. la giovane pakistana, dopo aver pronunciato un commovente discorso, più volte interrotto da applausi, ha consegnato al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, la petizione per il diritto all’istruzione, da lei lanciata meno di un mese fa e che ha già raccolto 4 milioni di firme. <<Un bambino, un’insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo. Io non tacerò mai – ha detto Malala -. Questa è la compassione, che ho imparato da Maometto, Gesù Cristo e Buddha. Questa è la voglia di cambiamento che ho ereditato da Martin Luther King e Nelson Mandela. Questa è la filosofia della non-violenza che ho imparato da Gandhi e Madre Teresa. E questo è il perdono che ho imparato da mio padre e mia madre>>. Come ho già riferito, ha solo 16 anni, Malala, ma insegna al mondo intero il ruolo primario e fondamentale dell’istruzione per le donne. Se fossi sindaco della mia città a Malala dedicherei un convegno di due giorni. Tutti lo dovrebbero fare, in tutto il mondo. In Calabria, nella Piana di Gioia Tauro (ma anche nel resto d’Italia), un tempo le nostre bisnonne e nonne non potevano studiare, avere una professione, un’indipendenza. Erano destinate al matrimonio, a servire un uomo. Passavano dal padre-padrone al marito padrone. Adesso grazie ai loro sacrifici, alle loro lotte, noi donne siamo libere di studiare, di esprime le nostre attitudini e potenzialità. Anche se ahimè ancora,per molte donne in alcuni ambienti do ve alligna la subcultura, per la donna poco è cambiato. Con molta amarezza, oggi, le donne ancora rischiano la vita(alla talebana), basta poco per venire uccisa, basta che una donna dica: “Non ti amo più”. Basta che decida di ribellarsi ad un amore che non c’è più, perché l’amore può anche finire e, giù pistolate, pugnalate, acido miriatico. Già acido miriatico, a proposito di acido muriatico, ma siamo sicuri che in una società ancora fortemente maschilista come quella di Reggio Calabria e Provincia una donna può movimentare tanto denaro senza che un uomo al di sopra di lei lo sappia? Essere o non essere? Questo è il problema! Uno, cento, mille Malala per tutte le donne del mondo.