Vergogna e Indignazione. La vicenda della giovane lavoratrice presa a calci in Calabria non dovrebbe solo indignarci, ma anche farci riflettere L’arroganza che umilia la dignità umana. Imprenditori (?) che si lamentano del Reddito di Cittadinanza, ma che diventano grandi con i piccoli, gli ultimi, quelli che nei fatti “scrivono la storia, ma come disse qualcuno, “sono sempre i padroni a raccontarla”
Se è con il lavoro che si paga la dignità umana, quello accaduto in Calabria, a Soverato, in uno stabilimento balneare non è bell’esempio.
Premesso che non vogliamo fare processi sommari né condannare nessuno in quanto saranno gli organi preposti a darci le dovute risposte, così come le forze sindacali di questo paese a dare il loro contributo per la tutela della giovane lavoratrice che, da come abbiamo visto in un video pubblicato dall’Osservatorio sullo sfruttamento in Calabria, sperando che come disse Emerson, “Non lasciare che un uomo difenda la sua dignità, ma fai che la sua dignità difenda lui”.
Ma una riflessione va fatta e questa riguarda alcune considerazioni sociali e soprattutto umani, nel vero senso del rispetto verso gli individui.
Una giovane ragazza che chiede i soldi, ovvero le spettanze per aver prestato un’opera lavorativa, e un signore il quale molto probabilmente è il titolare dello stabilimento balneare che dovrebbe pagare la ragazza (madre di una bimba di quattro anni e, da ciò che si evince nel video, deve lavorare per mantenersi in regola). Lei insiste e lui prima dei toni accesi gli ricorda che “Questa è casa mia”, ma lei non se ne vuole andare, non prima di aver ricevuto i soldi per il lavoro svolto e da lì, si vede una violenza esecrabile e inaudita con spintoni e calci… il resto dei pensieri che ognuno di noi ha, teniamoli nel nostro intimo perché potremmo anche noi essere “accesi” e cadere in quei beceri comportamenti.
Una lavoratrice straniera che chiede di essere pagata per il suo lavoro e che per tutta risposta si prende le mazzate e le urla in faccia di chi pensa di avere diritto di aggredirla e scacciarla perché quella “è casa sua”.
Ma una riflessione va fatta e soprattutto con la coscienza nitida e avulsa da fuorvianti condizioni di rabbia e di istintività, partendo da una condizione che lo stessi Cavour ci disse, in quanto “Il primo bene di un popolo è la sua dignità”. E qui, è chiaro che, la dignità è stata calpestata.
Ma quello che è accaduto alla giovane mamma, poteva accadere a chiunque, lei è una straniera, ma non farebbe differenza con un italiano, perché tutti quanti noi abbiamo la stessa e medesima miserabile dignità. L’uguaglianza dovrebbe essere un concetto assiomatico senza alcuna forma di dubbio, almeno per quanto concerne gli individui.
E questa riflessione va estesa anche a ridosso delle prossime consultazioni politiche dove un coacervo di programmi, di idee e di promesse saranno messe in campo per accaparrarsi i voti degli italiani. Dove il peso delle parole dovrebbero avere un senso reale della morale. Quella che deve fare i conti con quella coscienza che alcuni imprenditori che sfruttano i lavoratori, gli individui, essere umani che per bisogno si sottomettono ad ogni loro volere con una paga che molto spesso non è consona alle loro prestazioni, superiori al salario che percepiscono.
Ovviamente non è un discorso che vale per tutti perché ci sono dei bravi e “corretti” imprenditori che hanno un’anima, una morale, fortunatamente la maggior parte. Sicuramente non rientrano tra questi quelli come il titolare che prende a calci una giovane donna, o quelli che fanno firmare una busta paga e poi consegnano una cifra (minore) diversa da quella che firmano. Criminali ai quali va data l’interdizione perpetua nel mondo imprenditoriale.
Come crediamo che un’ampia riflessione va fatta tra i detrattori del Reddito di Cittadinanza e nei confronti di quei imprenditori che si sono lamentati che non trovano personale a causa del sussidio contro la povertà messo in atto dallo Stato. Ma se vengono trattati così i lavoratori, magari pretendete approvazioni? Noi no, pensiamo che a ciò lo spazio né verso l’indignazione. Certamente va rivisto, corretto, visti gli abusi e i furbetti, ma sicuramente non va condannato e soprattutto eliminato. Ecco, nella campagna elettorale che si sta svolgendo, sarebbe utile che insieme alle parole ci fossero anche le idee, quelle irrazionali ma realizzabili con la coscienza e non con l’inganno perché altrimenti lo spazio che intercorre tra questo sarà riempito da una sola condizione, la vergogna!
(GiLar)