La vita non è un film Tra scenari cinematografici e vita reale
di Natalia Gelonesi
Vi ricordate di E.R. , il seguitissimo telefilm americano che ha fatto da apripista per le serie medical, che ha fatto appassionare milioni di telespettatori? Quello che ha fatto conoscere George Clooney al pubblico italiano e l’ha consacrato come sex symbol? È lì che ha avuto inizio la carriera dell’affascinante attore americano che, ancor prima di diventare fidanzato della Canalis, proprietario di ville sul lago di Como e consumatore seriale di cialde di caffè, ha vestito i panni azzurri di un giovane medico che lavorava in un pronto soccorso, in una ”Emergency Room”.
Quando la serie fu lanciata in Italia mi trovavo tra i banchi delle aule di un policlinico con vista sullo stretto, ai primi anni di università. Io e i miei colleghi, tra una lezione di anatomia e una di microbiologia, tra una pagina di fisiopatologia e una pasta al tonno, ci trovavamo a commentare le puntate trasmesse la sera prima, rimanendo affascinati da quello che ci sembrava un mondo fantastico e lontano, noi che della Medicina conoscevamo solo i primi rudimenti.
Col tempo la passione per il genere si è completamente dissolta- parlo per me, ma credo di poter allargare il discorso a tutti gli amici di quei tempi- forse perché, inevitabilmente, quando stai in ospedale tutto il giorno l’ultima cosa che vuoi è continuare a vederlo mentre te ne stai meritatamente stravaccata sul divano.
Adesso impazzisco per le serie legal, tipo “Law & Order”. Sarà che ho sempre avuto una insana passione per gialli, thriller e omicidi (tranquilli, non è che io sia una serial killer, sono solo sublimazioni dei nostri tratti più oscuri), ma a pensarci bene, di questi tempi in cui ti denunciano con la stessa facilità e disinvoltura con cui un parrucchiere usa le forbici, per un medico è molto meglio avere una cultura giuridica piuttosto che scientifica.
Intanto generazioni di aspiranti medici o appassionati del filone “camice e bisturi” continuano a sognare. E lo fanno con le serie che sono venute dopo come “Chicago Hope”, “Dr House” e la seguitissima “Grey’s Anatomy”. Ma la vita non è un film. E, soprattutto, non è un film americano.
Che belle le varie corse verso l’elicottero ad accogliere tutti in squadra il paziente sopravvissuto a un incidente catastrofico, con le arterie recise e clampate in modo rocambolesco, il braccio mezzo attaccato e mezzo appeso, varie emorragie interne e un trauma cranico.
Che a contare tutte le persone che corrono sul terrazzo ad aspettare l’elicottero pensi che da sole basterebbero già a risolvere i problemi di organico di un reparto intero.
Che figata i vari: “libera”, “scarica”, “lo stiamo perdendo”, le infermiere che fanno tracheotomie volanti e formulano impeccabili diagnosi.
E poi tutto sempre pronto e a portata di mano. Via di corsa in sala operatoria e lì trovi già tutti intorno al lettino, con un rilassante pezzo jazz in sottofondo e i ferri in mano, mica devi chiamare il chirurgo reperibile da casa, rintracciare l’anestesista che sta impegnato in un’altra urgenza, imprecare in aramaico perché un ascensore è rotto e nell’altro la barella non ci passa.
“Facciamo subito una Tac col contrasto a risoluzione ultraspeciale con scansioni tridimensionali in supercazzola”. Pronti. E il super radiologo è già dietro al computer a fare diagnosi finissime di patologie più rare di un opossum in via di estinzione.
Mica come da noi. “Ma la richiesta l’avete mandata?”: parliamo di richiesta ovviamente cartacea e non telematica, che viene consegnata a mano, come ai tempi del piccione viaggiatore. Poi magari la richiesta arriva e ops: l’apparecchio per la Tac è rotto, non si sa quando la riparano, se proprio la devi fare devi metterti in ambulanza e andare in un altro ospedale.
E la stilosità? Tu smonti dalla notte con le occhiaie che se ti vede un panda ti regala un correttore e i capelli che se passa una rondine ci depone le uova sopra, e loro, invece, sono sempre bellissime, riposatissime, coi capelli sempre in ordine e neanche una sbavatura di kajal.
Ma poi, diciamolo, il cuore di queste fiction, la chiave di volta intorno a cui si costruisce tutta l’architettura del film, di cui morti e feriti sono solo comparse al servizio della scenografia, è una sola. E’ quello che il nostro Cetto Laqualunque auspica e promette “pa tutti”. Quello che per i calabresi non ha bisogno di altre presentazioni. È la trastula, la tresca, l’intrigo amoroso.
Tra i corridoi luminosissimi e pulitissimi, negli sgabuzzini e negli spogliatoi di questi ospedali americani, si consumano storie d’amore e di infedeltà e arde il fuoco della passione che lacrime di rabbia penseranno a spegnere. Tutto è emozione, sentimento, vibrazione.
Nella vita reale il massimo della lussuria e dell’appagamento sensoriale si raggiunge se qualcuno fa arrivare in reparto un vassoio di cornetti alla nutella, per dire.
Ogni tanto anche negli ospedali “terrestri” riecheggiano i ricordi di vecchie avventure, narrate da gente non più giovanissima, storie ormai consegnate alla dimensione eterna degli splendori del passato, imprese epiche a cui si accenna con nostalgia, con lo stesso spirito con cui tuo nonno ti raccontava di quando era in guerra.
No, perché, giusto per capirci, la tresca ci può pure stare sull’ambiente di lavoro, per carità, ma è proprio l’attuazione pratica di un’eventuale intento fedifrago che non ha nessuna possibilità concreta di realizzazione. Non c ‘è substrato, manca la materia prima.
Quella che si può reperire è una fauna maschile di età media rigorosamente intorno ai cinquant’anni – e anche per questo ringraziamo sempre il piano di rientro che ha bloccato il turnover del personale- che varia dal collega con il sex appeal di un’ameba agonizzante a quello con l’ironia di un pachiderma ipotiroideo, a quello con una vitalità che Mercoledì della Famiglia Addams scansete.
Non è che una pretenda di trovarci proprio Clooney, ma magari un’onesta via di mezzo.
Quindi, ragazzuole care, se il processo di personificazione nelle vostre eroine ha già irrimediabilmente plasmato la vostra psiche e vi sentite tutte Meredith Grey con una mano stretta intorno a un bisturi e l’altra stretta intorno al collo del Dottor Shepherd, tornate sul pianeta terra.
E il vostro Patrick Dempsey cercatelo altrove, magari in un congresso di ingegneri o architetti per esempio.
Con affetto.