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“L’amica ritrovata” è un romanzo “scolpito” nel tempo dell’amore e dell’amicizia

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“Di solito si dice che un abisso separi la ragione dal sentimento A volte è vero, altre no”. Inizia così l’ultima fatica letteraria dello scrittore (e magistrato) Rocco Cosentino, “L’amica ritrovata” edito da “Luigi Pellegrini Editore”, ed è subito riflessione, introspezione dell’anima. Un attimo somigliante a infiniti pensieri, l’incespicarsi di emozioni che, contrastanti tra di loro, volgono alle variopinte emozioni che l’amicizia dona, ma che allo stesso tempo delude, implora e muore.
Non farò l’errore della “transitività letteraria” siccome Rocco Cosentino è un magistrato che scrive libri, paragonarlo ad altri scrittori magistrati o viceversa, assurde similitudini le quali molto spesso ho avuto modo di assistere durante le presentazioni dei suoi libri. Qualcuno l’ha fatto nell’anteprima di questo romanzo, ma si sa la cultura del paragone mostra sempre lati un po’ sospetti. Io non lo farò per svariati motivi, uno tra tutti perché pur scavando tra i meandri più infimi della mia mente non riesco a trovare il nesso e poi, perché penso e ne sono più che convinto che l’unico paragone a Rocco Cosentino è Rocco Cosentino stesso.
“L’amica ritrovata” non è solo un romanzo ma è un insieme di incastri di vita che giocano con il tempo, quello dei tre protagonisti principali i quali sono legati da una profonda amicizia che diventa amore e poi ancora rimorso. Componenti che hanno il profumo del tempo, quello che vivi tra i ricordi nell’attesa di quei perché esistenziali. Né farò l’errore di svelare nulla dei contenuti del libro perché esso non va solo letto, ma anche vissuto.
Per capire “L’amica ritrovata” dovremmo immergerci in un vortice e lasciarsi trasportare, come se ascoltassimo una musica nuova, uno stile come un solfeggio di rumori impercettibili e che solo l’anima sa ascoltare, tacendo.
Quando ho saputo del titolo di copertina mi è venuto in mente un libro che avevo letto alcuni anni fa di uno bravo scrittore tedesco, Fred Uhlman, dal titolo al maschile, “L’amico ritrovato”. Un grande libro di successo che parla anch’esso di amicizia in un momento drammatico della nostra storia. Un romanzo che quando finisci di leggerlo, non sarai più lo stesso perché ti senti assalito da un groviglio di emozioni e di impotenza di fronte alla tragedia.
Se dovessi paragonare il libro di Rocco Cosentino, lo farei con il genio di Uhlman, ma con una nota di merito in più perché “L’amica ritrovata” ti lascia senza fiato per il coup de theatre finale.
Non me ne vorrà l’autore, l’amico Rocco, se dicessi che questo suo ultimo romanzo è il migliore di quelli scritti fino ad ora, e io li ho letti tutti. Perché in esso vige il silenzio. Quel silenzio che pochi sanno ascoltare, ma che quando lo percepisce ti si apre un mondo di emozioni non scontate, un insieme di concetti non banali e che inducono alla riflessione e anche all’emozione di quella lacrima che forse si vergogna anche a scendere. È un romanzo che ti fa capire l’essenza dell’uomo nel mondo che ci circonda. Brecht disse che non vi è bisogno di essere buoni in un mondo che è sempre più cattivo, ma il romanzo apre le porte a un mondo nuovo il quale non svelerò. Il libro va acquistato, letto e custodito con quella dovizia che di solito viene impegnata nei diari di vita.
Sono 344 pagine intrise dal rumoreggiare di onde che continuamente impetuose accarezzano uno scoglio, è come porgere l’orecchio in una voce che trasmette emozioni e sospiri, fino a quel finale che ci lascia isolati in quel mondo che lo stesso Rocco Cosentino ci aveva abituati a percorrere tra silenzi e il mistero e un elegante noir.
“L’amica ritrovata” è tutto questo, ma anche oltre l’inimmaginabile condizione che non è solo un romanzo scolpito tra le pagine cartacee di un libro, è uno spettro di colori vivacizzati dalla piacevole musica che ci accompagna quando sfogliamo quelle pagine amate dall’inesorabile, avido e seducente tempo.