L’arte e la poesia Riflessione del giurista blogger Giovanni Cardona sulla universalità dell’arte
La poesia, l’arte, il pubblico, la critica, noi tutti, forse, senza che ce ne accorgiamo, abbiamo spesso nei confronti dell’opera d’arte e dell’attività e personalità dell’artista, un atteggiamento molto simile a quello che abbiamo, nella vita di tutti i giorni, nei riguardi delle persone che conosciamo da vicino e che frequentiamo. Anche se sul piano razionale non lo ammettiamo, vogliamo adeguare gli altri a noi o tutti a un modello unico e lisso di perfezione morale, nei riguardi della vita, del temperamento e comportamento morale; a un modello di perfezione estetica nei riguardi dell’artista e della sua opera.
E non ci rendiamo forse conto che l’arte poetica, più concretamente, gli artisti, come la vita e gli uomini, vanno accettati come sono, nella loro unica individualità e personalità, sia perché sono diversi l’uno dall’altro, sia perché non possono essere adeguati a un modello che, forse, proprio perché è perfetto, è ideale e quindi astratto dalla concreta realtà che è la vita e gli uomini, l’arte e gli artisti.
Invece giudichiamo gli uomini secondo un modello morale o anche, dei postulati filosofici, psicologici, scientifici, e l’artista secondo alcune norme assolute di perfezione formale e, in tal modo, ci sfuggono gli uomini in genere perché non riusciamo a capire, quindi ad accettare e la loro individualità unica e irripetibile e la loro inevitabile imperfezione e ci sfuggono, forse ancor più, gli artisti, che hanno una personalità ancor più marcata, caratterizzata nella propria individualità.
Cosi gran parte degli uomini che non accetta, perché non comprende, gli artisti ossia tutti coloro che si esprimono attraverso qualunque mezzo di comunicazione spirituale, razionalizza il problema, considerando l’arte una sovrastruttura culturale, un’attività diversiva dal vero lavoro, un passatempo raffinato e piacevole per persone che non hanno l’urgenza economica o della vita pratica, o, al massimo, un’astrazione estrosa dalla cosiddetta vita reale.
E non intendono che l’arte non è altro che un’esigenza dello spirito, come il filosofare, come il poetare, come l’ansia di conoscere, come l’anelito religioso che, forse, hanno tutti gli uomini, ma che solo pochi riescono ad esprimere in una determinata forma e solo pochissimi ad un alto livello formale e spirituale. Per fortuna però gli uomini e, ancor più, gli artisti, rimangono se stessi, non cambiano, continuano quindi a seguire la loro inclinazione naturale.
Quindi gli artisti, nonostante le stroncature della critica, più o meno militante, continuano a seguire la loro ispirazione, a produrre le loro opere, ad esprimere se stessi, in quale misura non ha importanza, come non ha neppure importanza se la loro è opera di geni davvero innovatori o non oltrepassa il valore di espressione personale, così come gli uomini continuano a vivere nella loro individualità, nella loro imperfezione, con i loro pregi e difetti del tutto personali.
Quindi gli artisti non hanno bisogno di chi dia loro una ragione, specialmente se pratica, della loro attività creativa, né una ragione ideale e spirituale, anche la più sublime e nobile, né di stroncature della loro opera, né di giudizi critici, se non forse in un secondo momento, né di suggerimenti e consigli e neppure, al massimo, di incoraggiamenti e approvazioni della loro opera, in quanto, quando sembra che chiedano tutto questo e perché già lo hanno trovato in se stessi, essi sono anche i critici e il pubblico della loro opera, hanno forse bisogno solo di chi, come essi nel momento dell’ispirazione, partecipi della Bellezza che essi, con la loro opera, sia piccola, sia grande, hanno creato o contribuito a creare.