“Le mani sulla città” dello Stretto Operazione Fata Morgana, l'inizio di un nuovo verminaio?
A Reggio Calabria una coltre di polvere è stata scoperchiata sotto quel “tappeto” in cui stava depositata da molto tempo. L’avvento del procuratore Cafiero de Raho, sta producendo dei frutti che danno un senso di pulizia (adesso da tempo), alla città, infondendo un segnale positivo di fiducia nella giustizia.
C’è però un lato inquieto, tremendamente drammatico, che è rappresentato da quella “zona grigia” che fa affari, estorsioni, agisce con modalità mafiose insieme al serio sospetto di un connubio con la massoneria deviata. Le mani sulla città di Francesco Rosi, resta ancora un film che, a distanza di oltre cinquant’anni, descrive un contesto sociale malato sempre più attuale.
C’è un “passato che torna a bussare alla porta”, come descrive con solerte meticolosità la brava Alessia Candito, e quel passato porta il nome dell’avvocato Paolo Romeo, deus ex machina di un farraginoso sistema, dove i magistrati della procura di Reggio Calabria hanno agito, attribuendo la pesante accusa di “associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, tutti aggravati dalle modalità mafiose”. Ma la cosa che emerge nell’assoluta drammaticità degli eventi accaduti stamani nella città dello Stretto, stanno tutte descritte nelle parole di Cafiero de Raho quando afferma che, «si rende conto che gli imprenditori che vogliano lavorare nella legalità non hanno riferimenti, mentre quelli che hanno a che fare con la ‘ndrangheta dimostrano ogni volta di avere relazioni ampie ed estese». Così come tra i professionisti, così come tra gli imprenditori ed infine, così come negli ambienti politici.
Emerge un quadro completo che raccoglie come un collettore delinquenziale ogni settore della vita pubblica e privata della città. Il tutto ruota anche all’interno degli affari di quel centro commerciale, “La perla dello Stretto”, dove si svolgono alcuni degli intrecci affaristici-mafiosi, partendo dalle ipotesi su chi ci fosse realmente dietro l’apertura del centro commerciale e dei movimenti più o meno chiari, sulla grande distribuzione alimentari, creando una monopolizzazione degli affari. Qui lo stesso Paolo Romeo, già condannato in via definitiva per altri reati, stabiliva il buono ed il cattivo tempo, imprimendo un’azione trainante per gli affari nello stesso centro. Nei fatti, come dicono gli inquirenti, “La Perla dello Stretto” è stato fin da subito un affare di ‘ndrangheta.
Ma dalle indagini non ci sono solo i professionisti, gli imprenditori, occorre anche tenere bene in considerazione che anche qualche politico è finito nel filone delle indagini, non ci sono stati arresti, ma indagati e quindi occorre capire le motivazioni e soprattutto gli sviluppi futuri. Il quadro è inquietante e sembra che la bomba sia scoppiata. Ricordiamo tra questi spiccano i nomi del presidente della provincia Giuseppe Raffa e del consigliere Demetrio Cara, oltre che dell’ex magistrato Giuseppe Tuccio, per non parlare del sacerdote don Pino Strangio ed altri ancora.
Questo quanto riportano le numerose cronache dei vari giornali, dove si trovano anche le intercettazioni che a primo acchito, possono sembrare un mercimonio di proporzioni indefinite e dove non c’è un palmo pulito.
La domanda che si ritiene chiedersi, e soprattutto la riflessione che ognuno di noi si è fatta, è stata come mai adesso e non prima? Cosa si nasconde dietro questa coltre di corruzione e di malaffare che sta tenendo sotto scacco una città?
La verità uscirà fuori, molte cose ci stanno consegnando delle verità che molti sospettavano, ma che non avendo prove concrete, non si poteva procedere ad una seria indagine giudiziaria ed alla punizione che dovrà essere esemplare in caso di accertamento e conferma delle accuse.
Ancora mentre stiamo scrivendo, non si leggono quei comunicati stampa farlocchi dell’antimafia sociale, che si trasformano in accoliti di questo o di quel magistrato, senza mai porsi il problema che vista l’aria che si respira a Reggio Calabria come altrove, non hanno avuto il coraggio di denunciare, e chiedere a loro stessi: “Ma noi siamo utili a questa società?”.
Una cosa è certa e fuori da ogni dubbio, il pessimismo dilaga imperante, la situazione in Calabria è disastrosa e sembra di trovarsi in un “antistato” di entità sconosciuta come livelli immensi di grandezza. Ed è con questi presupposti che possiamo chiedere, anzi abbiamo tutto il diritto di chiederlo: “Dove mai arriveremo?”.
(gl)