Le “grattachecche” e gli aspiranti medici della Sapienza
Mirella Maria Michienzi | Il 12, Set 2011
La nostra scrittrice si sofferma oggi sullo strano test di ammissione dell’università di Roma
di MIRELLA MARIA MICHIENZI
Le “grattachecche” e gli aspiranti medici della Sapienza
La nostra scrittrice si sofferma oggi sullo strano test di ammissione dell’università di Roma
Gentile Direttore,
nei giorni scorsi alla Sapienza di Roma …, in verità, Roma, avrei potuto ometterla, perché è notorio che La Sapienza vi abbia la sede. Ma poiché non si sa più cosa sapere, non sapere o, semplicemente, cosa sia il sapere; cosa sia giusto o non giusto; cosa rientri in cultura o no…ho ritenuto opportuno evidenziarlo, perché Roma è Roma. Sì, quella Roma “caput mundi”, perché maestra di vita e cultura, ma spesso da noi trascurata e fatta, perciò, passare in… secondo ordine. Questa volta la storia di Roma è stata superata e snobbata nientedimeno che… dalle grattachecche! Tornando al discorso iniziale, dicevo che alla Sapienza, come negli altri Atenei d’Italia, ci sono state le prove con i tests per poter accedere alla facoltà di medicina.
Immagino che i ragazzi, quasi tutti di 19 anni, dopo avere studiato qualche mese, siano andati alla prova con trepidazione, paura e soggezione soprattutto nell’ateneo della Sapienza, proprio per quest’importante nome che riporta automaticamente al valore e all’importanza del sapere; alla saggezza e alla cultura vera e propria.
Pagherei, non so dire quanto, per poter avere il filmato dei visi degli esaminandi…quando, tra le domande di cultura generale, è apparsa quella che chiedeva quali fossero gli ingredienti di un tipo di grattachecca!
E, poiché l’esame era a Roma, sorge spontaneo dire: Ammappete che cultura!
A me…golosa di gelati e granite di caffè con panna;
a me…nostalgica di piazza Cairoli a Messina dove, al caffè Irrera, gustavo le più buone granite di questo mondo;
a me…la suddetta domanda rimane oltremodo inconcepibile e per il contesto universitario e per la facoltà di medicina e per l’inserimento tra le domande di cultura generale.
Tra l’altro c’è da chiedersi: Se un esaminando non era di Roma, come faceva innanzitutto a sapere che le grattachecche sono semplici granite?
C’è da sottolineare: Meno male che l’università era La Sapienza altrimenti chi sa dai responsabili che altre domande sarebbero state propinate!
Con tutta la simpatia per le granite (le chiamo così, perché mi dà fastidio chiamarle grattachecche), noto che la cultura è veramente andata allo sprofondo. Mi piacerebbe conoscere personalmente gli autori dei tests per poterne parlare. Non vorrei che fossero insoddisfatti medici, divenuti tali per imposizione della famiglia d’origine, e inconsolabili mancati venditori di granite. Se così è, sono sempre in tempo, possono sempre rimediare…lasciando il posto a chi ha fatto con passione e convinzione il giuramento d’Ippocrate.
Suggerirei a questi signori di guardarsi attorno, di farsi belle passeggiate per Roma (anche se, per vedere tutte le sue bellezze artistiche, non basti una vita), perché vi è riposto un patrimonio culturale unico che solo ai ciuchi con i paraocchi può essere oscurato dal banchino del venditore di granite.
MIRELLA MARIA MICHIENZI
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