Niente botte per educare i figli. Lo ha stabilito, ancora una volta, in una sentenza la Corte di Cassazione. Picchiare i figli è un reato, finanche se il genitore lo fa con intenti correttivi.
I garantisti, questi sacerdoti del “volemose bene” ad ogni costo, esultano.
I sistemi correttivi di una volta, che hanno forgiato con successo intere generazioni, vengono ora banditi in nome di un dialogo che troppo spesso è monologo dei figli e museruola per i genitori. Non è un caso che siano frutto di questi tempi e di questi indirizzi giuridici i vari casi che infestano le cronache nere del Paese.
Intendiamoci: la violenza è ben altra cosa e va bandita anche tra le mura domestiche. Ma prendere a sberle un figlio recalcitrante è cosa diversa che ha sempre sostituito egregiamente il più vano dei dialoghi.
Indubbiamente essere genitori non è facile e Francis De Croisset poteva scrivere: “E’ una carriera che ti viene imposta un bel giorno questa della paternità senza alcuna indagine sulla tua idoneità: ecco perché ci sono tanti padri che hanno figli, e così pochi figli che hanno padri”.
Vi sono attimi, negli spazi educativi dedicati ai figli, che devono necessariamente essere di imposizione.
La immaturità di un adolescente spesso non consente alla persuasione del raziocinio, alla serenità della ponderazione di agire efficacemente.
Al di là dell’astrattismo teoretico dei psicologi, non sempre un fanciullo, per indole e per maturità, è capace di percepire e far proprie razionalmente le indicazioni, gli insegnamenti di un genitore.
Non si può parlare di Freud a chi parla in un gergo infantile, intriso dell’omologazione dominante.
Di qui la necessità della imposizione, la esigenza della ubbidienza ad ogni costo. E’ vero che molte volte per i genitori l’impegno di un ragionamento, o anche solo di un esempio, è più gravoso della estemporaneità di una sberla, ma è anche vero che il dialogo il più delle volte è fertile solo nell‘età matura, quando più completa e meno istintuale è la impalcatura intellettiva dell’adolescente.
Ho sempre plaudito a iniziative associative tutelanti l’infanzia e l’adolescenza: troppi bambini vengono violentati ed emarginati ed è giusto intervenire a loro protezione. Ma la sentenza della Cassazione rischia, con il suo permissivismo paludato di diritto, di ribaltare il problema.
Ho visto un adolescente mollare uno sganascione, spero non preterintenzionale, alla vecchia nonna. Perché non spedire in visione un energumeno del genere per almeno una settimana, sulle ginocchia dell‘estensore della sentenza della Cassazione, o a casa di chi, prima e dopo i pasti, s’ingozza con Freud e Jung?
Se gli infanti hanno dalla loro la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini, ai genitori picchiati, ai nonni massacrati e agli zii insultati quali trattati offrirà la legge per difenderli dai baby-killer di turno o dal consanguineo male?
“L’ingratitudine più odiosa, ma più antica e più comune di tutte, è quella dei figli verso i loro genitori.” (Luc de Clapiers de Vauvenargues)